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mercoledì, Dicembre 18, 2024
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Natale Bianchi, il professore censurato per un NO

Se oggi scrivo queste poche righe è perché trovo ingiusto che una bella e difficile “storia” venga rimossa dalla coscienza collettiva. Cinquant’anni fa durante la riunione del collegio docenti, la preside ammonisce i docenti a non accettare in classe le ragazze prive di grembiule. Tutti in silenzio tranne il professore di religione che ha il coraggio di dire “No”…

 Ho letto qualche giorno fa, l’avventura di Natale Bianchi “caduto” per terra, mentre difendeva il diritto di tutti di poter passeggiare in pace e senza paura delle bombe-carta, che in questo periodo dell’anno non danno tregua. Credo che abbia voluto sollevare un problema non contro i ragazzi, ma contro un costume.

Comunque l’ho subito riconosciuto: era Lui!

Quello di sempre.

Il vecchio cavaliere errante che continua la sua cavalcata.

Ho fatto un salto indietro nel tempo. E se oggi scrivo queste poche righe è perché trovo ingiusto che una bella e difficile “storia” venga rimossa dalla coscienza collettiva.

Cinquant’anni fa durante la riunione del collegio docenti, la preside notoriamente autoritaria e di destra (le parole “destra” e “sinistra” allora avevano un intenso sapore) ammonisce i docenti a non accettare in classe le ragazze prive di grembiule: “per impedire che si notino le differenze sociali”. Nella sala delle riunioni cala un silenzio gelido.

Un silenzio interrotto dal professore di religione che motiva il suo netto “no” alla crociata per il grembiule obbligatorio con parole chiare: “Il grembiule, al massimo, può nascondere le differenze di classe, ma non annullarle come, invece, sarebbe necessario fare”. Il professore era Natale Bianchi.

Per il suo “no” venne ufficialmente censurato.

Era il parroco di San Rocco, un giovane di Varese che era stato missionario in India. Accettai di trasferirmi nel suo istituto a rappresentare la CGIL Scuola.

Lo scontro, non è stato più sul “grembiule” ma tra mondi contrapposti, ed infatti coinvolgemmo nella nostra lotta il 90% del personale docente, tutti gli ausiliari e il personale di segreteria, gran parte dei genitori.

Quasi tutti aderirono allo sciopero da noi indetto per la libertà e la democrazia all’interno della scuola.

E anche all’esterno, infatti quando la tv annunciò la strage di Brescia incrociammo le braccia contro la violenza. Credo sia stata l’unica scuola in tutta Italia ad aver agito con tanta prontezza.

Ma la scuola non era la società.

Il Vescovo di Locri, Don Stilo, pezzi importanti della classe dirigente della Locride si schierarono contro ed a pagare più di tutti fu Natale Bianchi. Gli fu revocato l’insegnamento, mentre il vescovo lo sospese “a divinis” dalla Chiesa. Sospeso per le sue idee!

Indimenticabile la dignità e la compostezza che Natale seppe dimostrare in quella occasione.

Si voleva creare il vuoto intorno a lui. Si rispose con una fiaccolata di un migliaio di persone a Locri, a cui partecipò il sindaco di Gioiosa, Ciccio Modafferi, il sui vice Ciccio Logozzo, la numerosa comunità di San Rocco, una delegazione dell’Isolotto di Firenze di don Mazzi, la comunità di base di “San Paolo fuori dalle mura” guidata da don Franzoni.

Era una Locride creativa, bella e colorata.

Poi vennero le lotte per l’uccisione di Rocco Gatto, il mugnaio comunista di Gioiosa, ammazzato dalla mafia e quindi quelle per l’occupazione e poi altre e altre ancora.

Qualche anno fa, il presidente della Repubblica venne a Locri per partecipare al raduno annuale di Libera.

Nella notte precedente, qualcuno scrisse sui muri di Locri “meno sbirri più lavoro”.

Non era una scritta contro i poliziotti, non si voleva mancare di rispetto al Presidente o ai partecipanti alla manifestazione.

Era un fermo no dall’ipocrisia di Stato.

Era un deciso “No” alla volontà di trasformare un dramma collettivo qual è la ‘ndrangheta in un format utile per la carriera di pochi e per dare un alibi per i ritardi storici delle classi dirigenti.

Non lo dico per omertà, ma non so davvero chi ha scritto quella frase, ma so che sostanzialmente la condivido così come ho condiviso, 50 anni fa, la frase contro il grembiule obbligatorio.

Natale Bianchi, forse, non c’entra nulla ma se, nel caso del tutto ipotetico, fosse stato lui l’ispiratore e l’artefice della frase incriminata non mi sorprenderei più di tanto.

In fondo i cavalieri erranti quando non cavalcano più nelle loro verdi praterie, non sopportano di restare in questo mondo.

 

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