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Una vita “piccante”

Intervista a Mimmo Prunestì, calabrese di origine, che ha ricoperto per molti anni il ruolo di Direttore della Camera di Commercio di Monza, nonché di altre quattro delegazioni lombarde. Ha vissuto tra la Lombardia e la Calabria ed oggi, da pensionato, continua a dividersi, durante l’anno tra queste due splendide regioni.

Da bambino uno dei miei giochi preferiti consisteva nel ricercare degli angoli nascosti nei luoghi in cui mi trovavo. Giungendo all’ingresso di Soverato provenendo da Catanzaro, più o meno all’altezza della svolta per raggiungere alcuni lidi balneari noti ed esclusivi, esiste un piccolo Paradiso: “l’Orto Incantato” creato da un idealista senza età: il Mimmo Prunestì. Personalmente lo conobbi durante una fila in un ufficio, mentre con forza e decisione difendeva alcuni diritti e vari principi. Ricordo come portasse una piccola roncola da contadino appesa ai passanti del pantalone particolare capace di rendere, sicuramente, più solide le ragioni che propugnava …Calabrese di origine ho ricoperto per molti anni il ruolo di Direttore della Camera di Commercio di Monza, nonché di altre quattro delegazioni lombarde; ho vissuto tra la Lombardia e la Calabria ed oggi, da pensionato, continuo a dividermi, durante l’anno tra queste due splendide regioni.

Come è riuscito un calabrese Doc a raggiungere quella posizione?

Grazie ad una grandissima forza di volontà! Ero l’impiegato numero 406 alla Camera di Commercio di Milano, lavoravo in archivio, una specie di scantinato, il mio compito consisteva nel prendere dei faldoni pesantissimi con le informazioni sulle singole attività commerciali, affidandoli ai colleghi dei piani superiori che raccoglievano notizie tecniche da consegnare a chi, legittimamente, ne facesse richiesta. Con grande applicazione e sacrificio, utilizzavo per studiare anche le pause pranzo, sono arrivato a conoscere bene tutti i servizi che offriva la Camera di Commercio. Per tre anni, ho lavorato, guardato ed imparato, acquisendo nozioni e conoscenze. Ricordo che cercavo di carpire i segreti ed i comportamenti allo sportello di un mio collega, Checco Cavallari, valente impiegato ed anche ottimo trombettista: occhi e orecchie sempre vigili, per arricchire il mio bagaglio di conoscenze. Finalmente arrivai ad essere assegnato al contatto con il pubblico, cercando costantemente di comportarmi con pazienza e “dolcezza”. Ero sempre a disposizione. La rapidità nel fornire risposte era la caratteristica che mi faceva apprezzare da tutti. Ricordo che abitavo in via Pietro Calvi in una camera presa in affitto in casa di una signora, grande fumatrice, che mi voleva bene e, di mattina, mi coccolava portandomi la colazione e dicendo: “questo per il mio terroncino!”. Era all’incirca il 1962… Successivamente venne chiesto agli impiegati chi fosse interessato a dare la disponibilità per andare a Monza ad aprire un ufficio distaccato. Superai l’esame con il Direttore Generale che, così, mi assegnò a Monza: Olivetti 22 carrello lungo, una sedia, un tavolinetto, quello era tutto il mio Ufficio. In poco tempo quella sede nuova e piccola ebbe un grande sviluppo: venivano da Milano a sbrigare le pratiche a Monza, dal Mimmo. Fu proprio in quel periodo che ho conosciuto la mia Signora, Anna Maria; 53 anni di matrimonio, sempre insieme. Abbiamo vissuto a Monza dal 1965 sino al 1980. A piedi o in bicicletta arrivavo per primo ad aprire l’Ufficio ed accogliere il pubblico, facevo tutto da solo.

Quanto la ha aiutata la calabresità, la testardaggine… Per quei tempi era un “cervello in fuga”.

Sono stato sempre orgoglioso di essere calabrese, ho sempre parlato di Soverato. Una volta venne un giornalista di Bologna che voleva fare un’inchiesta, lo accolsi, anche se eravamo chiusi al pomeriggio e lui notò che dietro di me c’erano le foto di mio padre con un bicchiere di vino ed un cappello borsalino, di mia madre e mia sorella, intente ad impastare il pane; mi chiese chi fossero quei contadini e perché la loro fotografia fosse alle mie spalle al posto del quadro del Presidente della Repubblica Saragat; gli risposi che per me quelle persone, le mie origini, erano quanto di più importante avessi.

Il legame con Soverato è sempre stato fortissimo: infatti ha creato, da solo, questo angolo di paradiso che è, allo stesso tempo, un orto, una casa, un buen retiro.

