Sabato 9 novembre, presso il santuario diocesano della Vergine Immacolata Nostra Signora dello Scoglio, è stata celebrata la Giornata diocesana di preghiera per la cura del creato. Per l’occasione, il vescovo Sua Eccellenza Monsignor Francesco Oliva, ha indirizzato a tutta la comunità diocesana un importante messaggio.
Nel primo pomeriggio, vi è stata l’evangelizzazione di fratel Cosimo, fondatore di questa rinomata opera mariana. Una catechesi molto apprezzata dal vescovo, che ha espresso, pubblicamente, il proprio compiacimento e quello della Chiesa, a partire dal Santo Padre, per l’opera evangelizzatrice e di ascolto, che Fratel Cosimo porta avanti da oltre mezzo secolo. Poi, vi è stata la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo e animata dal coro della parrocchia di San Giorgio martire e San Biagio vescovo, diretto dal maestro Luigi Stillitano. Al termine della messa, Fratel Cosimo ha elevato una preghiera di intercessione per la guarigione dei malati e dei sofferenti. Al momento dell’offertorio, il Sindaco di Placanica, Antonio Condemi e quello di Caccuri, Luigi Quintieri, che ha consacrato il proprio comune alla Madonna dello Scoglio, hanno portato il pane e il vino, mentre il comandante regionale del Corpo Militare Volontario della Croce Rossa, capitano Silvestro Passarelli, e il vice comandante, tenente Mario Arestia, hanno consegnato una pianta d’ulivo. Tale pianta è stata donata al santuario, così come tante altre, e verranno utilizzate per essere impiantate nelle zone devastate dagli incendi dolosi, nel territorio circostante. Una chiara e positiva risposta alle azioni criminali che devastano l’ambiente e il Creato.
Nella propria evangelizzazione, Fratel Cosimo, ha detto: “Un saluto di pace e di ogni bene rivolgo a tutti voi pellegrini giunti in questo Santuario per venerare la Santa Vergine Immacolata Nostra Signora dello Scoglio. Lei ha voluto scegliere questo misero lembo di terra per richiamare i suoi figli alla preghiera, alla conversione e al pentimento dei loro peccati. E il motivo non è altro se non quello di volerci condurre a Gesù Cristo suo Figlio, vita e verità e unica via di salvezza per ogni uomo e per ogni donna. Oggi, come sapete, celebriamo la giornata diocesana di preghiera per la tutela e la cura di tutta la creazione, la quale soffre e geme a causa del comportamento egoistico e malvagio dell’uomo. L’incontro odierno di questo sabato ci richiama non solo alla salvaguardia del creato ma anche e soprattutto alla partecipazione attenta della Celebrazione Eucaristica e all’ascolto della Parola del Signore. E a proposito, richiamo la vostra attenzione sul Vangelo di Marco capitolo 12, a partire dal versetto 41 fino al versetto 44. I versetti che ho appena citato ci dicono: “Gesù nel Tempio, seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una vedova povera, vi gettò due monetine che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Cari fratelli e sorelle, le parole del Vangelo di Marco che ora abbiamo ascoltato, ci descrivono l’atteggiamento di Gesù, seduto nel Tempio di fronte alla cassa delle offerte, il quale osservava come la folla passando vi gettava delle monete. Ad un certo punto arriva una povera vedova, la quale si avvicina alla cassa delle offerte con il suo piccolo obolo, cioè con i pochi centesimi che le rimanevano per vivere. Tale gesto attira l’attenzione di Gesù e allo stesso tempo tocca il suo cuore, sicché rivolgendosi ai suoi discepoli commenta quello che ha visto, come per dire: Vedete, osservate il contrasto tra i farisei, che nel nome della religione divorano le case delle vedove per arricchirsi, e questa povera vedova che offre, per amore spontaneo al Signore, tutto quanto essa possiede. Quell’offerta, possiamo dire straordinaria, cioè tutto ciò che essa possedeva, se vogliamo voleva esprimere non solo l’affetto per Gesù e per la sua casa, che era il Tempio, ma voleva dire anche la totale fiducia che essa aveva messo nel Signore di provvedere ai suoi bisogni materiali. Gesù, a questo punto, fece notare una cosa molto importante, e cioè, che a differenza di tanti ricchi che mettevano molte monete, una povera vedova sconosciuta offrì solo due spiccioli, del valore minimo di un soldo.
