Galileo Violini
La recente dichiarazione del Consiglio d’Europa ha vilipeso l’Italia. Deve essere sanzionata. La signora Presidente del Consiglio ha dichiarato che la Polizia merita rispetto. Il Vicepresidente onnicompetente ha chiesto di tagliargli i fondi. Non sono sicuro che, al di là dello slogan propagandistico, abbia chiaro che il contributo obbligatorio è tale per definizione. Forse voleva dire uscire dal Consiglio d’Europa. O forse tagliare solamente il marginale contributo volontario. Ma è vero o no che a volte, e con preoccupante maggior frequenza negli ultimi tempi, si osserva selettività etnica nei controlli, in teoria casuali, della polizia?
Su questo tema, circa un anno fa, scrissi su questo stesso giornale (Pro e contro di avere la pelle bianca | La Riviera online). Citai tre casi di cui ero stato testimone, osservatore di un fenomeno, del quale comunque criticai, più che il razzismo, l’incongruenza rispetto ad un uso più razionale delle forze dell’ordine. Un anno prima, in un articolo su La Nuova Calabria (Galileo Violini: “Siamo un paese razzista-Me ne scandalizzo. Scusate!”), avevo già criticato la selettività dei controlli di identità, dopo che la Questura di Milano aveva ribadito che, nel caso di Bayakoko, clamoroso per aver coinvolto un giocatore del Milan, il protocollo seguito era stato corretto. Ma non è solo questo. Si pensi al razzismo nello sport, non quello su Egonu o Maignan, ma quello che traspare da piccole note di cronaca di incontri tra bambini. Sono fatti sotto i nostri occhi, e che non giova negare, senza che questo significhi, né tale è la portata di quanto avverte il Consiglio d’Europa, che l’Italia è il Sud Africa dell’apartheid o la Polizia sia il Ku Klux Klan. Ma non è certo una calunnia richiamare l’attenzione, con stupore io, e preoccupazione il Consiglio di Europa, su comportamenti che, su base statistica, paiono avere solamente una spiegazione pregiudiziale. Ringrazio l’onorevole Meloni per aver usato questo neologismo, nonostante la Treccani ne attribuisca la paternità ad uno dei firmatari del manifesto degli intellettuali antifascisti.
Perché tanta reazione? In parte, perché essa ben si inquadra nel programma-visione di una riappropriazione totale e totalitaria degli spazi che la narrativa governativa afferma essere stati occupati dalla sinistra e nel recupero di valori traditi. Al riguardo viene da suggerire la visione di un film che temo l’autocensura culturale, più che l’età, ha impedito loro di vedere, La battaglia di Algeri. Il colonnello Mathieu, personaggio di fantasia ispirato probabilmente al generale Massu, in una conferenza stampa, sì, una di quelle strane attivitá da cui la nostra Presidente del Consiglio suole rifuggire, risponde ad una domanda con un’altra domanda: “Perché gli intellettuali stanno sempre dall’altra parte?” La versione italiana moderna della domanda potrebbe essere: “Perché i magistrati (aggiungendo naturalmente un pudico e doveroso beninteso non tutti) stanno sempre dall’altra parte?” Piuttosto che proporre una risposta – ce ne sarebbe più di una –, ne traggo spunto per una riflessione sull’ultimo decreto, di cui è stato osannato propagandisticamente il carattere di “legge primaria”, technicality vuota negli effetti, come riconosciuto a mezza bocca, ma che mette in soggezione l’incolto. È il latinorum di don Abbondio o una delle settecento parole in più la cui conoscenza Dario Fo diceva distinguere il padrone dall’operaio.
Dopo la sentenza che ha riportato in Italia i migranti trasportati in Albania, il Governo si è affrettato a dichiarare sicuri 19 paesi e non sicuri 3, dei 22 della lista stilata a maggio dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, con un decreto-legge che, schizofrenicamente, contraddice lo stesso ministero che, in altro contesto, ha dichiarato che molti di quei 19 paesi sono ad alto tasso di insicurezza. Risparmio qui discutere i dubbi sull’efficacia giuridica di questo escamotage per il fine che il Governo afferma essersi prefisso. Né ritornerò su quanto ho già scritto per porre in dubbio che di quei paesi almeno l’Egitto possa essere dichiarato sicuro. Non posso però tacere un dubbio più ampio che mi arrovella. È possibile che un paese di 59 milioni di abitanti possa ergersi ad arbitro di ció che è delitto universale, subendo una reazione da commedia napoletana dal Dipartimento di Stato di uno di 333 milioni, o che, facendo parte di una comunità di 27 stati e 450 milioni si faccia una lista individuale di paesi che considera sicuri.? Un po’ di senso delle dimensioni o se vogliamo del ridicolo (già perché esiste anche una stampa straniera che varrebbela pena leggere di tanto in tanto) non nuocerebbe. Mi ha incuriosito perciò la selezione dei tre paesi, Cameroun, Colombia e Nigeria, che non hanno passato il filtro e per i quali permane lo stigma di non essere sicuri. Come saranno stati identificati? Perché´proprio loro? Sì, certo mi rammarico che questa risposta non la abbia fornito contestualmente il Governo spiegando la ratio della sua valutazione. Forse, in un paese normale, il quarto potere avrebbe chiesto e avrebbe ottenuto la risposta. Ma siamo un paese normale? Le ricerche standard, rapporti di organizzazioni di diritti civili, delle Nazioni Unite, documenti del nostro governo, non hanno dato risultato. Dáltro canto dalla stampaare che dopo una íma bozza articolata il decreto si sia ridotto alla lista. Ho deciso allora di usare un metodo moderno, à la page, M. le Ministre de Justice, chiedere all’intelligenza artificiale, ChatGPT, quali tra i 22 siano da considerare meno sicuri. Per onestà intellettuale, altro neologismo di origine certo familiare alla Presidente del Consiglio, lo usava spessoun suo mentore politico, posso confermare che Chat GPT pone il Cameroun al primo posto. La Nigeria solamente al quinto. No!, la Colombia non appare nelle posizioni intermedie. Conosco bene, per la mia storia professionale il paese, della cui Accademia delle Scienze sono membro, e quindo non sono rimasto sorpreso. Come non mi ha sorpreso che Bangladesh ed Egitto figurino al secondo e quarto posto.
Ribadisco che a mio avviso sarebbe stato opportuno che in uno stato trasparente, il Governo spieghi il perché di una tale decisione, non fosse altro che per dissipare il sospetto che invece di un’oggetiva valutazione di insicurezza, essa rifletta la congiuntura della nazionalitá dei migranti coinvolti. O anche che il caso sia stato montato per distrarre il Paese da problemi ben piú pressanti. Meno benevolmente, osservo che stiamo rivedendo un déjà vu di qualcosa per cui il nostro Paese ha già dato, LEI ha sempre ragione, (copy right di Leo Longanesi), o “Quello che Giorgia ha già scritto nessuna mano cancellar mai può”? Se il respingimento di questa prospettiva è la ragione per cui qualcuno soffre credendo che questo e il programma che fa che i magistrati stiano, come gli intellettuali, sempre dall’altra parte, se ne faccia una ragione. Puó vincere una elezione, riscrivere un capitolo o un paragrafo di storia, ma nulla di più, mentre i magistrati non staranno dall’altra parte, ma dall’unica loro possibile quella della Costituzione.
Nota per i lettori piú giovani: Il titolo parafrasa il ritornello di una canzoncina, un po’ razzista, en passant, di novant’anni fa. Lascio alla vostra immaginazione ricostruire il cambio introdotto nella parafrasi