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Tutela delle minoranze linguistiche, ma non a spese delle aree esterne al vincolo

Vito Pirruccio continua la propria analisi e le proprie riflessioni in merito al dimensionamento della rete scolastica avviato dalla Città Metropolitana.

Vito Pirruccio

Seguo attentamente il dibattito in corso sul dimensionamento della rete scolastica 2024/2025 avviato dalla Città Metropolitana e noto che si sta ponendo l’accento particolarmente sulle deroghe da applicare agli istituti ricadenti nell’area grecanica.

La normativa nazionale e regionale vigente pone giustamente un’attenzione particolare alle aree linguistiche in attuazione dell’art. 6 della Costituzione e la scuola, in tale ambito, viene investita, a partire dall’entrata in vigore della legge n. 482 del 15 dicembre 1999, di compiti particolari che sommariamente cerco di riassumere. Ad esempio, questa norma “cornice” non si limita solo a catalogare le lingue meritevoli di tutela, tra le quale rientra quella grecanica, ma fissa, pure, compiti precisi da attuare nella scuola. Ne cito solo due: “l’uso della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività didattiche”, accanto all’uso della lingua italiana, già a partire dalla Scuola dell’Infanzia e fino alla scuola secondaria di 2° grado (art. 4 L. 482/99) e l’obbligo in capo alle Regioni di adeguare la propria legislazione ai principi stabiliti dalla legge nazionale. In tale ambito la Regione Calabria si è dotata, dopo il 2003, di un’organica Legge Regionale, la L. n. 15 del 30 ottobre 2003, che ha riempito il quadro istituzionale con una serie di dettami normativi. Ad es. all’art. 6 “Dimensionamento scolastico” prevede prioritariamente, facendo ricorso ad un linguaggio burocratico a “maglie larghe”, la cosiddetta “verticalizzazione aggregata per aree contigue e omogenee” che, tradotto in un italiano più accessibile, significa che “ove le caratteristiche orografiche del territorio non consentono il raggiungimento dei parametri stabiliti dalla Legge, è prevista addirittura l’aggregazione verticale di scuole di ordine e grado diverso” (dalla scuola dell’Infanzia alle Scuole Superiori). Era questo il caso in cui andava organizzato l’istituto Omnicomprensivo che, però, le attuali linee guida regionali vietano o tendono progressivamente a smantellare. In effetti, l’Omnicomprensivo era l’istituto organizzativamente confacente a una tale strutturazione orografico-linguistica.

Il problema concreto, però, qual è?

Se viene correttamente delimitato il territorio oggetto di tutela linguistica, le ricadute restrittive sulla restante parte del territorio rientrano, tutto sommato, nell’alveo costituzionale. Tuttavia, se il concetto di “tutela linguistica” è recepito a maglie larghe, tale da comprendere, anche, comuni che del prestito linguistico di provenienza (nel nostro caso il greco antico) hanno solo tracce residue riscontrabili in larga parte del dialetto parlato nei comuni metropolitani e dell’intera regione, allora in materia di dimensionamento scolastico si pone un problema di oggettiva penalizzazione dei restanti comuni della Città Metropolitana di Reggio Calabria.

Se noi estendiamo a piacimento o secondo gli interessi contingenti l’area ricadente nella delimitazione territoriale grecanica (Ricordo che una prima stesura a ridosso della legge n. 15/1999 ne individua 11 Comuni; la Strategia Nazionale delle Aree Interne – Area Grecanica ne include 15; il Piano Strategico Metropolitano ne individua 17), restando invariate di numero le segreterie scolastiche assegnate alla Città Metropolitana di Reggio Calabria con a capo n. 75 Dirigenti Scolastici e n. 75 DSGA, è chiaro che il peso dei numeri per compensazione verrà a ricadere per intero sulle restanti aree, con punti di erogazioni del servizio e istituzioni scolastiche accorpate che avranno necessariamente  numeri elevati di alunni ed estesi sul territorio. Le compensazioni per la tutela delle aree a minoranza linguistica (variabili a seconda se l’estensione dell’Area Grecanica è calcolata su 11 o su 15 o addirittura su 17) dovranno necessariamente sommarsi alle 17 istituzioni scolastiche da sopprimere, in quanto in esubero in rapporto all’attuale tasso demografico e sulla base delle proiezioni operate sul triennio dalla stessa UE la quale si è data premura di calcolare tale rapporto con estrema precisione.

Si spera, quindi, che si ragioni in termini complessivi e non badando al proprio orticello, mettendoci magari quel pezzetto di furbizia a f.c. (fregare il compagno, per usare il gergo educato).

Se, per ritornare alla domanda che sottende il titolo dell’articolo, ci preoccupiamo giustamente delle minoranze linguistiche e teniamo presente il quadro della situazione attuale (Allegato 1), la Città Metropolitana non pensi di scaricare sulla Regione la responsabilità di operare scelte obbligate, perché lo impone il tasso demografico, lo impone la Legge di Bilancio in corso, lo impone l’UE che lega i flussi del PNRR a una radicale riorganizzazione della rete scolastica di cui francamente pensavamo incoscientemente di poterne fare a meno. Questo ci deve insegnare, anche, che ad essere furbi ci si imbatte, prima o poi, nel detto latino: “Haud facile astutus fallit astutum” (Non è facile che il furbo inganni il furbo).

Infine, ai Sindaci dei comuni esterni all’area grecanica un consiglio non richiesto: prestate attenzione a ciò che avviene in questa area di tutela, perché a pagarne il conto saranno sicuramente, anche, i vostri territori di rappresentanza.

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