Mi sono imbattuto nel settimanale La Riviera al tempo in cui ne era direttore Pasquino Crupi, il grande meridionalista che conoscevo e ammiravo da anni, non a caso lo volli presidente della giuria del premio letterario Aspromonte, svoltosi a Santa Cristina d’Aspromonte nell’estate 2009. Una goduria ascoltarlo, si imparava tanto. Snodava le parole lente e profonde, quasi catarrose, da istrione padrone della scena. Ci davamo rigorosamente del voi. Non era distacco. Rispetto, il mio. E abitudine, il suo. Mi chiese di scrivere per La Riviera un paio di anni dopo, quando ero già al secondo romanzo con Einaudi, La signora di Ellis Island. Che lui apprezzò moltissimo – e oggi io riconosco nei suoi complimenti di allora il massimo tributo letterario di cui fregiarmi – e lo scelse vincitore del premio Saverio Montalto. Nell’Agenda Letteraria Calabrese del 2013 annotò parole strabilianti che non cedono di confortare i fogli che mi si parano bianchi davanti e le esitazioni di scrittore. La dedica fu “nonostante…” e nulla più, a parte la firma. Era il pacato e scherzoso rimprovero a me che non avevo mantenuto la promessa di organizzargli una mangiata di ghiri, la pietanza che più gustava.
Beh, non potevo certo negarmi a Pasquino Crupi, una leggenda che la sua terra, la nostra, deve affrettarsi a onorare degnamente e un uomo perbene e sincero com’è raro incontrarne negli ambienti della cultura dannati dalle gelosie. Accogliere il suo invito mi permise di fare conoscenza, e subito amicizia, con l’intera redazione, su tutti Rosario Condarcuri e Ilario Ammendolia. Successe però che mi venne sconsigliato di continuare a collaborare, da alto loco, dal pulpito di quelli, pochi e tuttavia incidenti, che presumono di tenere in mano la cavezza dell’Italia, e a pensarci forse la tengono davvero, se la sono presa a forza e infieriscono scudisciate là dove non toccherebbe nemmeno un buffetto sulla guancia. Abboccai. E smisi. Per fortuna, ebbi presto altre occasioni di praticare quelle persone. E lì capii l’inganno. Non erano i malfidati che mi avevano soffiato, legati a consorterie delittuose. Erano, e sono, galantuomini con il solo difetto di possedere il coraggio della verità, sempre e comunque, anche quando essa è talmente scomoda da disturbare i manovratori, quelli che presumono di sedere alla destra del Padre, quelli che pretenderebbero tutti allineati al pensiero unico, il loro. Si erano insomma macchiati del reato di lesa maestà, bollando di miseria molte inefficienze spacciate per successi eclatanti, complice certa stampa asservita, lesta a spargere a pieni polmoni le notizie in uscita e senza corde vocali quando il grande cancan mediatico si sgonfia e diventa il lamento delle zampogne dei pastori aspromontani accartocciate alla fine del suono.
Ho ripreso a collaborare, condividiamo le stesse idee di civiltà. E La Riviera continua a essere portabandiera di libertà, una voce autorevole non asservita a nessuno, in continuità con Pasquino Crupi.
Nel suo 23° compleanno, lunga vita a La Riviera, oggi sotto la sapiente guida dell’eccelso giornalista che è Pietro Melia. Necessitano più del pane le voci indipendenti e oneste, per contrapporsi a un mondo che, di più quaggiù, smarrisce i valori, fa carta straccia della Costituzione e infierisce su questa terra, acciaccandola molto oltre i suoi reali demeriti, perpetuandola dannata e irredimibile, tarandola nelle sue potenzialità.