Ed ecco che Gesù, dopo aver osservato tutto, marca bene queste parole: “In verità io vi dico: questa vedova così povera, ha gettato nel tesoro del Tempio più di tutti gli altri”. Il motivo dunque, che attirò l’attenzione di Gesù nei riguardi della povera vedova, quale poteva essere? Non era altro, secondo il mio parere, se non quello che, mentre i ricchi avevano offerto del loro superfluo, la donna nella sua estrema povertà aveva dato tutto, cioè il massimo, tutto quanto aveva per vivere. Essa, nel dare tutto quello che aveva, nella certezza della sua fede, era sicura che il Signore avrebbe provveduto a tutte le sue necessità. A questo punto intendo fare una considerazione: Ogni volta che leggo il passo del Vangelo di Marco che parla dell’atto di fede che fece la povera vedova, nel dare tutto quanto aveva per vivere, mi viene da pensare se questa povera donna fosse vissuta al tempo d’oggi e avesse fatto quel gesto di dare tutto per il Signore, forse qualcuno, o più di uno, in questo tempo di poca fede nella provvidenza divina, l’avrebbe pure criticata, per non aver avuto il buon senso di pensare per il domani. Ma questo, se vogliamo, sarebbe il contrario di quel che dice Gesù nel Vangelo di Matteo capitolo 6 versetto 34: “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena”. Miei cari fratelli e sorelle, vogliamo dunque prendere anche noi esempio dalla povera vedova, e avere la stessa fiducia che ebbe lei nel Signore, e se qualche volta ci sentiamo di fare qualche opera buona di misericordia corporale, ossia se diamo al povero bisognoso, oppure se diamo qualche offerta per qualsiasi opera di Dio, facciamolo con sincerità di cuore verso il Signore, con la stessa sincerità della vedova povera; non facciamolo mai per l’apparenza del mondo, cioè per essere visti e ammirati dagli uomini, come facevano i farisei, perché dice la Parola di Dio nel Primo Libro di Samuele al capitolo 16 versetto 7: “L’uomo guarda l’apparenza ma il Signore guarda il cuore”. Quindi, quando diamo qualsiasi cosa, facciamolo non con tristezza né per forza, perché Dio ama e benedice chi dona con gioia. La Vergine Santissima Immacolata, Nostra Signora dello Scoglio, esempio di fede, di ascolto e di ogni virtù, guidi i nostri passi sulla via della pace e apra i nostri cuori, affinché ciascuno di noi sia docile all’insegnamento del messaggio evangelico che abbiamo ascoltato, per confidare sempre in Dio, avere la stessa fede che ebbe la povera vedova, e ottenere abbondanti frutti per il Regno dei Cieli. Dite Amen. Dio vi benedica e sia lodato Gesù Cristo. “ Il vescovo Oliva, invece, nella propria omelia, dopo avere elogiato l’impegno e la testimonianza cristiana di Fratel Cosimo, evidenziando l’importanza della sua evangelizzazione, ha parlato del proprio messaggio, che riportiamo qui di seguito: “Sabato 9 novembre 2024 si celebra la Giornata diocesana di Preghiera per la Cura del Creato. Papa Francesco nel suo messaggio “Spera e agisci con il creato”, indirizzato in occasione della Giornata Mondiale del 1° settembre, invita a riflettere sulla cura del creato. Un richiamo tanto necessario in un tempo in cui l’uomo sembra poter dominare il mondo senza limiti, contando su una tecnologia sempre più sofisticata. Il potere dell’uomo è aumentato enormemente in pochi decenni. Sono stati compiuti progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci si rende conto dei gravi rischi che incombono sulla vita di molti esseri e sulla nostra stessa sopravvivenza (Laudate Deum, 28). Il potere incontrollato genera mostri e si ritorce contro stessa umanità. In questo contesto, ci chiediamo: cosa vuol dire sperare e agire con il creato? Vuol dire anzitutto riconoscere la stretta connessione esistente tra l’uomo e il creato: da essa dipende il futuro e la vita.
L’uomo, creato da Dio, è posto in un giardino da abitare e condividere, da custodire e curare. Immerso nel creato e grazie ad esso, è chiamato a prendersene cura, ad esserne custode e non a comportarsi da padrone. Le sorti del creato ci coinvolgono e alimentano la nostra speranza. Purtroppo, troppo spesso, il creato è maltrattato: sono tante le ingiustizie, le guerre fratricide che fanno morire i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente e devastano la madre terra. Aumentano sempre più fenomeni estremi attribuiti alla crisi climatica. Ma chi ha provocato o quantomeno contribuito a questa crisi? Non potrebbero esserci dietro tanti abusi e comportamenti violenti dell’uomo? La crisi climatica che sta mettendo in ginocchio l’umanità intera è una chiara drammatica provocazione alla nostra umanità. Quando il Creato soffre, anche noi soffriamo; quando tra gli uomini c’è disarmonia, soffre l’intera creazione. Come afferma San Paolo, “tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi» (Rm 8,22), geme e anela “impazientemente” sino a quando non viene superata la condizione presente. È un tempo, il nostro, che richiama alla responsabilità del vivere ed abitare la casa comune. Un tempo che necessita della conversione di tanti stili di vita, che provocano il degrado dell’ambiente. Questa conversione esige l’urgenza di “vincere l’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura – ridotta a oggetto da manipolare –, passando all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del creato”. Tutto questo è necessario com’è necessario che l’uomo non dimentichi il suo compito di custode del creato. Come afferma Papa Francesco nel suo messaggio, «un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso» (Laudate Deum, 73). Rinnova il peccato originario di superbia, quello di Adamo, che ha distrutto le relazioni umane fondamentali: quella con Dio, con sé stesso e gli altri esseri umani e quella con il cosmo. E pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria, che solo l’amore può vincere. Solo l’amore è capace di redimere l’uomo ed il mondo intero. È vero quanto affermato Benedetto XVI: «Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore» (Lett. enc. Spe salvi, 26), l’amore di Dio, da cui niente e nessuno potrà mai separarci (cfr Rm 8,38-39). Sperare e agire con il creato significa allora unire le forze, camminando insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, ma anche “«ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti”. Per il credente è vivere una fede incarnata, che sappia entrare “nella carne sofferente e speranzosa della gente” di oggi come anche nelle ferite della natura provocate dall’uomo stesso.
È questa la fede che riaccende la speranza, generando opere nuove per il bene di tutto il creato. La comunità credente non può restare indifferente di fronte ai tanti problemi che mettono a rischio il futuro dell’umanità. Alla preghiera deve unire comportamenti di cura e di custodia. Con lo sguardo rivolto al cielo, sempre attenta alle proprie responsabilità nei confronti della casa comune.”