Il 25 settembre andremo a votare con una legge che assegna i seggi in Parlamento secondo un sistema misto: un terzo con meccanismo maggioritario, due terzi con proporzionale. Ma ci sono una serie di anomalie cervellotiche che molti non conoscono e francamente risultano difficili da capire.
Sappiamo bene che nell’italiano medio non c’è una gran voglia di andare a votare, se poi aggiungiamo le difficoltà di capire i meccanismi farraginosi della legge elettorale, le prospettive di una larga astensione si allargano a dismisura.
Come bene illustra il nostro vignettista Domenico Loddo, il famigerato Rosatellum (che prende il nome dal senatore Ettore Rosato, eletto con il Pd e poi approdato a Italia Viva) diventa un’accetta che taglia la mano dell’elettore.
Il 25 settembre andremo a votare con una legge che assegna i seggi in Parlamento secondo un sistema misto: un terzo con meccanismo maggioritario, due terzi con proporzionale. Ma ci sono una serie di anomalie cervellotiche che molti non conoscono e francamente risultano difficili da capire. Ricapitoliamo: un terzo dei seggi viene assegnato col maggioritario: nei collegi uninominali il candidato che prende più voti vince. Nei collegi plurinominali (che riguardano i restanti due terzi dei seggi) invece, i candidati sono divisi tra le forze politiche in modo proporzionale, in base ai voti ottenuti. È prevista una soglia di sbarramento al 3% per i singoli partiti e del 10% per le coalizioni.
I seggi assegnati con il sistema maggioritario saranno 147 alla Camera (su un totale di 400) e 74 in Senato (su in totale di 200). Infine, 8 seggi alla Camera e 4 al Senato vengono assegnati secondo il voto degli italiani all’estero. I seggi distribuiti con sistema proporzionale sono la maggior parte, 245 alla Camera e 122 al Senato. Nei collegi plurinominali i parlamentari vengono eletti in base ai voti ottenuti a livello nazionale da ogni lista, proporzionalmente ai consensi ricevuti. Ogni listino può essere composto da almeno due e fino a quattro nomi. È prevista una quota di genere: nessun sesso, infatti, può rappresentare oltre il 60% dei candidati rappresentati. Nei collegi plurinominali i seggi vengono assegnati secondo il cosiddetto top-down, dal nazionale al territorio. A livello nazionale vengono cioè designate le liste e a quelle che superano le soglie di sbarramento vengono poi distribuiti i seggi secondo un particolare calcolo di quozienti e resti.
Un partito potrebbe vedersi assegnare un tot di seggi in una circoscrizione per dei voti ottenuti in un’altra. Gli elettori di Milano, ad esempio, potrebbero con il loro voto procurare un seggio a Napoli al partito che hanno inteso votare. Chiaro?
Per schiarirmi le idee sono andato nel sito dei fidati amici di Kulturiam.it e ho trovato questa sorprendente spiegazione degli esiti pratici del Rosatellum a cura di Jan Datranich:
“Chi pensa di votare Civati nel listino plurinominale, in realtà potendo solo barrare la lista che contiene i nomi senza poter votare per lui pena annullamento del voto, vota anche Casini nell’uninominale connesso e così chi pensa di votare Cucchi vota anche per Lorenzin; chi pensa di votare Soumahoro vota anche Cottarelli; chi pensa di votare Schlein vota anche nell’uninominale Marcucci. E viceversa chi vota solo il candidato dell’uninominale vedrà il suo voto ripartito in proporzione tra tutti i partiti o liste collegate nei listini plurinominali. Per di più se nella parte plurinominale del collegio il partito di Civati o degli altri non supera il quorum, per effetto del riparto nazionale dei resti si vedrebbe in parlamento un soggetto a lui ignoto, candidato in un altro collegio. È solo un esempio delle storture del sistema italiano che ha abiurato la democrazia parlamentare rappresentativa. Chi dopo aver concorso a produrre questo sconcio, da ultimo nel silenzio generale e all’unanimità approvando dopo il referendum del taglio dei parlamentari una normativa che ha ridisegnato i collegi rendendoli compatibili e con il taglio e con il Rosatellum, così dimostrando di volerlo tener ben caro, meriterebbe l’ostracismo se vivessimo nella Grecia periclea”.
Morale della favola, ci troviamo al cospetto di un sistema che non agevola certo gli elettori scettici o svogliati e che favorisce certamente i grossi partiti e/o le grosse coalizioni. Se poi aggiungete che in avanzata era digitale, ancora utilizziamo il sistema obsoleto della scheda e della matita (bloccando l’attività scolastica per 15 giorni) e non consentendo di votare a lavoratori e studenti fuori sede, vi renderete conto che ancora una volta le regioni più penalizzate sono quelle del Sud… a proposito di Questione Meridionale!
Franco Arcidiaco