Giuseppe Racco scrive questa toccante e forte lettera di denuncia per il povero ragazzo indiano morto in ospedale
Caro Vishal,
ti scrivo queste poche righe sperando che possano raggiungerti anche lontano dal mondo terreno. Sei venuto dalla tua India per cercare una vita migliore, per respirare la dignità personale, per fuggire dalla miseria. Il mondo occidentale ti è apparso pieno di luci e colori, così bello da non poter resistere al suo richiamo. Avevi ragione, l’Italia è un bel paese e la sua Calabria anche. Per arrivare qui hai superato, sicuramente, tante avversità, non so se per mare, ma sono certo che saranno state tante, con il coraggio della tua età. Hai sfidato i mostri della tua terra e della nostra, chi era contento che tu cercassi una terra migliore e chi voleva trattenerti nel tuo paese. Hai dovuto affrontare i sentimenti della lontananza dai tuoi affetti più cari, incontrare nuovi popoli e nuove usanze, batterti per non farti calpestare dalla brutalità degli altri uomini, cercare un lavoro per “sopravvivere”, e ci sei riuscito. Per la prima volta, forse, hai pensato ad un futuro migliore, da costruire con impegno e sacrificio in un paese democratico. Le tue aspirazioni erano giuste e dettate da motivi vitali perché comunque la tua India non poteva darti le sicurezze che cercavi qui da noi, dove il benessere è a portata di mano e la libertà di espressione un diamante prezioso per tutti. Hai creduto in tutto questo, e non avevi torto, ma non avevi fatto i conti con l’ignoranza della nostra gente, con la cialtroneria dei nostri politici, espressione proprio di quell’ignoranza, che ti ha privato della vita in un pronto soccorso della Locride. Come potevi immaginare, dopo aver superato tante difficoltà, di essere tradito proprio dalla terra che ti ha accolto, in un presidio che dovrebbe essere una garanzia costituzionale per i cittadini italiani, per la tutela universale della salute! E ti capisco, perché è difficile immaginare che in un paese ricco e moderno possa accadere una tragedia simile. Ti sei scontrato con l’indifferenza dei miei conterranei, col la loro rassegnazione, che, credimi, è il cancro che continua ad uccidere tanti calabresi. E chissà se il colore della tua pelle, la tua solitudine qui, abbia reso meno attenta la nostra comunità alle tue esigenze. Credimi, in quell’ospedale altre persone, calabresi, hanno perso la vita, vittima della superficialità del nostro sistema sanitario. Tu, da lassù, mi dirai che, comunque, sarai almeno ripagato con la giustizia che verrà fatta. Ti sbagli, in questo paese non paga mai nessuno anche se il coro dei politici si fa sentire sui giornali per dovere istituzionale. Non ci sarà nessuno di noi a gridare la nostra indignazione, a manifestare davanti a quell’ospedale, in migliaia, per quello che ti è accaduto e per mettere fine a questa barbarie. Sai, è una vecchia storia che continua da tanto tempo ma nulla è cambiato. Il mio popolo, che è stato anche il tuo, non ha il senso dell’indignazione, si autogiustifica sempre vantandosi della propria storia di derivazione magnogreca, come se questo giustificasse ogni porcheria. Devi sapere che noi siamo dei sottomessi, che qui non si ribella nessuno, se non a parole e ad eventi farsa. Quando sei arrivato sicuramente avevi sentito parlare della ndrangheta, ecco, pensa che se ne parla da decenni di questo problema ed oggi quella ndrangheta è più forte che mai. Cosa potevi aspettarti da un popolo senza coraggio! Noi siamo questo e perdiamo ogni anno le migliori menti e le persone perbene, che emigrano come te alla ricerca di un lavoro o di una buona occupazione. Caro Vishal, ti abbiamo potuto regalare un po’ di benessere ma non abbiamo potuto donarti quel benessere che deriva dal senso civico perché noi il senso civico non ce l’abbiamo. Se l’avessimo avuto, oggi saremmo rappresentati da una classe politica di tutto rispetto, e non da miserabili figuranti, magari capace di lottare per evitare la chiusura dell’ospedale di Siderno. E la colpa è sempre degli altri, mai la nostra, come se ognuno di noi o dei nostri figli non dovesse mai passare da quell’ospedale, come se fosse una cosa che non ci toccherà mai. Ciò vale per tutto, non solo per la sanità, intolleranti alle regole e pronti a richiamarle quando vengono toccati i nostri personali interessi perché non sappiamo cos’è il bene comune ed il decoro. Quello che hai potuto vedere è solo una bella facciata, basta una scossa, però, che tutto si scolla e scopri la sostanza delle cose, scopri la verità. E la sostanza è che siamo dei piccoli uomini, senza distinzione, questo sì, di sesso, lingua, razza, religione…., ed aggiungo di posizione sociale.
Con vergogna, da un calabrese.