Vibo Valentia è stata nominata Capitale Italiana del Libro 2021, la giuria è stata unanime nella scelta. Il centro calabrese ha vinto battendo le cinque finaliste: Ariano Irpino, Caltanissetta, Campobasso, Cesena e Pontremoli. Abbiamo chiesto a Luigi Franco, direttore editoriale di Rubbettino, di commentare questa proclamazione
Direttore, cosa ne pensa della nomina di Vibo Valentia a capitale italiana del libro 2021? Come ha guadagnato questo titolo?
Senz’altro una bella notizia, ovviamente mi fa piacere sentirla. Certo, mi stupisce che il titolo sia stato assegnato a una città che è relativamente carente di librerie, come d’altronde succede in tutta la regione, se si considera che in Calabria i presìdi importanti non superano le 30 unità. D’altro canto, proprio a Vibo Valentia esiste e opera il polo bibliotecario più articolato della Calabria, gestito da Gilberto Floriani, che lavora insieme a librai, bibliotecari, case editrici e scuole per creare rete. Negli ultimi anni, questo lavoro incessante ha significato anche la messa a punto del festival Leggere&Scrivere, che coinvolge le scuole della provincia; che dico? della regione. Non dimentichiamo che questo titolo è accompagnato da un importante finanziamento destinato a sviluppare progetti, e questo deve farci capire che la cultura è un volano economico, non una voce passiva. Crea lavoro, oltre al valore morale di cui è sempre stata veicolo.
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Queste statistiche devono essere prese con beneficio di inventario. Questo lo dico non per smentire le statistiche, perché è acclarato che il sud soffre questo gap culturale; tuttavia bisogna capire i parametri e gli indici con cui vengono tirati fuori questi dati. Certamente c’è della verità in queste notizie e certamente esistono delle ragioni per cui si verifica un fenomeno del genere. Quali siano queste ragioni non so dirlo, posso azzardare delle ipotesi. La più banale è quella ambientale: al sud c’è un altro stile di vita che ci porta a passare molto tempo all’aria aperta e questo senz’altro incide sul tempo che dedichiamo alla lettura. In secondo luogo, siamo un’area economicamente depressa, è innegabile; e un’area economicamente depressa non mette la cultura ai primi posti. Legati a tutte le nostre carenze, ci sono i problemi delle zone isolate, quelle aree interne quasi spopolate che risultano sempre penalizzate. Per una realtà editoriale come la nostra è estremamente evidente, ed è anche parecchio frustrante il fatto che, pur occupandoci principalmente di meridione, i nostri dati di lettura sono più alti nelle regioni del nord. Tuttavia, siamo ottimisti – e ostinati! Stiamo, per esempio, ripubblicando le opere di Saverio Strati e di altri autori calabresi mantenendo prezzi popolari; abbiamo cercato di accendere i riflettori sull’Aspromonte e credo che un’inversione di rotta ci sia stata, specialmente dopo la pandemia, che ci ha costretti a ripensare le priorità, a tornare ad avere un contatto più in armonia con la natura; e la Calabria, proprio grazie a tutte le identità particolari che conserva e custodisce inalterate, non ha eguali. Ecco: questo titolo conquistato da Vibo Valentia deve essere per noi uno stimolo per fare di più, un trampolino di lancio da usare per arrivare più in alto.
Per cominciare a fare di più, non si dovrebbe cominciare a incentivare la lettura?
Ho sentito di molte iniziative ministeriali volte a incentivare la lettura, molte proposte per rilanciare il settore, ma rimango piuttosto scettico al riguardo. Io non credo che la lettura si incentivi coi decreti, ma con l’empatia. Bisogna contaminarsi, contagiarsi di lettura, e bisogna partire dall’infanzia. La casa in cui si cresce dovrebbe essere abitata da libri in modo che non si percepiscano come oggetti ostili in futuro. Gli insegnanti che propongono un libro ai loro studenti dovrebbero dimostrarsi entusiasti, perché i ragazzi percepiscano che la lettura è un piacere e non un dovere, che non toglie tempo, ma lo dilata. In effetti, la lettura ha questo di bello: che moltiplica le nostre vite.
Maria Francesca Frascà