I calabresi vogliono essere “parlati”, diceva esplicitamente Corrado Alvaro, a significare il riconoscimento della dignità ad essere trattati da uguali fra gli uguali, non messi tra parantesi, non ignorati, non comandati. Il lemma dell’intellettuale di San Luca è stato ripreso e citato, fatto proprio, numerose volte da commentatori di casa nostra in corrispondenza dell’insorgere di qualche ricorrenza che quotidianamente chiama in causa la questione calabrese, interna alla questione meridionale ma non coincidente con essa.
Uno dei tasti su cui si batte, insistentemente, per mettere in evidenza caratteri e peculiarità dei calabresi è quello secondo il quale ai calabresi bisogna parlare.
I calabresi vogliono essere parlati’, diceva esplicitamente Corrado Alvaro, a significare il riconoscimento della dignità ad essere trattati da uguali fra gli uguali, non messi tra parantesi, non ignorati, non comandati. Ma pure e, forse in termini più pregnanti, a sollecitare una manifestazione di cittadinanza attiva resa consapevole e condivisa dal resto della comunità per quanto riguarda l’essere cittadini del mondo e non sudditi.
Il lemma dell’intellettuale di San Luca è stato ripreso e citato, fatto proprio, numerose volte da commentatori di casa nostra in corrispondenza dell’insorgere di qualche ricorrenza che quotidianamente chiama in causa la questione calabrese, interna alla questione meridionale ma non coincidente con essa, a volte distorcendone il senso originale, spesso per giustificare o solo motivare ritardi e inadempienze, quasi come se quest’ultimi fossero stimmate lombrosionamente genetiche.
Un lemma che si accompagna e va di pari passo con l’altro, secondo il quale le condizioni in cui versa la nostra regione discenderebbero in misura prevalente rispetto a tutte le altre da come se ne parla, dei calabresi e della Calabria in generale. Qui, a tal proposito, subentrano due sottoinsiemi, almeno, di fattispecie: il primo è quello delle bellezze e della importanza storica della nostra terra, naturali, costruite, culturali, archeologiche. Il secondo se la prende con ‘quelli del Nord’ che non perdono occasione per buttare discredito e malevolenza su di noi, coadiuvati in questo da un morbido e tutto sommato complice atteggiamento di ‘traditori’ di casa nostra, che non alzerebbero la voce per niente per respingere al mittente maldicenze e contumelie.
A me pare che un punto di equilibrio, uno scenario di chiarezza occorrerebbe individuarlo in questa querelle. Sarebbe opportuno, soprattutto quando sta entrando nel vivo la sfida sul campo della raccolta delle firme per il ddl di iniziativa popolare proposto da Massimo Villone per opporsi alle scelleratezze leghiste sul regionalismo asimmetrico. Un’ iniziativa politica, infatti, un atto istituzionale, ancor più esplica virtuosamente le proprie potenzialità se sono accompagnati dall’evidenziazione di luci e ombre, vizi e virtù, non oso dire ‘verità’.
E ce ne sono, delle une e degli altri, soprattutto a guardare le miriadi di iniziative micro e medio imprenditoriali che si fanno avanti quotidianamente, l’utilizzazione accorta di risorse da parte di soggetti soprattutto privati, l’affermarsi di giovani sfornati dalle nostre università, insieme allo scempio costante del territorio, di servizi da quarto mondo, sprechi e assenza di visione. In Prova d’Orchestra Federico Fellini rendeva esplicita la metafora: tanti bravi musicisti non fanno una sinfonia, se manca il direttore che sappia valorizzare qualità ed esaltare il valore dello stare insieme e d’altronde è bastevole un solo strumento scordato a vanificare il lavoro degli altri.
Parliamo, dunque, ai calabresi e badiamo a come ne parliamo agli altri, magari riprendendo belle vecchie abitudini del tempo che fu. Dei robusti reportage giornalistici che facciano parlare gli attori: le coraggiose realtà di successo nella componentistica meccanica nell’aria industriale di Pianolago alle porte di Cosenza, per esempio, o nell’intero distretto agroalimentare silano.
Per quanto riguarda il turismo ne parliamo un’altra volta, le infrastrutture materiali e immateriali pure, alla fine tratteremo delle classi dirigenti, politiche e non.
Massimo Veltri