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giovedì, Gennaio 9, 2025
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Prove di premierato, di monocrazia, o peggio

La premier italiana Meloni si è recata negli Stati Uniti e ha incontrato il presidente eletto Donald Trump nel suo resort di Mar-a-Lago in Florida

Galileo Violini

I corifei, di cui abbonda, la annunciarono con circospezione come una missione segreta, con speculazioni sui temi che la Presidente del Consiglio avrebbe toccato e risolto, riunendosi col presidente eletto Trump, a Mar a Lago.

Al suo ritorno qualche polemica, ma ci fu chi, anche dall’opposizione, ha osservato, e molto autorevolmente, che le relazioni con gli Stati Uniti vanno coltivate. È vero, anche se è successo che in passato le abbia subordinate ad una pizza familiare.

La visita suscitò aspettative. Le “missioni”, ancor quando e ancor di più se ammantate di segretezza, hanno un fine. Quale sarebbe stato?

Avrebbe ottenuto risultati di interesse nazionale quali la luce verde per negoziare con l’Iran la liberazione di Cecilia Sala? O di interesse europeo, dato che i temi del gas e dei dazi preoccupano non poco? Sarebbe tornata. come LUI dopo Monaco, avendo trovato il bandolo della matassa per una pace in Ucraina, tacitando i timori che suscita, in buona parte dell’Unione Europea, l’imminente cambio di presidenza negli Stati Uniti?

Per ventiquattro ore, intentique ora tenuimos. Come quando i cugini dell’altra sponda del Mediterraneo erano in attesa del racconto di Enea, aspettavamo di conoscere i risultati della missione segreta, certi che, per la loro importanza, sarebbero stati annunciati sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Niente di tutto ciò. L’unico annuncio fu un laconico commento su Facebook “Una bella serata, lo ringrazio per l’accoglienza. Pronti a lavorare insieme”

Ma, per passare una bella serata in Florida, c’è bisogno che la più alta carica dell’esecutivo impegni quasi ventiquattro ore del suo prezioso tempo, con un costo per l’erario di circa 300000 euro, secondo una stima basata su quello dell’Airbus A319CJ, l’aereo frequentemente utilizzato per voli istituzionali? Chissà che ne avrà pensato la presidente Tedda, che in questi giorni è sulla graticola per problemi formali di rendicontazione che ammontano a poco meno di 100000 euro.

Né la bella serata, con i costi e lo stress connessi, la può giustificare uno scopo minimale quale quello di scoprire che siamo pronti a lavorare insieme. Non abbiamo per questo ministri, ambasciatori, un Parlamento? E non è ciò che l’Italia fa da ottant’anni?

Il comunicato su Facebook è scandaloso. Il nostro Paese non è solo funzionale a dare mandati in bianco. Ha diritto, ed è un diritto non negoziabile, secondo buona parte dei suoi cittadini, ad essere informato.

Vale per il caso Sala, vale per il caso Abedini, vale per il caso Omeonga, e deve valere a molto maggior ragione in questo caso che si intreccia con una gestione personale del potere che non trova supporto nella nostra Costituzione.

Lo stesso sito, dove invano si cercherebbero notizie dettagliate sui risultati della missione segreta, ci ricorda la definizione e i limiti delle funzioni che la Costituzione, quella ancora vigente, anche se minacciata dai cambiamenti agognati dalla nostra presidente, assegna al Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Presidente del Consiglio “ne dirige la politica generale e ne è il responsabile, mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo, promuove e coordina l’attività dei Ministri .,, è, dunque, titolare di un potere di direzione dell’intera compagine governativa, il che lo abilita a svolgere ogni iniziativa volta a mantenere omogeneità nell’azione comune della coalizione, finalizzandola alla realizzazione del programma esposto in Parlamento al momento del voto di fiducia. Tali funzioni, però, non si spingono sino a determinare unilateralmente la politica generale del Governo, compito questo assolto collegialmente dal Consiglio dei Ministri attraverso le sue deliberazioni”.

La Presidenza del Consiglio ha liquidato come ridicole delle interpretazioni dei motivi e risultati del suo viaggio che commenteremo più avanti. Non è ridicolo piuttosto ignorare che la missione segreta invece di contribuire a mantenere omogeneità nell’azione comune della coalizione, ne ha acuito le disomogeneità.

Il vice-primoministro Salvini, nonostante commenti d’obbligo, ha subito un goal nella sua partita su chi sia l’interlocutore privilegiato del presidente Trump, mentre il vice-primoministro Tajani ha subito un’evidente invasione di campo, e, a quanto pare, è stato informato all`ultimo momento o a cose fatte.

Solo per gli ingenui, o per chi voglia distrarre l’attenzione dalla reale finalità della missione segreta, può essere credibile che complessi temi, che richiedono lunghe trattative diplomatiche, potessero dar luogo a risultati tangibili grazie ad una breve conversazione, i cui tempi impietosi abbiamo appreso dalla stampa, sia straniera che italiana, anche se, successivamente, forse ispirato da qualche velina, qualche giornale amico ha generosamente ampliato a cinque le ore di durata del soggiorno americano.

