Filippo Veltri riflette sulla politica odierna e sulla continua tentazione della gente a guardare con affetto a “tempi andati” quali quella della Democrazia Cristiana
Circolano in questi ultimi tempi con dibattiti, convegni, presentazione di libri etc etc momenti di grande rilancio e, persino, di nostalgia malcelata, del bel tempo che fu quando c’era la DC, la famigerata balena bianca che ha dominato in Italia per decenni e decenni. Commemorazioni, pubblicazioni, conferenze, ritratti e quant’altro di personaggi vecchi e nuovi, di vecchi sindaci, deputati, di luoghi, con rievocazioni di fatti e misfatti (pochi in verità questi ultimi). Ne hanno già scritto Marcello Furriolo, che da quel mondo proviene, con grande onestà intellettuale, e Paride Leporace con il consueto graffio polemico e senza troppe perifrasi.
La gente, il popolo si direbbe, da Cosenza a Catanzaro a Reggio partecipa e plaude: ‘’si stava meglio quando si stava peggio, eh sì che una volta la politica era un’altra cosa, tutto sommato c’era benessere, la Calabria contava qualcosa non come ora’’ etc etc.
La cosa devo dire un po’ sorprende: questa reiterata e non nascosta nostalgia di un bel tempo che fu, condita di sperticati elogi a personaggi che hanno contribuito alla storia più o meno recente della nostra terra senza però una benché’ minima traccia di autocritica, o almeno di criticità, lascia aperto infatti più di un interrogativo pesante sull’oggi e sul domani e ovviamente sul passato nemmeno troppo lontano.
Fu vera gloria innanzitutto? E quanto c’è nella situazione penosa di oggi in quello che fu costruito e fatto ieri? E serve al futuro nostro essere immemori o prigionieri di un passato che tutti giudicano non replicabile, senza invece tentare almeno un’onesta analisi di quanto fatto nei decenni passati? E lo stato odierno della politica non è forse figlio diretto e indiretto di come sia stato costruito ieri e avantieri lo schema politico ed istituzionale, amministrativo e gestionale, al centro e nelle periferie?
In questo che appare un coro devo dire che ci si ritrovano un po’ tutti: vecchi Dc, nuovi governanti transitati in altri lidi ma con origini chiare, oppositori vecchi e nuovi, che hanno perso la parola e a volta financo la dignità di reclamare invece tutta un’altra storia e tutta un’altra narrazione. Ma anche chi in quella storia non ci è affatto mai entrato ed oggi si trova sulla plancia di comando e che dovrebbe esprimere, dunque, tutta una diversa vicenda politica, storica, e culturale persino, lontana in ogni caso da quel passato, è come avvolto in una nuvola di allegra dimenticanza.
Eppure….
Eppure, se oggi ci si ritrova – solo questo è l’esempio che oggi porto ma se ne possono portare a decine – con una classe burocratica e amministrativa dalla Regione ai Comuni che tutti (rpt tutti) definiscono inadeguata e alcuni persino il male più male che non si può, il vero dramma della Calabria, etc etc, ci sarà pure un colpevole? Ci sarà pure qualcuno che ha creato questa rete e questo corpaccione senza competenze, senza passato e senza futuro se non per loro stessi, con reclutamenti e comandi per chiamata diretta, infischiandosene dei concorsi pubblici (parola sconosciuta in larga parte a queste latitudini)? Ci sarà pure qualcuno che negli ospedali come negli uffici sparpagliati sul territorio ha così disseminato di clienti vari da utilizzare elezione dopo elezione e che oggi rimpiangono (giustamente dal loro punto di vista) il bel tempo che fu, lasciando però a terra una macchina burocratica lenta e vecchia come un pachiderma?
E’ questo – lo ripetiamo – solo un piccolo grande esempio.
Fa un po’ specie, dunque, che chi allora era all’opposizione oggi non abbia più memoria, abbia perso la parola, si sente quasi corresponsabile (e in parte – intendiamoci – lo è anche stato!) e non solo tace ma partecipa al coro dei nostalgici e magari si accontenta di qualche citazione e un buffetto sulla guancia, buttati qua e là furbescamente tanto per rabbonire e allisciare gli avversari di ieri. E fa ancora più specie che di questo coro ne facciano parte i governanti di oggi, a Roma come a Catanzaro, che a parole parlano di svolte epocali e rivoluzioni ma nei fatti percorrono le vecchie strade.
La storia della Calabria non si scrive, però, con la testa rivolta all’indietro o facendo finta che non sia mai esistito un passato fatto di tante negatività. O peggio: rinvangando un mondo mirabile e lucente, meraviglioso e splendente, rispetto ad un oggi che non si capisce perché’ sia così buio e soprattutto senza mai alzare il velo su chi ha lavorato per crearlo, esplicitamente e non. Manca – questa la verità – un pezzo fondamentale della narrazione. Ma vi prego di una sola cosa: basta con il fiato alle trombe dei refrain, di ‘’una libertà consegnata all’Italia, di un progresso regalato al Paese e alla Calabria’’ etc etc! Ognuno reciti il mea culpa con saggezza e sincerità!