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lunedì, Marzo 3, 2025
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Tutte le ambiguità sull’autonomia

Nei 100 e passa giorni del Governo della Destra non ci si fa mancare proprio nulla. Ci mancava solo la scuola differenziata, i professori divisi per area geografica e poi il quadro è completo. Su questo processo spacca Italia non si capisce, infatti, più nulla.

Ci mancava solo la scuola differenziata, i professori divisi per area geografica e poi il quadro è completo. Ma nei 100 e passa giorni del Governo della Destra non ci si fa mancare proprio nulla.

Su questo processo spacca Italia non si capisce, infatti, più nulla: cioè se si farà entro il 2023 per davvero come dicono Lega e la Meloni, se Forza Italia frena o fa solo finte; se il PD che sarà (quello di Bonaccini o della Schlein o di Cuperlo o della De Micheli?) ha una linea chiara o come al solito si annaca? Una gran confusione, insomma, ma resta il merito del progetto su cui il presidente della Repubblica Mattarella si sta esprimendo da mesi senza mai citarlo per richiamare una cosa sola fondamentale: salvare l’unità dell’Italia.

E, invece, non ci siamo proprio, se guardiamo al punto di partenza che dovrebbe essere quello della diseguaglianza che, però, viene fatta passare inopinatamente per essere equa, che sia cioè giusto trattare inegualmente chi si trova in difficoltà, soprattutto se non è stato capace di raggiungere gli stessi traguardi di chi sta meglio.

Questa è in soldoni la logica dell’“autonomia differenziata” o “regionalismo differenziato”. La Lega ne fa un cavallo di battaglia. Il Pd non è per nulla chiaro. Le regioni del centro-nord, non importa se a guida leghista o democratica, condividono questa logica. Non ci si faccia ingannare dai “distinguo” di alcuni candidati in corsa per la segreteria del Pd.

Vediamo di capire la logica della diseguaglianza funzionale, applicata alle regioni. Ha scritto Nadia Urbinati: ‘’si tratta di un criterio che fa del merito il principio di redistribuzione (una blasfemia per chi crede nella giustizia sociale): ciascuno sta laddove merita di stare e le buone regole sono quelle che si accordano a questo principio; se l’attore non riesce entra in azione, finanze permettendo, lo Stato’’.

Per alcuni candidati Pd, da questa politica del sussidio devono essere tenute fuori quelle cose strettamente necessarie alla vita della nazione: scuola dell’obbligo (ma non necessariamente buona per tutti e dovunque) e sanità (minima assistenza, non necessariamente la copertura di tutte le necessità).

Il minimo per vivere può essere oggetto dello Stato.  Il resto è lasciato al potere attuativo degli attori regionali. La proposta di regionalismo differenziato rientra in questa logica della diseguaglianza funzionale.

Essa dice questo: le regioni del centro-nord producono la maggior parte della ricchezza nazionale; devono poter trasferire allo Stato non in rapporto a quel che ad esso serve per tenere in piedi una politica di perequazione tra tutte le parti del territorio della Repubblica

Le regioni ricche hanno l’esigenza di preservare i loro livelli di vita e devono poter disporre di più risorse in proporzione. Più sono forti e più si rafforzano, all’opposto delle altre. In parte questo sta già avvenendo: la sanità è un bene pubblico (per i cittadini della regione) ma diventa un bene di consumo per le altre regioni se i loro cittadini hanno bisogno di accedervi.

La politica del regionalismo differenziato è dunque fatalmente destinata a produrre progressivamente più diseguaglianza, e comunque a non appianare le diseguaglianze: essa renderà le regioni del centro-sud clienti dei servizi prodotti al centro-nord perché avranno sempre meno risorse necessarie a riqualificare i loro servizi.

Il regionalismo differenziato è un affare lucrativo che genera diseguaglianza. È l’opposto di quanto prescrive l’articolo 3 della Costituzione. I candidati del PD saranno corresponsabili di questa torsione inegualitaria, si chiede Urbinati? Abbiamo seri dubbi se pensiamo che tre su quattro vengono da quella ricca e operosa Emilia e l’altro da Trieste e che tutti e quattro hanno ottenuto solidi rapporti in potentati meridionali del PD che non è ben chiaro a cosa mirino. Bisognerebbe chiederlo a De Luca o ad Emiliano sodali di Bonaccini in questa corsa ma sull’argomento glissano.

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