fbpx
martedì, Aprile 1, 2025
spot_imgspot_img

Terrone

Matteo lo Presti analizza la celebre parola “Terrone” e, in generale, i termini dispregiativi razziali utilizzati in Italia, inquadrandone origine, valenza e facendoci riflettere su questo “vizio” di appellare il diverso con epiteti non proprio gentili.

Matteo Lo Presti

Il Dizionario Ragionato Italiano (DIR)spiega che la parola “terrone” è un incrocio tra le parole terra e “cafone” (contadino), mentre il vocabolario Devoto-Oli riferisce la parola all’ immagine “terre matte, terre ballerine”; ma, entrambi, indicano nel sostantivo una connotazione dispregiativa. Il DIR aggiunge “voce con forte carica dispregiativa, come altre voci simili in altre parti del mondo con le quali gli abitanti di una regione bollano gli abitanti di un’altra accumulando incomprensioni e pregiudizi”. Il noto vocabolario Zingarelli edizione 1955 non riporta la parola “terrone”. In Friuli, come si sa le parole discriminanti e delimitanti i confini sono molteplici. I poveri mezzadri che da Treviso migravano nei poderi friulani venivano discriminati dai poverissimi contadini locali per la diversità della lingua e venivano battezzati “bassaroi”. Non avendo altro da spartire, la lingua diventava ricchezza oltraggiosa. Nel piccolo comune di San Giorgio della Richinvelda un immigrato delle Marche veniva appellato “napoletan”. Quindi da dedurre che da Ancona in giù i nativi meridionali non potevano che essere catalogati come “terroni”.

Il sostantivo è sottoponibile a diverse contestualizzazioni. La bravissima attrice-comica Katine, che gira le sagre del Friuli contaminando la sua origine lucana (“Lei è lu-cano? No! io sono il padrone”) con le bellezze sintetiche del conciso dialetto friulano, accumula divertimento e sentimenti di umano dialogo che creano riflessioni musicali di alto sollazzo e viva tolleranza.

Di quello che accade sui campi di calcio forse è meglio sorvolare. Tanto che l’uso smodato del termine “terrone” riferito, pare, da un allenatore ad un arbitro nel corso di una partita appare peccato veniale se rapportato all’ignobile uso della figura della giovane Anna Frank sulle gradinate dello stadio della capitale.

Rimane il fatto che spesso la saggezza dei proverbi vince sulle banalità del quotidiano “meglio avere a che fare con un brigante che con un ignorante”. Basterebbe leggere un qualunque romanzo dell’irpino Ignazio Silone o della friulana Caterina Percoto per rendersi conto che la dimensione della sofferenza umana non è disponibile per creare banali discriminazioni e superficiali valori razzisti dentro confini regionali.

Un giovane siciliano che aveva sposato una friulana in tempo di guerra, ed emigrato poi in una città di mare dalla quale partivano centinaia di poveri immigrati friulani, mise a disposizione la sua casa e il suo senso della ospitalità solidale in nome dei valori socialisti nei quali credeva. Molti di questi immigrati tornati negli anni del benessere nella patria friulana, incontrato il generoso “terrone” per le strade del paese giravano la testa altrove, per non dovere ammettere debiti di riconoscenza. Anche se la riconoscenza non dovrebbe mai essere un peso. Secondo alcuni, negli Stati Uniti i razzisti più accesi erano i cittadini poveri di pelle bianca che volevano la segregazione dei cittadini di pelle nera per esaltare un’innaturale superiorità naturale.

Occorre rileggere i libri di Hannah Arendt, importante filosofa di origine ebraica, che combatté tutta la vita per spiegare che il popolo ebraico non aveva superiorità etiche rispetto ad altri popoli ma che, ognuno, è portatore di valori e di responsabilità individuali che non devono trovare protezione e giustificazione sotto nessuna etnia che si consideri privilegiata. Il suo libro “la banalità del male “potrebbe essere un antidoto a chi pensa di usare impunemente vocaboli offensivi di quella umanità nella quale tutti abitiamo con senso di fiduciosa speranza di lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato.

- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
ARTICOLI CORRELATI

Le PIU' LETTE