Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale della violenza contro le donne. Quando si parla di violenza sulle donne si intendono tutte le disuguaglianze di potere tra uomini e donne, perciò le sfaccettature alle quali in termine allude: fisica, psicologica e sociale. In questa giornata, abbiamo voluto ricordare Mary, la donna di Monasterace, uccisa dal marito.
Si decise di individuare nel 25 novembre la giornata contro la violenza sulle donne per ricordare le sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal uccise, per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo, il 25 novembre del 1960. Queste tre sfortunate donne, alle quali è stata affidato un destino molto crudele, si stavano recando a far visita ai loro mariti in prigione, quando furono condotte in un luogo nascosto dove furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate. Ma il terrore non finisce mica qui, perchè furono gettate in un precipizio, a bordo della loro auto in modo da simulare un incidente. Nel primo incontro femminista latinoamericano svoltosi a Bogotà, in Colombia, nel 1981, si decise di scegliere proprio questa data in modo tale che la violenza subita da queste donne, ma non solo da loro, da tutte coloro che lottano ogni giorno, non possa rimanere nascosta e si ricordi per non ripetersi mai più. Successivamente, nel 1999, la giornata fu istituzionalizzata anche dall’Onu.
In molti paesi, come l’Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato da scarpe rosse da donna, allineate nelle piazze o in luoghi pubblici, che rappresentano le vittime di violenza e femminicidio. L’idea è nata da Elina Chauvet, un’artista messicana che realizzò una struttura intitolata ‘Zapatos Rojos’, nel 2009 in una piazza di Ciudad Juarez. Questa struttura fu successivamente posta, dalla sua creatrice, davanti al consolato messicano di El Paso, in Texas, per ricordare l’omicidio della sorella per mano del marito e le centinaia di donne rapite, stuprate e uccise in questa città. L’installazione fu replicata successivamente in moltissimi paesi del mondo, fra cui Argentina, Stati Uniti, Norvegia, Ecuador, Canada, Spagna e Italia. In Italia, la campagna contro la violenza sulle donne, viene portata avanti da Centri antiviolenza e dalle Associazioni di donne impegnate in tale ambito.
In questa giornata vogliamo riproporre la storia di Maria Cirillo, una donna di 31 anni, uccisa dal marito, Giuseppe Pilato, di 30, con un colpo di pistola alla fronte, il 19 agosto del 2014. Maria, chiamata da tutti Mary, era una donna di Monasterace che aveva quattro bambini e fu proprio la più grande a ritrovare il cadavere della mamma. Secondo quanto emerso dalle prime indagini, i rapporti tra marito e moglie negli ultimi tempi si erano incrinati. Testimoni hanno riferito che Pilato se ne fosse andato dall’appartamento della famiglia. Il marito, quel giorno, sarebbe andato a casa, probabilmente per incontrare la moglie. Ne è nata l’ennesima discussione, tanto che alcuni vicini, sentendo gridare, hanno chiamato i carabinieri segnalando una lite in famiglia. Ma prima che i militari potessero arrivare l’uomo aveva già ucciso.
Sempre secondo la ricostruzione degli investigatori, subito dopo è rientrata a casa la figlia di 10 anni che ha trovato la madre a terra e insanguinata e quando sul posto è arrivata l’ambulanza del 118 la donna era ormai morta. I carabinieri della compagnia di Roccella Ionica e di Locri hanno subito iniziato a sentire le testimonianze di familiari e vicini di casa, mentre gli uomini della scientifica avviavano i rilievi sulla scena del delitto. Per rintracciare Giuseppe Pilato sono stati disposti posti di blocco e pattugliamenti con l’ausilio di un elicottero dell’Arma. La vicenda si è conclusa velocemente, poiché il marito confessò.
Nel primo processo d’appello Pilato è stato condannato a 26 anni di carcere, dopo un ergastolo inflitto in primo grado dalla Corte d’assise di Locri. Gli avvocati Giuseppe Gervasi e Antonio Mazzone avevano richiesto il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena prevista. I giudici della Corte d’assise d’Appello di Reggio Calabria accolsero il ricorso e determinò la pena nei confronti di Giuseppe Pilato: 7 anni e 4 mesi di carcere, movente dell’omicidio, gelosia morbosa.
Nella Giornata della violenza sulle donne è stato doveroso ricordare una vita spezzata come quella di Mary, di soli 31 anni, con tutta la vita davanti e dei figli da crescere.
Francesca Commisso