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Luciano Canfora e le Radici Antifasciste: Una Storia di Famiglia

La famiglia Canfora di Bari, con figure eminenti come Luciano Canfora, noto filologo e figlio dello storico della filosofia Fabrizio Canfora, ha profondi legami con la cultura e l’antifascismo. Fabrizio, attivo nel movimento “Giustizia e libertà” e nel Partito d’Azione, subì il confino politico a Locri durante il regime fascista. Nonostante le difficoltà, fu accolto calorosamente in Calabria, dove insegnò al Liceo classico “Ivo Oliveti” di Locri, evidenziando la resilienza e l’impegno civile della famiglia.

Bruno Gemelli

Una famiglia di letterati quella dei Canfora di Bari. A partire da Luciano Canfora, tra i maggiori filologi italiani, allievo dello storico dell’antichità Ettore Lepore. Figlio dello storico della filosofia Fabrizio Canfora e della latinista e grecista Rosa Cifarelli, entrambi docenti del liceo ginnasio “Quinto Orazio Flacco” di Bari, nonché antifascisti protagonisti della vita culturale e civile della città nel secondo dopoguerra. La madre era sorella del giurista e magistrato Michele Cifarelli, già membro del Partito d’Azione, deputato e senatore del Partito Repubblicano.

Oggi Luciano Canfora viene invitato spesso in televisione, ma non nelle reti Rai, dopo che è stato querelato dalle premier Giorgia Meloni.

Il padre di Canfora era laureato in Giurisprudenza (in Storia del Diritto e non in Lettere) e si era legato al gruppo barese di “Giustizia e libertà” prima della Seconda guerra mondiale: un collettivo rilevante, perché faceva riferimento allo stesso Croce, a Guido Calogero, a Tommaso Fiore, al cognato Michele Cifarelli e alla casa editrice Laterza, che gli pubblicò “Lo spirito laico” (Laterza, 1943), poi ristampato dall’editrice napoletana “La scuola di Pitagora”. Il volume rappresentò una sorta di manifesto degli uomini liberi di tutto il mondo.

A quelle pubblicazioni collaborarono anche diversi amici e compagni di Fabrizio, tutti legati al nuovo Partito d’Azione, il gruppo politico vicino ai fratelli Rosselli, sopravvissuto anche dopo che essi erano stati uccisi in Francia. Fondamentale per il Partito d’Azione nel Sud in quel periodo fu Domenico Pàstina che firmò alcuni degli stessi articoli poi inseriti nel libro di Canfora; il quale, fino alla pensione, fu professore di Storia e filosofia nel liceo barese “Orazio Flacco”.

Per la sua attività Fabrizio Canfora ricevette l’attenzione della polizia fascista. Per lui finì male. Solo che era ancora militare e fu deferito appunto a un tribunale militare, che lo spedì a Locri al confino politico.

Intervistato, a suo tempo, dallo scrittore Ignazio Silone, Fabrizio Canfora rispose: «[…] non potetti essere arrestato insieme ai miei amici perché, nel ‘42, io, per problemi alla vista, ero stato valutato, come altri, idoneo ai servizi sedentari. Senonché il regime, proprio per scoraggiare il diffondersi del dissenso tra gli intellettuali, richiamò alle armi anche noi. Certo, non seppe, poi, cosa farsene di noi. La stessa cosa successe ad Aldo Moro anche se Moro, non so come, diventò ufficiale dell’aeronautica (stava all’amministrazione); non so come fece; e poi, son fatti suoi […] Io, dunque, come militare non potevo essere giudicato dal tribunale civile – come si dice ? -, insomma dal tribunale normale, ordinario; dovevano deferirmi al tribunale militare.

Fui interrogato dai funzionari dell’Ovra. Quando però mi videro arrivare vestito da soldato, rimasero un po’ imbarazzati. Comunque, mi interrogarono e mi deferirono al tribunale militare di Bari. Nelle more, tra l’interrogatorio in questura e il deferimento al giudice militare, fummo congedati; penso perché veramente non sapevano cosa farsene di noi. E così, io mi sottrassi sia alla giustizia civile che a quella militare. Subii però un provvedimento amministrativo e fui cacciato da Bari. Mi mandarono a Locri.

Stetti lì fino al luglio ‘43, fino alla caduta del fascismo. Insegnai in un piccolo liceo [Liceo classico “Ivo Oliveti” di Locri n.d.r.], l’unico che esisteva lungo tutta la costa, da Taranto a Reggio Calabria; almeno allora. Lì, per la verità, mandavano la gente peggiore possibile. Un mio collega siciliano vi era stato mandato perché aveva tentato di violentare una sua alunna; io…, peggio ancora, antifascista…

Ma a Locri fui trattato da principe. Arrivavo in Calabria, nel cuore della Calabria, come “il ribelle”. Per un calabrese, un ribelle è persona da rispettare…; stetti bene, come stettero bene tutti quelli che vi furono mandati. Fummo circondati di affetto e di considerazione…».

Allora Catanzaro non era considerata, pur essendola, una città costiera; il suo liceo classico “Galluppi” nacque nel 1812 ad opera di Gioacchino Murat che riprese il Collegio dei Padri Gesuiti tra il 1560 e il 1563, mentre il Liceo “Oliveti” di Locri nacque nel 1906, il liceo classico “Pitagora” di Crotone nacque nel 1926, dell’800 sono i licei classici di Corigliano-Rossano.

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