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Sgarbi: un Don Chisciotte tutto Italiano

Matteo Lo Presti ci parla di Sgarbi, dell’uomo, del critico, del personaggio e dei recenti eventi che l’hanno interessato.

Matteo Lo Presti

“Bello sapere invecchiare, rimanendo bambini”. E’ gradevole assaporare lo scorrere del tempo conservando qualche istanza di allegria della prima giovinezza che aiuti a insaporire il rotolare degli anni.

Si pensa con perplessa emozione alle vicende che avvolgono il monello Vittorio Sgarbi in una spirale nella quale è capace di cuocere, come il padre Placido, cuoco di San Francesco, polli, cavoli ,manzo e tanti altri alimenti per non perdere troppo tempo tra i fornelli.

Così Vittorio ha tecniche affabulatorie alle quali è difficile tenere dietro. Comunque si rimane affascinati, anche se non persuasi, dalle sue intemerate prepotenti. Per esempio nel bel volume compilato insieme allo straordinario filosofo Giulio Giorello (scomparso qualche anno fa)  e intitolato “il bene e il male. Dio, arte, scienza” (ed.La nave di Teseo), ci sono in nuce tutte le fantasmagoriche ed oneste valutazioni che Sgarbi offre del suo modo di sottoporsi alle forbici critiche altrui.

Si legge nelle prime pagine” Il nostro Papa, il nostro amorevolissimo Papa Francesco è ateo, un gesuita ateo. Non tutti i papi sono santi specie fintantoché non se ne vanno. Non è Dio che fa santo qualcuno, ma gli uomini “. Questo perché il buon Papa Bergoglio qualche anno fa aveva detto “chi sono io per giudicare i gay”.E Sgarbi invece pretendeva  che l’autorevolezza del Papa dovesse prendere posizione sulla famiglia cristiana. Poi poche righe dopo confessa “E’ rischioso somministrare il sacramento della comunione per chi è in stato di peccato. Io, infatti, non prendo mai la comunione perché mi considero un peccatore imperdonabile”. A cosa si poteva riferire? alla infedeltà nel rapporto amoroso: tre figli da tre madre diverse? Perché cita Baudelaire che predice “ Dio è l’unico essere che,per regnare, non ha neanche bisogno di esistere”.E Sgarbi considera questa una bella riflessione?

E ancora contro Francesco: “Abbiamo sentito in diverse occasioni il Papa pronunciare incoerentemente una frase che suona come  “Salvini è uno stronzo”. Siccome non può dirlo in questi termini, allora dice “meglio atei che cristiani ipocriti”. Ma gran parte della chiesa è fatta da cristiani ipocriti e il cristiano “è” in quanto ipocrita altrimenti che cristiano sarebbe? Si confessa, pecca, tradisce la moglie, ma è cristiano: anzi è quello a renderlo tale. Può fare quello che vuole, però si pente .E’ una cultura meravigliosa  che un ateo .Il papa no: difende l’ateo .L’ateo secondo lui è uno come Salvini ma più buono . Meglio migliaia di cristiani ipocriti che un ateo. Tanto che è solo l’arte ci fa presumere che Dio ci sia: nella potenza dell’uomo di allungare, aumentare, migliorare la creazione”. E di qui a cascata una formidabile dissertazione su Giotto, Giovanni Bellini, Leonardo, Beato Angelico, Munch. Mantegna, Raffaello. Una galoppata di intelligenza, lontana dalla polemica teologica ( “Preferisco Gesù a Dio”) e una discussione perfetta nelle analisi della civiltà moderna in cui conoscenza e creatività dovrebbero sapere orientare il cammino di tutti.

Poi fuori dai libri o dalle riflessioni convenzionali appare lo Sgarbi che sa che la morale condiziona la scienza, l’arte, i comportamenti. La morale è la consuetudine di un uomo o di una comunità che prevale sui dati fondamentali. Per esempio “da un punto di vista didascalico -racconta Sgarbi -l’uomo nasce nudo, quindi è normale  che sia nudo. Eppure se immagini una società in cui gli uomini vadano in giro nudi invece che vestiti troverai chi ti dice che è immorale. Io trovo che sia immorale che siano “vestiti”.

E per rafforzare le sue opinioni aggiunge: Pensiamo al film “Fantasma della libertà” di Bunuel che ha rovesciato molto luoghi comuni: parlare con naturalezza seduti sul water è più logico che stare tutti seduti a tavola a parlare con la bocca piena. Questi fulgidi relativismi di comportamento sono la dimostrazione di come la morale non sia mai qualcosa di oggettivo, ma appartenga alla struttura di un’epoca, di un popolo, di una tradizione. Per cui niente è morale e tutto è morale”. E qui le opinioni divergono. Sgarbi è molto simpatico, memoria eccezionale, strategie culturali stupende: nella giovinezza portò a Montecitorio il quadro “il Quarto Stato “ di Pelizza da Volpedo .Ma lo  lasciò posato per terra a significare che la cifra sociale e politica del quadro aveva una sua limitata fruibilità .il quadro era in transito. Poi sindaco di Salemi, di Monterotondo con una visione di rinnovamento urbanistico avveniristico e non ascoltato.

Ma lontano da questo occorre ricordare una cena a Spilimbergo cittadina friulana con una scuola di mosaico, nota in tutto il mondo, Vittorio Sgarbi ospite del sindaco ad una cena in un palazzo, già visitato dall’imperatore Carlo V, si sedette a tavola in mezzo a due amazzoni sue amiche; quella di destra gli detergeva il sudore, quella di sinistra gli poggiava il capo sulla spalla: Sgarbi si addormentò. Intimiditi dalla sua autorevolezza sindaco e altri commensali, la testa infilata nel piatto continuarono a sorbire il brodo, senza disturbare il nobile ospite, Sgarbi aveva iniziato il sentiero di una sua moralità comportamentale, che ha sempre pensato di potere imporre. Ha certo un suo fascino Sgarbi: ma infilarsi la mano dentro la bottega dei calzoni per far vedere che dentro c’è un commesso o lanciare maledizioni all’intervistatore  o sfuggire agli oneri fiscali dovuti per consulenze e conferenze ben remunerate non gli concede più di essere il poetico Don Chisciotte che, talvolta, gli piace imitare.

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