Ci scrive Giuseppe Racco, figlio di Cesare storico politico socialista che ricostruì la Siderno del dopo guerra e proprietario dello storico Hotel Gelsomini, oggi fuori da Siderno per lavoro, che sviluppa un’analisi diversa, ma che a nostro avviso serve alla riflessione.
Gli episodi violenti di questi giorni non mi meravigliano, sono le conseguenze più brutali di uno scempio cui Siderno si è abituata da tanto tempo. Diciamo la verità: Siderno è stato sempre un paese in cui la mafia ha trovato terreno fertile e non ora, ma da decenni. Basta tornare indietro nel tempo e scoprire come è stato fatto fuori un ceto di commercianti e imprenditori di livello, culturalmente elevato e perbene. Vogliamo ricordare le tante famiglie storiche che hanno dato lustro al nostro paese, facendolo diventare il fiore all’occhiello non solo della Calabria, ma dell’intero meridione? Famiglie che sono state vittime di sequestri di persona, che hanno dovuto abbandonare le loro attività e cederle ai loro aguzzini. Nonostante tutto, però, fino ai primi anni ’90 esisteva una generazione di giovani, soprattutto figli di professionisti e insegnanti, che era parte importante della società sidernese, a cui veniva riconosciuto un peso specifico. C’era una tendenza a convivere con l’altra parte del tessuto sociale, a riconoscersi come figli della stessa terra, ma, in qualche modo, a distinguersi per educazione e modo di vivere. È innegabile che la classe politica di allora guardasse con “rispetto” la ‘ndrangheta di allora e viceversa, ma la gestione del paese rimaneva pur sempre nelle mani di chi aveva qualità e spessore umano. Come due animali che delimitano il territorio e accettano tacitamente le reciproche regole, senza particolare ingerenza. Ma i tempi cambiano. La classe dirigente ha cresciuto figli che oggi vivono fuori, figli che hanno studiato e investono le loro aspettative in territori che offrono lavoro e ogni altra opportunità. Pochi sono quelli rimasti. Dall’altra sponda i soldi fatti con i sequestri di persona sono stati investiti nella droga e i proventi reinvestiti in attività commerciali, nella finanza, e perché no, negli studi professionali di figli anche professionisti. Siderno è cambiata antropologicamente. Ha un’altra fauna, un altro linguaggio, un altro modo di vivere. In tutti i posti accade questo cambiamento, ma non con le deviazioni di cui la gente perbene è vittima. La politica, da anni, non è più appannaggio di persone di valore, gli “agatoi”, come venivano definiti nell’antica Grecia. In democrazia contano soprattutto i numeri e se non li hai non potrai mai governare. In questi anni abbiamo visto giovanissimi sconosciuti sui quali si sono concentrati tanti voti con i quali hanno potuto ricattare e governare, anzi malgovernare, ignoranti come sono. Diciamo la verità, molti di loro sono parenti dei parenti… I pochi di noi sono rimasti a guardare, senza mai sporcarsi le mani, consapevoli e spaventati di non avere referenze a riguardo, di non avere più quei numeri e quei riconoscimenti che ci derivavano dai nostri padri. I nostri amici di un tempo forse ci avrebbero votato, ma sono andati via. E così è iniziata l’infiltrazione della ‘ndrangheta nella politica. Sono anche diventati bravi, hanno un linguaggio “politically correct” e scalano il potere in un “men che non si dica”. Non bisogna dimenticare che Siderno ha contrade infinite, in cui talvolta il linguaggio è mafioso, anzi il comportamento è mafioso. Gli incendi dolosi di questi giorni sono figli di quella schifosa cultura che abbiamo appiccicata nella pelle e che a molti di noi è entrata nelle ossa e nel sangue. Si può essere professionisti e non andare a braccetto con determinati personaggi, anche a rischio di non contare più niente nella società sidernese. E, invece, siamo andati oltre, soli e disperati abbiamo aperto le porte di casa allo schifo che ci circonda, ci siamo inchinati all’inciviltà, privi del necessario coraggio di quegli eroi greci che sono i nostri padri. Abbiamo aperto le porte ai barbari e ora gridiamo al lupo!? Per una volta facciamo un mea culpa, scopriamo le carte e rifiutiamo la violenza non con la testa, ma con la pancia. Non sentiamo quei personaggi come la nostra seconda pelle, mettiamoli all’angolo per sempre.
La dignità di uomini liberi è l’unica luce che potrà spegnere quei roghi.
Giuseppe Racco