Oggi a darsi la morte, col fuoco, sono i nostri giganti secolari. Castagni, querce, faggi, ulivi secolari se ne vogliano andare e così si buttano tra le fiamme. Forse siamo noi che abbiamo reso loro la vita impossibile e non sopportano più con la convivenza con gli uomini di oggi. È l’indifferenza ad indignarli, la nostra indifferenza
Molti anni fa nel Vietnam devastato dalla guerra e dall’occupazione, i monaci buddisti scendevano in piazza e si davano fuoco. Bruciavano come torce umane. Uno dopo l’altro. Se ne volevano andare dal mondo, lasciando solo le loro cenere alle spalle.
Non so, perché ho la strana sensazione che oggi a darsi la morte col fuoco siano i nostri giganti secolari. Castagni, querce, faggi, ulivi secolari se ne vogliano andare e così si buttano tra le fiamme. Forse siamo noi che abbiamo reso loro la vita impossibile e non sopportano più con la convivenza con gli uomini di oggi.
Conosco il loro pianto. Ho visto mille volte alberi centenari contorcersi, su sé stessi, prima di stramazzare al suolo lanciando l’ultimo urlo di sdegno e dolore.
È l’indifferenza ad indignarli… la nostra indifferenza.
Un tempo nel mio paese c’era la campanella del fuoco, che suonava appena qualcuno avvistava le fiamme. Un esercito di uomini, donne, vecchi e bambini andavano all’assalto del fuoco. Lo circondava, lo incalzava ed alla fine riusciva a rimandarlo all’inferno.
Era l’eterna lotta tra l’uomo, ed i demoni del fuoco e da cui gli uomini uscivano sempre vincitori.
Chi andava a combattere contro il fuoco non domandava mai chi fossero i proprietari del terreno aggredito dalle fiamme, perché il mondo intero apparteneva loro. Difendevano gli alberi, i nidi di milioni di uccelli, la danza delle lucciole, i colori delle farfalle e le sorgenti d’acqua, la tenuta del suolo, la qualità dell’aria.
Anche oggi c’è ancora chi ama le nostre montagne, ed il mondo intero.
Nella nostra provincia ben quattro persone sono morte, come sentinelle incorruttibili, per salvare le loro piante, ed i loro animali dal fuoco. Hanno affrontato le fiamme a mani nude. Eroi veri tra tanti falsi eroi.
Per qual che vale propongo che Riviera e le altre testate della Locride, più l’assemblea dei Comuni e la Città Metropolitana propongano il conferimento della medaglia d’oro alla memoria.
Mi dicono che ci sono tanti volontari (io lo sono stato e non una volta) che hanno combattuto con la forza della disperazione e con l’Ideale dell’amore verso il Creato.
Ma è la sensibilità di massa ad esser venuta meno. La sostanziale egemonia di una “Cultura” diffusa dalla società dei consumi (e recepita in Calabria in maniera disastrosa) ha creato una situazione per cui la stragrande maggioranza delle persone farebbe la “Guerra dei cent’anni” per un graffio alla propria automobile, per l’ammanco di dieci euro, per un guasto al cellulare, ma è assolutamente indifferente alla morte delle faggete vetuste dell’Aspromonte, dei castagni secolari delle Serre, o dei giganti della Sila. Un’autentica involuzione di specie che, senza un cambio di passo, segnerà il destino della Calabria (e del mondo) tanto per chiarezza, non sono affatto un nostalgico dei “Bei tempi andati”, che belli non erano, anzi sono decisamente per il progresso, purché coniugato sempre alla razionalità, ed al benessere di tutti. E non con l’ingordigia dei pochi.
Ma a fallire ancora una volta è stato lo “Stato”, inteso soprattutto come “Regione Calabria”. Dopo cinquanta anni di regionalismo, anche su questo fronte c’è il nulla. Anzi il disastro.
Manca una politica di prevenzione degli incendi. Ricordo che quando abbiamo accolto i primi immigrati ci siamo fatti carico di riproporre, in termini moderni, una legge sulle terre incolte e le vecchie case abbandonate. Tranne qualche eccezione a volte inaspettata, abbiamo incontrato tra i “Nostri” parlamentari (e non solo) disinteresse, pressapochismo, incredulità quando non il risolino di coloro che la sanno lunga.
I Canadair da soli non spengono gli incendi, che occorre aggredire sin dalle prime ore. Per esempio, negli anni ‘50 fino agli anni ‘70 c’erano “I guardiani del fuoco”, oggi il loro lavoro potrebbero essere fatto da un sistema di droni sicuramente meno duro e costoso e, certamente, più efficiente. E poi, come in tutte le cose serie, ci vorrebbero i piani di attacco al fuoco simulati di inverno per essere attuati di estate. Zona per zona.
Nulla di tutto questo esiste, perché chi comanda ha altre priorità.
Sapete che nei miei articoli tratto spesso alcuni temi legati ai diritti ed alle libertà delle persone e che non voglio mettere come il prezzemolo in ogni minestra, ma ciò detto, non piace affatto che in una sola notte si possa disporre di tremila (3000) uomini armati per un blitz di sapore propagandistico e poi per domare un fronte di 100 incendi sparsi per la Calabria si riesce a mobilitare appena 2500 uomini.
Abbiamo i consiglieri regionali più spreconi d’Italia, ma non abbiamo mezzi di soccorso in caso di gravi calamità naturali. Sono stati in grado di costruire un’aula bunker in tre mesi, ma siamo privi di una qualsiasi strategia anche se un modesto incendio che, un tempo, sarebbe stato domato in due oredovesse minacciare un centro abitato. Tutto è lasciato all’improvvisazione.
È questa la Calabria che vogliamo lasciare ai nostri nipoti?
Se questa è, ritornano in mente le parole di De André: “Anche se vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti…”