E’ stato un progetto che è cresciuto pian piano. Venivo in questa zona a mare per pescare i polipi con l’allora primario chirurgo di Soverato. Mi ero costruito una fiocina artigianale con un bastone ed una forchetta. Andavamo in apnea e poi, una volta presi i polipi, li legavamo alla cinta del costume da bagno e tornavamo a Soverato via spiaggia, tra lo stupore e l’interesse di chi ci vedeva e quasi ci scambiava per hawaiani. E così, ho iniziato a lavorare ed amare questo fazzoletto di terra a ridosso del mare, a costruirmi una casa semplice creando un giardino con alberi di fico, acacie (dalle quali spuntano anche degli ottimi grappoli d’uva), il bergamotto, limoni, gelsi, mandarini, albicocche, tante piante di ulivo ed anche una palma, oggi altissima, ma che ricordo ancora quanto fosse piccola quando la piantai…

C’è’ anche la sede del Club del peperoncino …

Anche questa storia nasce da lontano. Ho giocato a tennis per tanti anni, vincendo anche parecchi campionati e tornei a Monza e in Lombardia; conservo ancora articoli di giornali con titoli tipo “Ecco il Calabrone!”, così mi avevano soprannominato. Quando mi presentai al tennis club di Monza per imparare a giocare, non mi fecero entrare, mandandomi via perché non ero socio. Mi rivolsi al Presidente dell’Associazione Industriali, avvocato Mancosu, di origini sarde, che non solo si arrabbiò per l’accaduto ma diede immediate disposizioni affinché fossi iscritto al Club, dove mi accolsero a braccia aperte. Non sapendo giocare, inizia a palleggiare con “il mio amico muro” al quale chiedevo di rispondere ai miei colpi facendomi fare esercizio. “Amico muro a furia di pestarti devo imparare a giocare”. A qualsiasi colpo lui rispondeva. Dopo un po’ di tempo e tanto esercizio il mio amico muro mi disse: “Ti vedo bene”. Inizialmente nessuno dei soci voleva palleggiare con me, fino a quando un signore, Gabriele Gallesi, non accettò di giocare. Da quel momento diventai uno dei più forti giocatori del Club. Al tennis Monza erano tutti bravi; un giorno il signore che non mi aveva accolto mi chiese di fare il quarto in un doppio: gli dissi: “Se non ci fosse stato lei, avrei giocato con piacere!”. In quegli anni divenni il pupillo del Club, vincendo ovunque, anche a Cremona in una finale di Coppa regionale, dove ottenni il punto decisivo per la vittoria del Tennis Club Monza. Proprio per questa mia passione, qui a Soverato, con le mie mani e il mio trattore costruii un campo da tennis pensando di aprire una scuola di tennis per bambini. Venne proprio un bel campo! Nel frattempo gli anni erano trascorsi ed andai a giocare i campionati nazionali over 50 a Reggio Calabria. Nonostante fossi convinto di poter fare un’ottima figura al primo turno, un po’ per stanchezza (ero partito alle cinque di mattina), un po’ perché il mio avversario era forte, persi 6-3/ 6-1. Pensai:” Non sei più tu, molla, fai qualche altra cosa!” Fu allora che decisi di trasformare il campo da tennis in un campo di peperoncini. Piantai 2800 piantine, con una serie di strumenti rudimentali creati da me, ottenendo tanti filari. Un giorno venne Enzo Monaco, il Presidente dell’Accademia del Peperoncino di Diamante, chiedendomi di aggregare il mio club all’Accademia. Lo feci accomodare, mi procurai da un mio amico pescatore del pesce freschissimo, e preparai un bel pranzo per il mio ospite. Alla fine, però spiegai che il club del peperoncino sarebbe restato autonomo e di Soverato! Lo stesso Pietro Melia è stato tra i primissimi iscritti. Il mio sogno è quello di creare un posto dove, guardando il mare e bevendo una tazza di caffè, sia possibile incontrarsi, dialogare, confrontarsi, rimanendo sempre a contatto con la natura.

E se dovesse venire quel signore che a Monza la accolse male, andrebbe in lista dì attesa?

No, assolutamente, perché poi, in seguito, siamo diventati grandi amici.

Signora Anna Maria, la vostra casa è in Via degli Innamorati.

Si, Mimmo ha dato questo nome costruendo anche una freccia ed il cartello all’inizio della strada :innamorati anche della natura e del mare.

Quanto è difficile vivere con “Il Mimmo Prunestì”?

Non è stato molto facile, soprattutto all’inizio, io sono di Monza, però devo dire che mi sono trovata sempre a mio agio  e che tutti mi hanno voluto bene.

E poi con il Mimmo Prunestì si può andare anche in Patagonia.

Si, sicuramente.

Giorgio De Filippis

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