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Nascondono i morti e i misfatti: naufragi di Cutro e Roccella Jonica

Due tragici naufragi hanno interessato la Calabria Jonica, a Cutro il 26 febbraio 2023, a Roccella il 17 giugno 2024. Nei giorni successivi le notizie sul naufragio di Roccella sono scomparse dai grandi media. I giornalisti hanno trovato enormi difficoltà ad avere notizie ostacolati in vari modi nel parlare con i profughi salvati, spesso spostati in posti diversi, lontano da Roccella; lo stesso per i morti recuperati in mare e portati direttamente in altri porti, fatti sbarcare di notte, lontano da occhi indiscreti.Francesco Martino

Due tragici naufragi hanno interessato la Calabria Jonica, a Cutro il 26 febbraio 2023, a Roccella il 17 giugno 2024. Il 26 febbraio a Riace, era prevista una manifestazione a favore di Mimmo Lucano, allora sotto processo in appello, per le affamanti accuse sulla gestione dei fondi per i migranti, poi assolto l’undici ottobre. Quella mattina sulla piazzetta Donna Rosa, appena giunta la notizia, lo scoramento ha lasciato ammutoliti tutti i presenti, poi si è deciso di continuare l’incontro, anche perché alcuni erano arrivati anche da fuori della Calabria. Cutro è diventato il simbolo della disumanità del Governo, era chiaro allora ed è ancora più chiaro che a Roma avessero deciso di lasciare al suo destino quel barcone di disperati in balia alla tempesta nel mare, malgrado fossero arrivati informazioni della sua presenza nel mare, prima del naufragio. A Cutro, i residenti appena scoperti i resti del barcone hanno fatto l’impossibile per salvare i vivi e recuperare i morti.

Il governo attuale, che sulla questione migranti, raccoglie una parte della sua fortuna elettorale e che anche su questo è andato alla guida del paese, non sembra avere qualche dubbio che questi disperati fuggono da crisi, guerre, desolazione, fame e torture per gli oppositori ai governi di quei paesi. Anche per il naufragio di Roccella, sta emergendo che una barca francese, avesse avvisato in tempo che ci fossero dei migranti aggrappati a un barcone semi affondato. Il 22 giugno di quest’anno, appena il tempo di organizzare un’ iniziativa, da parte del Sindaco di Roccella Jonica, Vittorio Zito e dalla Caritas della Diocesi della Locride, si è svolta una manifestazione, alla quale hanno partecipato centinaia di persone, qualche Sindaco della zona, qualche politico, varie associazioni. Dopo la cerimonia religiosa e gli interventi sul luogo dell’appuntamento, tra cui quella del Vescovo Cattolico di Locri, del Metropolita della Chiesa Greco-ortodossa di Bivongi, e dell’Imam Musulmano, si è svolto un corteo silenzioso, che si è concluso all’interno del porto, con altri interventi e con un toccante intervento del Sindaco di Roccella.

Parlando ai manifestanti, si è rivolto a Larin, una ragazzina curda, che ha perso i genitori e il fratellino, annegati, salvata da Ismail, un ragazzo siriano, che la ha preso sulle sue spalle e la ha salvata, fino all’arrivo dei soccorritori. Ha spiegato in modo chiaro, perché tante famiglie, pagano cifre enormi, sapendo che rischiano di finire sotto il mare. Sperano in un mondo migliore per i loro figli, nel ricco Occidente, che li respinge e non li accoglie, preferendo esternalizzare la questione migranti, lasciandoli nei lager libici, o trasferendoli in altri paesi, come l’Albania, per decidere la loro sorte. Nei giorni successivi le notizie sul naufragio di Roccella sono scomparse dai grandi media. I giornalisti sul posto hanno trovato enormi difficoltà ad avere notizie, ostacolati in vari modi nel parlare con i profughi salvati, spesso spostati in posti diversi, lontano da Roccella; lo stesso per i morti recuperati in mare e portati direttamente in altri porti, fatti sbarcare di notte, lontano da occhi indiscreti.

La stessa tattica usata con le navi delle ONG, che cercano di salvare i naufraghi, e che sono obbligati a cercare un porto sicuro, distante anche giorni dal luogo di salvataggio, dopo lunghi viaggi in mare e rischi di annegare. Per non parlare degli inciampi burocratici, che le strutture preposte ad autorizzarle a poter navigare frappongono, come il divieto assurdo di salvare altri naufraghi trovati in mare, durante la navigazione verso il porto assegnato, se non appositamente autorizzati, altrimenti multano e bloccano le imbarcazioni di salvataggio a terra per mesi. Una donna iraniana Marjan Jamali, con figlio piccolo affidato a una struttura di Camini, salvata nel naufragio di Roccella, è stata arrestata per sette mesi, prima di essere liberata e poter riabbracciare il bambino, è sotto processo a Locri per difendersi dall’accusa di essere una scafista.

L’altro giorno a Locri è continuato il dibattito, ascoltando un dirigente delle forze dell’ordine, presente al momento dell’arrivo a Roccella, in cui si è assistito dalla lettura dei verbali letti, più che altro a supposizioni, basate su dichiarazioni di testimoni irreperibili, indizi insufficienti, o valutazioni personali sul comportamento dell’inquisita, da parte di una dipendente di un’associazione di assistenza. Le prossime udienze del processo, si svolgeranno tra dicembre e febbraio, in attesa che la sentenza la assolva di un reato che non ha commesso ed il figlio possa dormire tranquillo, senza la paura che la madre lo possa abbandonare ancora. Ad agosto lo Yacht Bayesan, di uno straricco, fermo nel porto di Palermo, causa una tromba d’aria, è affondato, si è fatto di tutto per salvare eventuali superstiti, rimasti chiusi nella stiva. Speriamo, che lo stesso impegno e mezzi di soccorso vengano utilizzati anche per i migranti, che arrivano con piccole o grandi barche.

L’altro giorno, al presidio al Tribunale di Locri per il processo di Marjan Jamali, Mimmo Lucano, presente al processo insieme ad altri, in sostegno dell’indagata, ci ha rivelato che un dipendente delle forze dell’ordine ha pagato il biglietto del treno a una famiglia di migranti, composta da madre e sei figli, per farli arrivare a Riace da Padova e trovare un posto di accoglienza, visto che non potevano più restare nella struttura per migranti del posto. Era presente in solidarietà, anche Maysoon Majidi, attivista per i diritti delle donne e regista curda, fuggita dall’Iran per non essere arrestata. Anche lei rimasta in carcere per 10 mesi, con la stessa accusa e liberata il 23 ottobre, dal Tribunale di Crotone, perché dei testimoni, rintracciati dal suo avvocato all’estero, e non dallo Stato, hanno testimoniato che lei non era la scafista del barcone arrivato a nella zona, ove era stata arrestata. È ospite a Riace, in attesa dell’ultima udienza a fine novembre, per avere finalmente l’assoluzione. Il Comune di Riace, il 4 novembre, le ha dato la cittadinanza onoraria.

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