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domenica, Settembre 22, 2024
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Peppino Bruzzese, una bandiera nella lotta per il cambiamento

Il nostro Ilario ricorda la figura di Bruzzese come “Un intellettuale gramsciano impegnato a cambiare il mondo partendo dalla realtà. Un uomo di studio, un dirigente scolastico e, contemporaneamente, un uomo delle piazze e delle strade, delle manifestazioni e degli scioperi, dell’impegno nelle istituzioni e della militanza costante nelle file del Partito Comunista.”

Peppino Bruzzese ha sempre rivendicato con orgoglio le sue origini contadine e il suo apprendistato di artigiano.

Un piccolo mondo che ha amato senza però mitizzarlo avendo compreso sin da giovane le ingiustizie, l’ignoranza, le disuguaglianze, la superstizione che erano presenti nei nostri paesi nel secolo scorso.

Ebbe la capacità di trasformare la naturale voglia di riscatto individuale in un impegno costante per cambiare la società.

E di questa lotta per il cambiamento fu una bandiera.

Certamente tra le più alte.

Cercò il riscatto sui libri che poi divennero “sapere” e tuttavia comprese che il mondo che lo circondava non gli chiedeva di chiudersi in una biblioteca ma di accompagnare lo studio alla lotta.

Il sapere all’impegno.

Fu un uomo di studio, un dirigente scolastico e, contemporaneamente, un uomo delle piazze e delle strade, delle manifestazioni e degli scioperi, dell’impegno nelle istituzioni e della militanza costante nelle file del Partito Comunista.

Un intellettuale gramsciano impegnato a cambiare il mondo partendo dalla realtà.

Non fu solo.

Ma fu certamente tra i più lucidi dirigenti provinciali del partito comunista italiano e dell’intera Sinistra.

Aveva il senso del divenire e fu aperto ai cambiamenti radicali che interessarono il PCI.

L’ho conosciuto tanti ma tanti anni fa in un mondo che non c’è più, in una “piazza vociante” che da tempo è muta.

Ho subito apprezzato la sua ironia che si accompagnava sempre alla autoironia. Il senso del limite. La passione e la serietà nell’impegno. Il suo rifuggire da ogni forma di fanatismo è di integralismo.

Fummo “compagni” ma poi diventammo amici.

Una amicizia che, in 60 anni, non è mai entrata in crisi. Nel momento della sua morte mille immagini mi passano nella mente.

Lo vedo nelle manifestazioni di Reggio ai tempi del “Boia chi molla.” o tra i banchi del consiglio provinciale dove sedevamo l’uno a fianco all’ altro.

Lo vedo sui nostri calanchi ad organizzare le manifestazioni contadine. Lo sento chiedere la costruzione della diga sul Lordo.  E lo vedo ancora vicino ad Ingrao e a Ciccio Modafferi a ricordare Rocco Gatto.

Mi fermo. Troppo doloroso ricordare.

Troppo crudele è la morte.

Troppo ingrata la sorte.

Sono certo però che l’eco della sua voce si sentirà ancora per molto tempo in tutta la Locride ed oltre. Una scintilla della sua viva intelligenza sarà presente ovunque, nei nostri paesi, ci saranno persone che si si riuniranno per chiedere un mondo più giusto e più umano e senza guerre.

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