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venerdì, Novembre 22, 2024
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Marco Leonardi: “A Calabria esti a Terra mia”

Siamo lieti di incontrare un ragazzo nato anche lui nella Locride, che si è fatto attore a forza di lavoro, studio e costante impegno. Marco Leonardi. Lo scorso 2 settembre il regista, Abel Ferrara, ha presentato al festival di Venezia il film “Padre Pio”, il” Santo per antonomasia. Uno degli attori protagonisti è il nostro Marco Leonardi, che ci ha raccontato un lato intimo della sua vita e ha dimostrato di essere rimasto un ragazzo umile, legato alle sue radici.

 Qual è il ruolo nel film “Padre Pio”?

Lui si chiama Gerardo, è un latifondista, appartenente ad una famiglia estremamente ricca, ed è capitano dell’esercito. Nel film si vede che fa rientro dalla Prima guerra mondiale, insieme, ad altri soldati, a San Giovanni Rotondo. Quindi, dopo tanti anni tra dolore e stanchezza finalmente arriva a casa, ma trova una situazione difficile e imbarazzante. Imbarazzante, perché a quei tempi nasce il socialismo che spingeva la persona a combattere per i loro diritti e lui, ovviamente, da ricco e assetato di potere non poteva condividere. Di questo gruppetto di giovani, a favore di questo nuovo movimento politico, c’è il nipote, da lui mantenuto agli studi a Bologna, dal. quale, ora, si sente tradito.

 È stato difficile interpretare Gerardo un personaggio egoista ed antagonista di Padre Pio?

Effettivamente è antagonista, si tratta di due mondi paralleli. All’inizio potevo avere delle preoccupazioni, in realtà sono andato avanti seguendo le indicazioni del regista e informandomi su quel periodo storico. Durante le riprese del film, Abel, mi ha detto: “Tu l’hai proprio capito il personaggio”. Nel film scorrono queste due storie: da un lato quella del santo, dall’altro gli avvenimenti storici di San Giovanni Rotondo che, in un certo senso, anticiparono la venuta del fascismo. Gerardo è dalla parte oscura della barricata. È un uomo ricco, figlio di latifondisti, non accetta che determinati ideali prendano piede e li combatte perché non li comprende. Gerardo rappresenta il conflitto tra il bene e il male, quello che ogni essere umano vive.

Prima di questo film, ti sei interessato o hai approfondito la figura di questo santo? E soprattutto che rapporto hai con la religione?

Padre Pio è una figura così immensa che chiunque lo conosce. Io, personalmente, sono una persona religiosa, ma posso stare anche mesi senza entrare in chiesa, perché penso che l’importante sia trovare uno spazio di riflessione con te stesso. Non credo che Dio ti voglia bene se vai in chiesa e se, invece, lo preghi in una stazione. Dio non ha figli e figliastri. Mi capita, comunque, di andare in chiesa perché è un momento di silenzio, soprattutto quando si vive in una città caotica come Roma.

Leggendo una tua intervista, hai detto di aver conosciuto la tua attuale compagna in chiesa. Puoi raccontarci qualcosa in più?

Ero in crisi con la mia compagna di allora. E come succede sempre, quando è in atto una crisi c’è sempre in corso un cambiamento. In quel periodo, mi capitava di andare spesso in chiesa, così ho conosciuto la mia attuale compagna Antonella. Sembra la trama di un film: tra di noi c’è stato un incontro di sguardi, poi un sorriso e, infine, qualche accenno di saluto. Essendo in un ambiente, come una chiesa, non abbiamo parlato di argomenti banali, ma toccato questioni intime. Questo parlare in profondità è durato mesi, offrendoci la possibilità di conoscerci meglio. Si tratta di un rapporto che si è costruito piano piano.

Cosa vuol dire, per te, stare bene con una donna?

Ma guarda in un mondo egoista, come lo è il caro Gerardo, dove sembra che alla fine tutti pensano a sé stessi, essere sostenuto da una donna, vederla fare sacrifici per te e capire che non sta con te, solo perché sei un attore, allora dai all’altra persona il calore che si merita. Io non vado da nessuna parte senza Antonella, lei è la mia forza. Mi sgrida se c’è bisogno, mi tutela. Oggi, posso dire che rappresenta quello che ho sempre voluto, senza però rinnegare il mio passato, perché mi ha portato ad essere l’uomo che sono oggi.

 Qualche giorno fa, sei stato a Venezia, cosa ti è rimasta di questa esperienza?

Venezia è sempre una bellissima emozione, lì c’è il mondo del cinema, incontri persone. Sono stato molto contento di aver ricevere l’applauso caloroso in sala. Inoltre, in quest’occasione, ho avuto la possibilità di conoscere meglio l’attore protagonista del film, Shia LaBeou, una persona di una sensibilità unica. È appena diventato padre, così io che ho una figlia di 17anni e un figlio di 15, abbiamo condiviso anche le nostre esperienze da padre. Siamo andati oltre l’esperienza del film, ed è stato veramente bello.

 Qual è il primo ricordo che ti viene in mente pensando alla tua interpretazione in “Anime nere” e di “Nuovo Cinema Paradiso”?

Con “Anime nere” leggendo il libro di Gioacchino Criaco, ho capito come dovevo interpretare il mio personaggio. Ho cercato di interpretare un boss senza dimostrare la parte più dura. Nel film non ho un’espressione del viso arrabbiata, ma morbida e sempre con un sorriso. Ho sempre paragonato la mafia al cobra: un serpente meraviglioso che sa anche danzare, è come se ti ipnotizza, ma appena ti distrai ti morde. Così come la mafia. Invece, per quanto riguarda “Cinema Nuovo Paradiso” i ricordi sono tanti: dal profumo dei fiori in Sicilia, il ricordo di Giuseppe Tornatore, dell’aiuto regista convinto che questo film avrebbe vinto l’oscar, cosa che poi è successo davvero. Tante, tante emozioni.

 Com’è iniziato il tuo percorso che ti ha portato a diventare attore?

Ho una foto, dove mi portano sul set, avevo 5 anni e la persona che mi tiene sulle spalle è mio padre, appassionato di cinema. Ho cominciato a 10 anni con delle piccole parti, mentre il primo film da protagonista è arrivato a 15 anni.

Tu sei nato, ad Adelaide, da genitori di Locri. Che rapporto hai con questa Terra?

Lo posso dire in dialetto? “E non esti a casa mia a Calabria”. Io ho vissuto a Los Angeles sono stato in giro per il mondo, ma quando ritorno a Locri, mi sento a casa, come se fossi sempre rimasto e non me ne fossi mai andato. Sento il richiamo delle mie origini. Mia madre era un’insegnante, così io trascorrevo Giugno, Luglio e Agosto in Calabria, ritornando a Roma solo a Settembre. Poi sono morti i nonni, si diventa grande, però non dimentico le mie origini e, quando posso, ritorno volentieri a Locri. Guai se una persona non dovesse sentire ciò che sento io per le proprie origini.

 Quali saranno i tuoi prossimi progetti?

Andrò a Malta a girare una serie.

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