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venerdì, Novembre 22, 2024
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L’inutile pollaio sulla Facoltà di Medicina

Da settimane il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, attacca, il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, perché avrebbe favorito la Facoltà di Medicina a Cosenza. Da 20 anni si parla dell’integrazione tra Mater Domini e Pugliese Ciaccio per fare un unico ospedale e nessuno lo ha mai fatto. Questo governo invece, è riuscito a raggiungere questo obiettivo. Onore al merito a Roberto Occhiuto.

La politica è davvero un’altra cosa e alla fine si può ben dire citando il poeta ‘’Molto rumore per nulla!’’.

In sintesi, è accaduto tutto questo in una settimana di polemiche montate ad arte da una modesta classe politica del capoluogo di Regione (per fortuna non tutta) su due problemi inesistenti.

Veniamo ai fatti. Io ne conosco decine e decine di ragazze e di ragazzi di Catanzaro, Cosenza, Locri. E ancora: di Isca sullo Jonio, di Mormanno, di Limbadi, di Siderno, di Caraffa del Bianco, di Cotronei e via discorrendo che si sono laureati all’Università della Calabria in Ingegneria, in matematica, in fisica, in chimica, in lettere, in storia e hanno cambiato le sorti loro e delle loro famiglie.

Ne conosco decine che oggi lavorano in prestigiose aziende o istituti di ricerca delle principali città europee e che occupano anzi postazioni di prestigio in grandi multinazionali. E lo stesso vale per ragazze e ragazzi che hanno studiato e si sono laureati a Catanzaro e Reggio Calabria, in Legge Medicina Agraria Architettura.

Solo l’Unical ha laureato più di centomila giovani calabresi, realizzando così quello che era il sogno dei padri fondatori: diventare cioè una fucina della classe dirigente. Per gran parte di quei 100 mila non sarebbe stato possibile arrivare alla laurea visto che fuori dalla nostra regione non erano in grado le loro famiglie di sostenere i costi di 5 e più anni di studi. Sono, invece, arrivati al traguardo finale ragazze e ragazzi di famiglie poverissime dei paesi più sperduti e lontani di tutta (rpt TUTTA) la Calabria, che in questi 50 anni hanno avuto la possibilità di farlo e poi di diventare qualcuno, non solo di trovare un lavoro.

Nel solo 2022 l’Unical ha già vinto bandi per più di 100 milioni di risorse del Pnrr. Si tratta di una grande opportunità e tra gli obiettivi strategici anche quello di garantire la copertura del cento per cento delle borse di studio.

Ovviamente, ci sono anche ombre e non solo luci in questi 50 anni di storia di Arcavacata, che il mai dimenticato rettore Beniamino Andreatta, sostenuto dai politici lungimiranti dell’epoca come Giacomo Mancini, Francesco Principe, Riccardo Misasi, volle in quel modo, con un centro residenziale e un Campus stile Stati Uniti d’America per sprovincializzare una società ferma e abulica come quella calabrese. E soprattutto tentare di unificarla.

Ma quello che più colpisce in queste settimane è che questa scommessa vinta dall’Unical (forse l’ unica cosa realmente positiva assieme al porto di Gioia Tauro negli ultimi 50 anni di vita calabrese) si sia accoppiata da un lato a polemiche incomprensibili sul suo specifico ruolo e dall’altro, cosa più grave, ad una polemica da strapaese (il termine pollaio rende meglio in verità, ma ha urtato tempo fa la sensibilità di taluni dotti docenti catanzaresi prestati alla politica, si spera temporaneamente)  che sta agitando parte del mondo politico (e non solo) sulle istituzioni di nuove facoltà (si chiamano corsi di laurea in realtà)  nelle tre università calabresi, con toni da guerra municipalistica che ricordano ben altri periodi bui della nostra recente storia e che sono privi di qualsiasi visione d’assieme su come, ad esempio, debba essere il sistema universitario regionale e a quali sfide debba rispondere, se non la richiesta di altri corsi di laurea per compensazione come se fossimo ad un mercato.

Si è addirittura arrivati tre mesi fa a portare una bara in piazza a Catanzaro Lido in una manifestazione in cui primeggiavano i dirigenti del PD catanzarese e poi in un’aula nobile del Municipio di Catanzaro (quella dei Concerti!) un’affollata assemblea convocata dallo stesso Comune con un manifesto in cui testualmente si leggeva ‘’Non resteremo con le mani in mano’’. Roba da Piero Battaglia, sindaco di Reggio Calabria, anno 1970!  Poi, giusto per ricordare un po’ di storia recente, dopo quella chiamata successe quello che tutti sappiamo.

Ma non è finita qui: sei giorni fa un’altra inutile chiamata alle armi, con un Consiglio Comunale aperto (stavolta nella sede della Provincia), con un altro dibattito fiume, denso di polemiche che pochi in verità hanno capito, affogati in tanti bizantismi, mentre il presidente della Regione in contemporanea risolveva, però, il problema dell’azienda unica da 850 posti letto senza chiacchiere, ma con fatti concreti. Onore al merito di Roberto Occhiuto.

Ancora una volta sta prevalendo, dunque, in questa nostra terra piccola ma martoriata il pennacchio e il campanile, agitando il vessillo facile facile della difesa della città. Ma questa non è una classe dirigente: è solo una classe buona per addomesticare un momento, una rabbia, un desiderio di rivincita ma non per costruire il futuro e nemmeno per difendere la città di cui ci si riempie la bocca con toni da ultras di calcio, con tutto il rispetto che si deve a questi ultimi.

La sindrome del ‘Calimero piccolo e nero’ e dell’assedio della città da parte di tutti non regge più: Catanzaro e i catanzaresi sono nel cuore di tutti i calabresi e non hanno bisogno di alcuna rivalità!

Per fortuna, ci sono stati in queste ore politici che stanno cercando di fare ragionare con toni più moderati, tra cui il presidente del Consiglio Regionale Filippo Mancuso, catanzarese doc, nato, cresciuto ed eletto nel capoluogo.

Ora: forse tra quei 100 mila giovani calabresi laureatisi in questi 50 anni all’ Unical (a proposito: si chiama Università della Calabria e non Università di Cosenza come sbrigativamente e malevolmente taluni insistono a chiamarla) ci sarà anche qualcuno (anzi: c’è di sicuro) degli agitatori di oggi della guerra delle Università. Ma è evidente che costoro non hanno appreso la lezione di quello che ha significato questo ateneo e soprattutto la cosa più bella di tutte che ha creato: tenere cioè assieme, fare crescere, studiare, dormire, mangiare sempre tutti assieme e magari lavorare, ragazze e ragazzi di Reggio e Vibo, di Catanzaro e di Cosenza, di Crotone e Castrovillari. Tutti assieme, nelle maisonettes del Campus o nelle stesse case di Arcavacata, Rende, Quattromiglia etc. etc. E lo hanno fatto senza pennacchi o campanili, senza rivalse o altro, continuando magari lo stesso a tifare chi per il Catanzaro e chi per il Cosenza. Ma oggi non c’è un derby di pallone alle porte (tra l’altro, sia detto per inciso, assolutamente improponibile con un Catanzaro spettacolare primo in classifica e un Cosenza meschino ultimo in graduatoria). Quei ragazzi, questa è la verità,  erano e sono migliori quindi dei loro dirigenti di oggi. Per fortuna nostra, visto che quei dirigenti sono addirittura arrivati ora alla inutile guerra nei tribunali amministrativi quando il problema è già risolto. Poveri noi!

 

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