Mario Alberti
Il Titan è un minisommergibile di ricchi che hanno deciso di vedere da vicino il relitto del Titanic, al largo dell’isola di Terranova. Da giorni non si hanno più notizie e c’è una forte mobilitazione per cercare di salvare i cinque miliardari che sono intrappolati nel sottomarino. Pare che ieri mattina, hanno terminato la riserva d’aria. Presumibilmente, è già terminata in quella, adesso bara, che è il Titan.
Quindi le speranze di trovare i cinque uomini ancora in vita sono pressoché nulle.
Una riflessione così, di getto.
È vero che ben poco ci si mobilita, ultimamente, per altri viaggi. Che viaggi non sono, bensì fughe. E migliaia di persone non in cerca di un brivido visivo, ma di non morire di fame o con la testa tagliata, sono sepolte in fondo al Mediterraneo. E i relitti non sono del Titanic, ma di barche di povera gente.
Tutto giusto, Ma…
Qui c’è un ma.
“e un ricco, non muore di meno” e mi perdoni il solito Faber se lo parafraso.
È umanità, la stessa che sovente manca di fronte ai naufragi nel Mediterraneo, ciò che serve anche di fronte ad una, adesso quasi certa, tragedia.
È l’umanità che dobbiamo dimostrare di fronte alla morte, alla sofferenza, al disagio di qualsiasi essere umano indipendentemente dal suo estratto conto.
E l’esercizio sistematico dell’umanità, che non è buonismo come tendono a definire i neuroni semplificati, a renderci tutti migliori, ed a consentire che si diffonda l’uso solidale della parola, del pensiero, e in qualche caso, dove possibile, delle azioni.
Spero, ma non tanto, realisticamente, che i cinque uomini emergano dal mare.
Vivi.
Per quanto ricchi, sempre pur esseri umani sono.
Non lo dimentichiamo.
E spero fortemente che nessuno muoia più in mare.
Né per gioco, né per amore.
E qui mi perdoni Lucio Dalla, ma si sa, musica e poesie sono conforto dalle brutture della vita.
Che ci sono. E sono tante.