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Pirruccio risponde a Veltri sull’autonomia differenziata

Vito Pirruccio, Presidente dell’Associazione Museo della Scuola “I Care!” e dirigente scolastico in pensione, risponde au un articolo si Filippo Veltri, apparso su Riviera sera, il 2 marzo scorso, sul tema dell’ Autonomia Differenziata.

Carissimo Veltri, scusa innanzitutto se mi rivolgo dandoti del tu, ma è una vecchia concessione, ancora superstite, tra chi proviene dall’orgogliosa militanza comunista. Intervengo in quanto, pur condividendo e sostenendo la battaglia che, da tempo, Riviera conduce contro l’Autonomia Differenziata, ritrovo nel tuo articolo “Autonomia differenziata: ecco i numeri della truffa”, apparso su Riviera sera del 2 marzo scorso, dati che, se attentamente letti, non sono argomenti a sostegno di detta battaglia, ma ne inficiano, in parte, gli autentici obiettivi. Non occorre, in verità, scervellarsi tanto su dati di riferimento per dimostrare la disattenzione storica della classe dirigente del Paese verso il Sud e, in particolare, verso la Calabria. Un semplice sguardo indagatore sullo stato di salute dei servizi al Sud basta e avanza per disintegrare, anche concettualmente, il ritorno “autonomista” della Lega e del suo Ministro Calderoli. Anche se non guasterebbe alla causa ricordare gli esiti dei trascorsi attacchi leghisti al Sud. Però, la memoria corta, come ben sai, è l’altra faccia della medaglia e peccato che la smemoratezza colpisce essenzialmente gli elettori meridionali. Chi ricorda più la nomina nel 2004 dell’attuale Ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie a Commissario dei forestali calabresi? Chi ha mai chiesto il conto al Ministro Calderoli della sua “missione salvifica” in terra di Calabria dopo aver candidamente dichiarato: “Sono la persona giusta per risolvere il problema (si riferiva ai forestali calabresi– n.d.r. -) a livello strutturale … Non conosco il problema – aggiunge Calderoli – ma vengo dalle montagne e credo di avere competenza sulla materia”? – (Da “IL PICCOLO” di Trieste 14/12/2004) – Chi ha mai chiesto il conto agli elettori calabresi e ai manutengoli approdati ed eletti nel partito di Salvini, anche in Calabria, per le offese gratuite indirizzate dagli “onorevoli leghisti” a questa terra pronta, però, ad asservirsi al nordista di turno?

Ma, scusa la divagazione, veniamo al tuo articolo “Autonomia differenziata: ecco i numeri della truffa”.

A sostegno della tesi della rapina in atto nei confronti del Sud da parte della classe dirigente nazionale inserisci i dati SVIMEZ delle scuole nel Mezzogiorno che non beneficiano dei servizi mensa (In Calabria l’80%); degli alunni che accedono al Tempo Pieno (Solo il 18% degli alunni nel Sud); delle ore in meno di scuola frequentate dagli alunni del Mezzogiorno (Circa 200 ore in meno, su base annua, rispetto ai loro coetanei del Centro-Nord). Mi fermo, solo, a questi dati e li analizzo, se mi permetti, anche alla luce della lunga attività spesa nella scuola calabrese per 40 anni. I dati da te forniti sono veri e sacrosanti, ma se letti nella loro giusta dimensione più che essere di sostegno alla legittima battaglia contro l’Autonomia Differenziata rischiano di indebolirla. Il Tempo Pieno formato ridotto al lumicino (18% degli alunni nel Sud) non è colpa ascrivibile né alla classe dirigente nazionale né ai seguaci di Alberto da Giussano. È colpa esclusivamente nostra, delle classi dirigenti meridionali, calabresi in particolare, del sindacato, del corpo docente e degli stessi elettori ignavi che vivono nel Sud. Idem per quanto riguarda i servizi mensa necessari per poter garantire il Tempo Pieno e le famose 200 ore annuali in più ai nostri ragazzi.

Un po’ di storia.

L’esperienza del T.P. è maturata sperimentalmente nell’ambiente riformista tosco-emiliano negli anni ’60, si è sviluppata nel resto del Centro-Nord negli anni ‘70 ed è stata codificata con la Legge n. 820 del 24 settembre 1971. I suoi autori di riferimento, tanto per intenderci, sono stati: Raffaele La Porta, Francesco De Bartolomeis, Bruno Ciari allievi e pedagogisti influenzati dal pensiero di Ernesto Codignola.

Quando è stato introdotto il Tempo Pieno in Italia il Sud è rimasto al palo a guardare (e continua a rimanere al palo) per sua/nostra atavica miopia. I primi a boicottare il Tempo Pieno al Sud siamo stati i docenti. Eravamo noi (Mi inserisco senza colpa nella categoria) a non volerlo, perché ci faceva comodo lavorare solo di mattina e aver il pomeriggio libero. Lo hanno boicottato, senza dirlo in modo esplicito, i Sindacati i quali, per non perdere consenso tra gli iscritti (Dimostrazione lampante della valanga di boicottatori nelle file del personale scolastico) non hanno mai operato una battaglia sincera e convinta su questo terreno di civiltà.

Le mense scolastiche (presupposto per avere il Tempo Pieno) non le hanno fornite e non le forniscono, come Dio comanda, gli Enti Locali, perché non sufficientemente sensibilizzati dalle stesse scuole dimostratesi complici del boicottaggio di cui sopra.

