Alcune sere fa, in una bellissima e partecipatissima assemblea di Catanzaro con i sindaci dei capoluoghi e il presidente dell’ANCI De Caro sul no all’autonomia differenziata e il bisogno di unità della Calabria è risuonata, tra le altre, una frase di 51 anni fa, che si gridava nelle piazze del settentrione e del mezzogiorno d’Italia: ‘Nord e sud uniti nella lotta’.
Era l’ottobre del 1972 e migliaia di operai settentrionali attraversarono l’Italia per partecipare a Reggio Calabria ad una grande e memorabile manifestazione al termine di una conferenza sul Mezzogiorno indetta dai sindacati unitari e quello slogan passo’ alla storia…
Altri tempi direte voi! Sì certamente e così a leggere, ad esempio, la risoluzione finale di quella conferenza sembra passata una vita e non solo mezzo secolo. Vi si legge, infatti, tra l’altro: ‘’…Gli operai, i braccianti del Nord e del Sud, hanno maturato una crescente consapevolezza del fatto che le lotte per le migliori condizioni di lavoro non possono essere isolate ma devono saldarsi in un contesto generale di lotte per il lavoro, per lo sviluppo del Mezzogiorno e dell’occupazione che è oggi – come non è stato mai – il nodo centrale dello sviluppo di tutto il paese e l’obiettivo principale della lotta sociale’’.
Parole importanti. E quella giornata di Reggio esprimeva emblematicamente la volontà dell’intero paese di superare gli squilibri territoriali ed arrivare all’unificazione politica, sociale ed economica dell’Italia.
Così non è stato, come è noto. Alla fine degli anni ’90 venne cancellato l’intervento straordinario per il Mezzogiorno e la contrapposizione Nord-Sud è così sfociata ai giorni nostri con le miserie del DDL Calderoli che spacca definitivamente non a due ma 20 il paese. Ma quella stagione svanita e quel grido, quella invocazione politica nel corteo di Reggio sottolineano anche una sconfitta ed un arretramento pesante del movimento politico e sociale che tendeva ad unire il paese e, soprattutto, a fare del Mezzogiorno la vera questione politica per tutto il paese. È finita invece che per alcuni oggi la vera questione è quella Settentrionale! Paradosso tra i paradossi!
È per questo motivo che assemblee così partecipate e dense di passione come quella dell’altra sera a Catanzaro non possono e non debbono perdersi nel dimenticatoio. Cosa e’ venuto fuori dalle parole dei sindaci, di De Caro, dall’attenzione di 200 e passa persone che per due ore hanno partecipato all’assemblea? Sono venute fuori due cose fondamentali che sindaci, partiti, sindacati, intellettuali, società civile devono (dovrebbero) porre in mente: il disegno dell’autonomia di Calderoli è un imbroglio e va spiegato nel dettaglio ai cittadini. Cosa succederà nella sanità? Nei servizi sociali? Nella scuola? Nei trasporti? Tutti devono essere messi a conoscenza che non si tratta di chiacchiere ma di un’azione che punterà a fare più ricchi i ricchi e più poveri i poveri.
C’è poi il secondo messaggio, forte quanto il primo e che può diventare il senso comune dei prossimi mesi: la Calabria non si salva a pezzettini o a brandelli, o territorio per territorio. Si salva (se si salva) combattendo unita e facendola finita con le lotti nel minipollaio di mille galli. I meno di due milioni d’abitanti della Calabria rappresentano meno della metà dell’area metropolitana di Napoli o Roma. Fuori dai confini, al nord come al sud, tutti raggruppano, giustamente, questi meno di 2 milioni in un unico mazzo: siete calabresi! Solo in Calabria si fa però finta che non sia così Illusi di coltivare non le piccole patrie ma i piccoli cortili in cui razzolare vecchi e nuovi interessi corporativi e persino meschini.
Il tempo delle guerre fratricide è finito e dal San Giovanni di Catanzaro può partire una stagione nuova e ricca di consapevolezza che o ci salviamo noi, tutti assieme, o non ci salva nessuno. La nostra battaglia continuerà.