Immaginate, per un attimo, come cambierebbe il nostro futuro con la nascita della Città della Piana con i suoi 33 comuni e 170 mila abitanti. Unirsi per risolvere i problemi impellenti del territorio che devastano il vivere quotidiano, ma anche per porre rimedio alla debolezza contrattuale dei piccoli comuni.
Aldo Polisena
Ormai il processo che porta alla nascita di nuove Città in Calabria è iniziato e il dibattito che ne sta nascendo è inarrestabile. In questi anni sono state approvate diverse proposte di legge e sono stati incrementati i fondi straordinari nazionale e regionali previsti per le fusioni. Basta dire che la nascita di Corigliano-Rossano ha portato nelle casse comunali un bonus annuale di due milioni di euro e quasi due milioni per Casali del Manco. Ma perché unirsi?
Partiamo dal dato delle difficoltà economiche-finanziarie che trova i comuni italiani e soprattutto quelli calabresi, alle prese con dissesti, predissesti, piani di riequilibrio finanziario che rendono difficile mantenere anche i servizi più elementari come le scuole, le mense e il trasporto pubblico locale. In questa situazione di grave difficoltà che spinge tanta gente a stare lontana dalla partecipazione attiva alla vita politica ed amministrativa delle nostre comunità e spesso costringe diversi sindaci alle dimissioni, continua a persistere una logica campanilistica che di fatto ha portato a ritardi enormi, ad appuntamenti mancati, a perdita di processi di sviluppo, a ritardi nei processi di modernizzazione e di innovazione nella gestione del “Comune”. Inoltre, incombe sul Sud la spada di Damocle dell’Autonomia Regionale Differenziata, targata Calderoli che darà il colpo di grazia soprattutto alle piccole comunità. La scelta dovrebbe essere obbligata per i comuni verso le Conurbazioni, le Fusioni o le Unioni di Comuni. La parola d’ordine che dovrebbe regnare è quella racchiusa in un vecchio detto: l’unione fa la forza.
Immaginate, per un attimo, come cambierebbe il nostro futuro con la nascita della Città della Piana con i suoi 33 comuni e 170 mila abitanti…
Unirsi per risolvere i problemi impellenti del territorio che devastano il vivere quotidiano, ma anche per porre rimedio alla debolezza contrattuale che i piccoli comuni hanno nelle dinamiche politiche che determinano le decisioni sugli indirizzi di sviluppo che vengono decise per macro aree. E’ evidente che esistono diverse perplessità ad attuare questo cambio di visione per il futuro, ma non sono accettabili le sterili polemiche rispetto alla possibile perdita di identità, soprattutto in una fase storica dove il territorio sta subendo processi che portano di fatto all’abbandono soprattutto delle aree interne.
Insieme per trovare l’identità comune potrebbe essere il motto da scrivere in un progetto prospettico della nascita di una nuova Città vista come “recinto sacro che raccoglie e protegge un popolo unito da legami di sangue, di Religione e di economia. Un progetto sul quale costruire un movimento soprattutto culturale, sapendo che il nostro futuro e quello delle nuove generazioni, può essere rappresentato solo dalla costruzione della Città dove la libertà sia basata sull’accoglienza e sulla partecipazione.