La vera Scuola a Tempo Pieno (non quella mezza vera o mezza falsa in vigore, oggi, nelle nostre aule) e le mense scolastiche non le hanno volute e non le vogliono, di fatto, le classi dirigenti meridionali e calabresi, in particolare, perché basterebbe prevedere per la concessione dei relativi contributi ai Comuni da parte della Regione, come modestamente suggeriamo da tempo come sodalizio “I Care!”, l’obbligo della stipula di contratti triennali di fornitura dei servizi mensa dal primo all’ultimo giorno di scuola, per avere un servizio in linea con le altre aree del Paese.

Nel momento in cui si avvia la formazione degli organici (siamo attualmente in tema), invece, cosa avviene? Laddove il Tempo Pieno viene richiesto, il Dirigente Scolastico allega alla pratica una semplice deliberazione di impegno generico da parte dell’Ente Locale il quale, come si può constatare andando di persona nelle singole scuole, si appropria, di fatto, della facoltà di avviare il Tempo Pieno a piacimento non rispettando, quasi mai, il vincolo temporale di inizio/termine delle lezioni (Per la Scuola Primaria almeno 200 giorni, per la Scuola dell’Infanzia fino al 30 giugno) e scoraggiando conseguentemente le famiglie ad aderirvi.

Conosco già alcune scuse che vengono accampate dagli Enti Locali e dai boicottatori di giornata: dobbiamo servire molte famiglie a basso reddito e siamo alle prese con la povertà dei bilanci comunali. Balle! Andate a vedere quanto spendono gli Enti Locali per feste e festini natalizi, pasquali ed estivi e rapportate dette spese a quanto inseriscono in bilancio per le mense scolastiche! Briciole a confronto.

La povertà delle famiglie meno agiate esiste e nessuno lo nega. Ma, invece, di dissipare danaro pubblico (Vedi, di recente, la storia dei bonus pattini, vacanze, musica, concerti e chi ne ha più ne metta – discorso diretto allo Stato -) si attui una politica del welfare di prossimità coscienziosa e si badi alla serietà e alla concretezza e non al fumo negli occhi! Le famiglie povere hanno bisogno di servizi formativi e di crescita per i loro figli non di distrattori di massa! Le famiglie povere, quindi, hanno bisogno di servizi mensa, di libri, di più tempo scuola e non di progetti a go go tipo quelli che si stanno scorgendo, anche, con l’avvio del Pnrr nelle istituzioni scolastiche. Puntiamo a introdurre il Tempo Pieno diffuso come da linee guida europee, a costruire scuole a misure di bambini e non per accalappia progetti e vedrete che sono più che sufficienti gli stessi interventi messi, finora, a disposizione, anche, del Sud. Si parla di mettere in linea il Paese mediante la fissazione di LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Giusto! Ma in Parlamento i deputati meridionali abbiano il coraggio di proporre l’introduzione dell’obbligo del Tempo Pieno, per lo meno dall’Infanzia alla Scuola Media, su tutto il territorio nazionale. Avremmo, da subito, stesse opportunità da Nord a Sud attingendo a risorse già disponibili (vedi FIS e progetti contro la dispersione scolastica) e focalizzandole solo ed esclusivamente per assicurare più tempo scuola e basta.

Ricordo che, finora, le risorse destinate alle scuole progettifici hanno impinguato esclusivamente i bilanci degli acchiappa attività e non hanno smosso di un centimetro né la dispersione esplicita né quella implicita (Drammatico il numero di ragazzi che completa un ciclo di studi senza aver raggiunto gli obiettivi minimi formativi). PON/POR dovrebbero insegnarci qualcosa!

Si passi, infine, dalle parole ai fatti ad iniziare dalla scelta nazionale di una retribuzione dignitosa del personale della scuola senza, però, nulla concedere al lassismo e al fasciar fare degli scansafatiche. Mi rendo conto, comunque, che ci vorrebbe coraggio, ma non quello di Don Abbondio in voga nella classe politica del Paese.

C’è un fenomeno distorsivo in tutto questo discorso del Tempo Pieno al Sud e, in Calabria in particolare, che non viene evidenziato né dagli addetti ai lavori, né dal sindacato e tantomeno dall’informazione.

Oggi, ad Autonomia Differenziata ancora alle porte, lo Stato Centrale (il tanto vituperato Stato assente) alle Scuole nelle quali viene richiesto il Tempo Pieno (semplicemente richiesto, come abbiamo sopra descritto) assegna da subito (fin dall’inizio dell’anno scolastico) l’organico maggiorato per il tempo scuola a 40 ore (il doppio di insegnanti nelle Sezioni della Scuola dell’Infanzia a Tempo Normale e nelle Classi a Tempo Pieno della Primaria), per cui laddove è attualmente in funzione, per via dei ritardi nell’avvio del servizio mensa, per un ampio periodo dell’anno, gli alunni non godono delle 40 h settimanali, ma solo delle 30 h antimeridiane che nell’Infanzia diventano 25 h, con evidente danno all’erario, ma, soprattutto, con palese sottrazione di ore di lezione agli alunni. Ecco il motivo per cui lo SVIMEZ, pur in costanza di Tempo Pieno, anche se al 18%, rileva le famose 200 ore in meno svolte dalle scuole del Sud rispetto a quelle del Centro-Nord!

Carissimo Veltri, come vedi, “parole e ulteriori commenti” servono. Se non altro per condurre battaglie non inficiate da dati mancanti.

Vito Pirruccio

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