Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del Presidente, della Commissione consiliare contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità, Giuseppe Gelardi che ricorda la strage di Capaci.
Ventitré maggio di trent’anni fa moriva, insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai membri della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, il Giudice Giovanni Falcone in quella passata alla storia come la strage di Capaci. Fu certamente uno dei momenti più drammatici vissuti dalla Nazione durante la così detta prima Repubblica, seguito poco dopo dalla strage di via D’Amelio a Palermo nella quale persero la vita il giudice, e amico personale di Falcone, Paolo Borsellino, e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi , Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’anno precedente la mafia aveva già dato segnali di voler alzare il tiro nella lotta alle Istituzioni facendo uccidere il giudice Antonino Scopelliti”. “Quel momento” continua il Presidente “rischiò di compromettere la tenuta democratica del nostro Paese. Le scene dei funerali di Stato degli agenti della scorta di Borsellino sono ancora negli occhi di tutti, con l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro portato fuori a fatica dalla chiesa per una società civile che indignata protestava per la sua presenza. La vedova Borsellino, addirittura, rifiutò i funerali di Stato per protesta contro chi non aveva saputo proteggere il marito. Le accusa lanciate dagli studenti palermitani allo Stato durante i funerali di Falcone riecheggiano ancora nelle orecchie di chi, come me, ha vissuto quei drammatici giorni. Eppure anche un momento così drammatico portò con sé il seme di una fase di riscatto. In seguito alle stragi la politica decise di reagire con forza, come forse mai prima, nei confronti della criminalità organizzata. In tempi brevissimi venne data concretezza a progetti che da tempo erano nei cassetti della politica, come ad esempio l’introduzione del comma secondo dell’articolo 41 bis che, avviando alcuni elementi di novità nelle procedure di detenzione carceraria, poneva fine all’era di quello che a Palermo era universalmente noto in ambienti malavitosi come il -Grand Hotel Ucciardone-, ovvero un carcere dove le cronache raccontarono, ad esempio, che prima dell’introduzione del 41 bis alcuni boss riuscirono a ricevere champagne per brindare alla riuscita delle stragi. Al 41 bis seguirono anche una serie di atti volti a catturare i più pericolosi latitanti, uno su tutti, Totò Riina. Quella forte reazione dello Stato alle mafie, innescata dall’indignazione popolare, fu probabilmente l’ultimo atto di comunione di intenti tra politica e società civile durante la prima Repubblica. Senza distinzione di confini regionali, di appartenenza politica, di ceto sociale, il Paese si unì per salvare se stesso.
“Oggi” si legge ancora “è stato commemorato, doverosamente, la memoria del giudice Falcone. Importante farlo, ma sarà ancora più importante se facendolo la politica recuperasse lo spirito di quei drammatici giorni. Anche oggi la Repubblica è sotto attacco ed in difficoltà per vari motivi. Oltre alle mafie che ancora non hanno allentato il loro giogo sulla parte sana del Paese, viviamo le difficoltà relative alla fase post pandemia mondiale che, pur non essendo completamente finita, ha lasciato effetti devastanti e abbiamo da fronteggiare anche la guerra in Europa che sicuramente insieme al dramma umano porterà con sé anche la crisi energetica ed alimentare. Insomma, di nuovo oggi siamo in una fase cruciale per il Paese, una fase che di fatto, anche se non formalmente, si può considerare costituente, grazie alle risorse del Next Generation. La gestione delle risorse sarà dirimente per il futuro della Nazione. La risposta della politica sarà essenziale ora come allora. La società civile chiede a noi tutti politici di essere ascoltata e di agire con forza e determinazione. Io credo” conclude Gelardi “che il miglior modo per onorare la memoria e l’esempio di Giovanni Falcone sia quello di recuperare lo spirito di quei drammatici giorni e, mettendo al bando divisioni ed interessi settari, lavorare tutti assieme per affrontare al meglio le sfide che abbiamo davanti.”
Giuseppe Gelardi