In Calabria, il Lavoro rappresenta una priorità sociale ed al tempo stesso un miraggio, visto che il “populismo d’inchiesta” continua a produrre macelleria sociale, mentre il pavido ed improvvisato ceto politico regionale riesce solo a mettere a nudo i gravi limiti di cui è portatore.
Ne è prova tangibile quanto si legge in relazione alla vicenda della “legge sui precari“, la cui origine risiede nella cosiddetta Legge Madia del 2013, una cornice nazionale alla quale, in seguito, si sarebbe data esecuzione a livello territoriale: da qui le leggi regionali della Calabria n. 1 e n. 12, che non sono normative adottate “in piena era Scopelliti” come si tenta di far passare in modo becero e fraudolento per lasciare intendere la elargizione di prebende agli amici ed agli amici degli amici, nonostante la posizione degli aventi diritto sia stata verificata dai Centri per l’Impiego e dalla Agenzia delle Entrate.
Oggi, a distanza di sette anni, esponenti del centrosinistra calabrese, che dovrebbero essere sensibili alle tematiche del lavoro, dapprima spingono l’azzoppata giunta regionale ad assumersi responsabilità di governo, dando attuazione in pochi mesi ad una Legge regionale che loro stessi, nel pieno esercizio delle loro funzioni, non avevano saputo o voluto attuare nell’intera precedente legislatura.
Poi, dopo aver diffidato a più riprese la maggioranza, a loro dire inadempiente, sfidandola in Consiglio, battono clamorosamente in ritirata, insieme ai sindacati, per il solo timore di inciampare su qualche nome scomodo, contenuto in un elenco di lavoratori da essi stessi approvato, peraltro con procedure ad evidenza pubblica.
Per essere chiari: il disinteresse del governo regionale di centrosinistra è tangibile lì dove si consideri che lo stesso ha solo prodotto la pubblicazione di un Decreto Dirigenziale (n. 12529 del 14 ottobre 2019) con allegata una Manifestazione d’interesse “per consentire a chiunque avesse diritto, mediante procedura ad evidenza pubblica della durata di 30 giorni, la presentazione della domanda di inserimento negli elenchi di cui alla Legge Regionale n. 1 del 13 gennaio 2014”.
In altri termini, il centrosinistra calabrese, a ridosso delle elezioni regionali del 26 gennaio 2020, ha impostato la propria campagna elettorale sullo sfruttamento del bisogno dei precari con una “manifestazione di interesse“, ma su questo dato il sinistro “populismo d’inchiesta” bellamente sorvola.
E, purtroppo, non finisce qui!
Il risultato é che anche l’attuale maggioranza regionale, che pure aveva affrontato la questione in Giunta e l’aveva portata quasi a compimento per volontà della Presidente Santelli di superare l’era del precariato regionale nella Pubblica Amministrazione, si ritrova da sola e a sua volta si defila per nascondersi.
La politica perde clamorosamente e cede il passo agli urlatori d’assalto, al “populismo di inchiesta” capace oramai di intimorirla e di sopraffarla, anche solo con fantomatici “scoop” che in realtà sono solo flop provocati dall’autoreferenziale narcisismo di chi li concepisce, i cui effetti, però, ricadono, come sempre, sulle spalle degli incolpevoli Calabresi.
Nonostante le tematiche sul lavoro in Calabria rivestano i caratteri di indifferibilitá ed urgenza che ne impongono l’immediata soluzione, il ceto politico regionale rimane ostaggio di se stesso si preoccupa solo di stare dietro ai fantasmi di una informazione che Informazione non è.