Filippo Veltri riflette e commenta l’attuale situazione del Partito Democratico italiano, passando in rassegna ideologie, leader e alleanze.
“Verso la leader del Pd, trasuda un insopportabile paternalismo”. Elly è descritta come una ragazza un po’ avventata, che sta deturpando l’immagine del partito, allontanandolo sempre più dai sacri lidi di una “responsabile” forza di governo. Non è poi ben chiaro cosa vorrebbe che facesse, Elly Schlein, per accontentare i loro desiderata: sta cercando, il PD, di trovare intese programmatiche tra le opposizioni? Sì, ma… le “distanze” restano “siderali” … Conte è inaffidabile, Calenda va per i fatti suoi (per non parlare di Renzi, che sta approdando oramai ad altre sponde)’’.
Così alcuni giorni fa uno dei maggiori politologi italiani Antonio Floridia (a proposito: verrà in Calabria tra un mesetto, non perdetevelo) ha preso il toro dalle corna ed è andato giù pesante in una discussione dentro e fuori il PD che non accenna a placarsi. Gli stereotipi impazzano, i luoghi comuni si diffondono, come la questione del partito e il problema delle alleanze, fino allo stesso modo di esprimersi da parte della segretaria!
Lasciamo la parola a Floridia. Primo: cosa fa e cos’è il PD. La narrazione dominante racconta che il “partito” ha votato per Bonaccini, ergo la nuova segretaria dovrebbe tenerne conto, “ascoltare” i mugugni, magari starsene zitta e buona, pena l’implosione del partito o la “fuga” dei riformisti…Ma di quale “partito” stiamo parlando? Forse è giunto il momento di fare un po’ di chiarezza. A partire da un dato: la Commissione (inter-correntizia) che ha avuto il compito di presidiare il percorso congressuale ha reso noto solo i risultati finali aggregati nazionali sia del voto degli iscritti sia del voto alle primarie: non ha pubblicato nulla di ufficiale sull’esito di questi voti nelle varie federazioni locali e regionali. Chi scrive è entrato in possesso, per via informale, di questi dati: li ho utilizzati solo in parte, in alcuni articoli, aspettando i dati ufficiali per fare delle analisi più compiute. Ma è stata un’attesa vana. Si potrebbero fare molte scoperte interessanti: per es., che a Foggia hanno votato più iscritti che a Modena, e a Potenza più che a Milano. E che, naturalmente, a Foggia e Potenza i votanti alle primarie sono stati poi circa tre volte superiori ai votanti tra gli iscritti, mentre a Modena e Milano, cinque volte di più (e con un peso demografico, ovviamente, molto più alto). E allora, si può dire quale sia il “vero” partito? Chi sono i “non-iscritti” che hanno determinato la vittoria di Elly Schlein? In grandissima parte, come hanno mostrato le prime indagini, ex-iscritti ed ex-elettori del Pd: del resto, basta guardare i dati per capire come l’Italia, per così dire, sia straripante di “ex” del Pd: milioni di elettori e centinaia di migliaia di iscritti persi per strada dal 2013 al 2022’’.
E allora, il silenzio ufficiale su questi dati ha una sola plausibile spiegazione: sarebbero stati piuttosto imbarazzanti, e forse avrebbero smentito la chiacchiera politico-giornalistica montante su una segretaria che “non” rappresenta il partito; o quanto meno, avrebbero fatto sorgere qualche interrogativo sulla vistosa “meridionalizzazione” degli iscritti (oltre il 40% dei 150 mila iscritti che hanno votato nei circoli si concentra da Roma in giù e nelle isole) e su come si sia trasformato, nel corso degli anni, il “corpo” di questo partito.
Secondo esempio: la famigerata “vocazione maggioritaria”, che tanti guai è costata al Pd sin dalla sua fondazione e che comunque è una formula oramai vuota, che nel migliore dei casi esprime solo una banalità, ossia l’”aspirazione” di ogni partito a rappresentare una “maggioranza” o che esso debba idealmente rivolgersi all’intero Paese. Come ottenere questo, è il vero problema. Anche qui Floridia e’ nettissimo: significa forse avere un profilo programmatico “moderato”, che parli ai famosi “ceti medi”? Altro luogo comune: ma si hanno presente i dati (ad esempio, di Ipsos) sulla composizione socio-demografica dell’elettorato del Pd? Il Pd è già il primo partito tra imprenditori, dirigenti, professionisti. Sono ben altre le fasce sociali che mancano all’appello: lavoro dipendente a basso reddito, lavoro autonomo, lavoro formalmente autonomo ma in realtà subordinato, giovani che non lavorano e non studiano, lavoratori precari, specie al Sud.
Floridia è chiaro: ‘’…credo che l’unica via sia quella di aprire davvero la discussione a tutto il partito, e soprattutto all’esterno, verso quegli elettori che magari hanno votato alle primarie ma non trovano canali e strumenti per partecipare alla vita di un partito che, oramai, è congenitamente incapace di discutere e dove i gruppi dirigenti periferici sono per lo più dediti a definire i propri equilibri di potere. Non sarebbe semplice, ma non vedo come altrimenti si possa giungere a definire una nuova visione del Paese, e del mondo, e chiarirsi finalmente le idee su cosa deve essere questo partito. Le energie politiche e intellettuali per questa impresa ci sarebbero: si tratta di metterle in movimento. Ma se non fa questo, a cosa serve un partito?’’.