Forse nessun reggino si toglierà dalla testa che Pordenone abbia vinto il titolo di capitale della cultura 2027 perché l’amministrazione comunale della città friulana, il cui sindaco in carica (a dire il vero è, in atto, vice-sindaco facente funzioni), Alberto Parigi, sia dello stesso colore politico del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, un passato destrorso e un nonno repubblichino.
Bruno Gemelli
Le cronache di queste ore ci dicono che il sindaco reggino, Giuseppe Falcomatà (PD), abbia appreso la notizia dell’esclusione della sua città con sportività, nel senso che egli intende lo stesso portare avanti il progetto culturale di Reggio Calabria, città che è due terzi più popolosa di Pordenone.
Il tiolo di “Capitale italiana della cultura” è stata istituita nel 2014, con il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 (articolo 7, comma 3quater), dietro proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sulla scorta della grande partecipazione delle città italiane alla selezione per la Capitale europea della cultura 2019.
“Obiettivo della manifestazione – racconta il ministero – è quello di promuovere progetti e attività di valorizzazione del patrimonio culturale italiano, sia materiale che immateriale, attraverso una forma di confronto e di competizione tra le diverse realtà territoriali, incentivando così la crescita del turismo e dei relativi investimenti. La valutazione delle candidature è a cura di una Giuria – composta da sette esperti indipendenti – che, a seguito delle audizioni con le città finaliste, raccomanda al Ministro della cultura il nome del Comune, della Città metropolitana o dell’Unione di Comuni ritenuto più idoneo, dandone opportuna motivazione. Su proposta del Ministro della cultura, il titolo è successivamente assegnato dal Consiglio dei Ministri con propria delibera”.
Il titolo di Capitale italiana della cultura è conferito annualmente sulla base della disciplina relativa alla procedura di selezione definita nel 2016 dall’allora Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo d’intesa con la Conferenza unificata, e aggiornata nel 2019.
La città vincitrice, grazie anche al contributo di un milione di euro messo in palio, potrà mettere in mostra, per il periodo di un anno, i propri caratteri originali e i fattori che ne determinano lo sviluppo culturale, inteso come motore di crescita dell’intera comunità.
Per l’edizione 2027, oltre a Pordenone e Reggio Calabria le città finaliste in gara erano: Alberobello (Puglia), Aliano (Basilicata), Brindisi (Puglia), Gallipoli (Puglia), La Spezia (Liguria), Reggio Calabria (Calabria), Sant’Andrea di Conza (Campania), Savona (Liguria) e Pompei (Campania). Il sindaco di quest’ultima città, Carmine Lo Sapio (PD), ha detto a caldo: «Siamo delusi ma di certo il nostro progetto non si ferma. Anzi ci consideriamo i vincitori morali. Pompei resta Pompei».
A parti invertite, probabilmente l’esito sarebbe stato lo stesso.