La presidente è atterrata alle 19.29 circa. Una decina di minuti dopo è arrivata alla Versailles americana. Un po’ meno di un’ora e mezza per il colloquio col presidente eletto ed una cena, formalmente privata, ma con un’ampia lista di commensali, ed i convenevoli d’obbligo. Quanto tempo Meloni e Trump possono aver dedicato al colloquio? Mezz’ora al massimo, perché poi, intorno alle 21, hanno assistito alla prima visione del documentario “The Eastman Dilemma: Lawfare or Justice”, che, denunciando “un sistema giudiziario sempre più politicamente motivato” le sarà stato utile come fonte di ispirazione per finanziare un progetto analogo (why not?, ministro Giuli).

Nessuno dei temi che, forse, avrebbero giustificato un tale viaggio è stato oggetto di comunicati.

Certo oggi il caso Sala è risolto, ma è improbabile, giudicando dalle prime reazioni iraniane dopo la missione e dal fatto che pare che sia stato determinante il probabile rifiuto dell’estradizione di Abedini da parte del ministro Nordio, che una tale luce verde venisse da chi ancora non è presidente degli Stati Uniti e non dal presidente in carica, che sarà incontrato tra pochi giorni. Eloquente la dichiarazione del consigliere per la sicurezza nazionale del governo in carica, John Kirby: “Ê una decisione del governo italiano. Roma ne deve rispondere.”

Riguardo il peso del caso Sala-Abedini nelle conversazioni, illuminante un’indiscrezione raccolta da un autorevole italoamericano. La presidente avrebbe chiesto a Rubio che pensa dell’Iran!. Modo alla lontana di affrontarlo, con così poco tempo a disposizione! O no?. Pare che in quel colloquio più attenzione, secondo quanto riportato dalla stampa, sia stata data alle eventuali origini italiane di Rubio. Sarà sua la prossima cittadinanza octroyée dalla nostra sovrana nel prossimo Atreju?

Sembrerebbe che possa avere qualche fondamento il sospetto che la visita abbia invece risposto soprattutto ad un’agenda personale: rafforzamento dell’immagine della presidente in Europa e candidatura ad essere fulcro delle relazioni Stati Uniti-Europa durante la presidenza Trump. Da questo punto di vista successo inoppuignabile. Lo confermano i commenti della maggiore stampa internazionale e la sua presentazione come persona e leader fantastica da parte di Trump.

Vedremo se, come auspica la presidente, l’Italia potrà davvero costituirsi in ponte tra Stati Uniti e Europa, o se la sua fu solamente una visita ad limina, che mostra il nostro “grande rispetto”, essendosi la nostra presidente sobbarcata a un tale viaggio solo per “vederlo”.

Sarà un arduo compito a giuidicare da ben più preoccupanti affermazioni che Trump ha formulato durante la medesima intervista.

Oltre all’agenda personale ci può essere stato dell’altro?

Un commento, inizialmente lanciato da Bloomberg, è stato prima tacitato come una calunnia, ma successivamente, come la calunnia rossiniana sta esplodendo come un colpo di cannone.

La visita avrebbe sbloccato un accordo con una impresa gigantesca, ma privata, e ciò costerà all’Italia un miliardo e mezzo di dollari.

Il tutto condito da un’annotazione insistente. Musk non c’era. Aveva un altro impegno.

Dati i suoi successivi commenti che mostrano quanto gli prema il progetto, deve essere stato un impegno ben cogente! O, chissà, era rappresentato.

I primi commenti positivi della stampa, soprattutto di regime italiana si sono ridimensionati dopo la smentita della presidenza del consiglio, vigorosa, ma con una precisazione che non dissipa i dubbi. Ridicolo affermare che ne avrebbe parlato con Trump. E con altri?

Per il momento nessuna reazione in Europa, anche se si sono intensificate le critiche a Musk. Forse, dopo le ultime prese di posizione di un così ampio gruppo di paesi europei l’amichevole rapporto istituzionale con Musk meriterebbe qualche riflessione e definizione. È risultato solo di un’amicizia personale? o fa parte di quella richiesta di Bannon di una purificazione verso la destra internazionale? ancorchè essa fu sdegnosamente respinta dalla presidente?

Il prossimo futuro ci dirà di più su questa visita, se le dimissioni della signora Belloni non siano la cartina di tornasole che conferma una gestione personale del potere, che la Repubblica non merita.

Vedremo se la missione, contro possibili ragionevoli interpretazioni, sarà stata utile al paese (nazione secondo la presidente) i cui interessi vanno al di là del fatto che Space X sia meno caro di altre opzioni. Impugnare l’arma del golden share per le assicurazioni o le banche e non considerare gli interessi nazionali in questioni di tale importanza strategica non è coerente, è vero, con la filosofia sovranista della presidente del Consiglio, ma potrebbe contribuire a rafforzare la pulsione monocratica che è la bottom line che dà un senso globale al suo operato, da quando, per lo sciagurato cupio dissolvi di tanta parte della politica italiana, una minoranza le ha permesso di intravvedere una prospettiva di sovvertimento della Costituzione del 1948.

Non sottovalutiamolo!

 

 

 

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