Il consiglio dei ministri a Cutro è stato molto deludente rispetto al dramma, perché s’è limitato a dare all’opinione pubblica un facile nemico, gli scafisti, che nella stragrande maggioranza dei casi altro non sono che disperati istruiti sommariamente a guidare le barche in cambio del viaggio. Invece, occorrerebbe una classe dirigente capace di indicare al popolo italiano un terreno comune sul quale attestarsi.
Nella calda estate del 1948, un esaltato sparò contro il segretario generale del PCI, Palmiro Togliatti, ed in tutte le piazze d’Italia ci furono dimostrazioni contro il governo.
Che c’entrava il presidente del consiglio che allora era Alcide De Gasperi con Pallante?
Nulla.
De Gasperi non avrebbe voluto la morte di Togliatti e, nel 1994 Berlusconi non ha sicuramente ordinato le torture di Bolzaneto così come oggi la Meloni non avrebbe voluto la strage di Cutro.
Eppure c’è un filo rosso che collega i tre momenti.
Nella campagna elettorale del ‘48 la DC e i comitati civici avevano dipinto i comunisti, eredi di Gramsci, come masnade di assassini pronti a sgozzare cittadini inermi. Tutte le città ed i paesi furono tappezzati di manifesti sul pericolo rosso.
Era solo campagna elettorale… ma Pallante, l’attentatore, fu figlio di quel clima avvelenato.
Certamente nessuno dei dirigenti della DC o dei ministri avrebbe voluto la morte di Togliatti, ma fiumi di parole “dal sen fuggite” portarono l’Italia sulla soglia della guerra civile che sarebbe costata milioni di morti.
Berlusconi nel ‘94 concepì un’astuta campagna elettorale contro gli inesistenti comunisti. I celerini che massacrarono i ragazzi nelle piazze e a Bolzaneto capirono (male) che questo si voleva da loro. Molti pensarono fosse giunto il momento di chiudere i conti con le piazze e con Genova, città medaglia d’oro della Resistenza.
La politica è una scienza e si raccoglie ciò che si semina.
È innegabile che da decenni si sia scatenata una forsennata campagna di odio contro gli immigrati e contro tutti coloro che attentano al sacro ordine sociale. Campagna studiata da menti raffinatissime e che ha attecchito soprattutto sulle menti deboli.
Dal punto di vista elettorale ha portato dei vantaggi ad una certa parte politica, ma il costo è stato un progressivo imbarbarimento della società italiana, anche perché la Sinistra e la stessa borghesia liberale sono state incapaci (o non hanno voluto) contrapporre un modo diverso di veder le cose e, meno ancora un diverso modo di affrontare il dramma.
I morti di Cutro sono figli d’un tale clima, ma probabilmente nella catena di comando, fra menti più fragili e meno attrezzate, qualcuno ha pensato che fosse giunta l’ora di essere disumani dinanzi agli immigrati nemici e invasori. Tutto il resto è stata una logica conseguenza.
Il consiglio dei ministri a Cutro è stato molto deludente rispetto al dramma, perché s’è limitato a dare all’opinione pubblica un facile nemico, gli scafisti, che nella stragrande maggioranza dei casi altro non sono che disperati istruiti sommariamente a guidare le barche in cambio del viaggio.
Invece, occorrerebbe una classe dirigente capace di indicare al popolo italiano un terreno comune sul quale attestarsi magari parafrasando i versi di Montale “. .. Non domandarci la formula che mondi possa aprirti/Codesto solo oggi possiamo dirti, /ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”
Non siamo disumani e non vogliamo essere assassini o indifferenti.
Non vogliamo morti né in mare né nei lager stranieri. Non vogliamo vedere altre bare soprattutto di color bianco. Non vogliamo continui questa assurda campagna contro la parte più debole dell’umanità. Non vogliamo armi e guerre ma pace. E ancora pace.
Questi noi siamo
E questo noi vogliamo.