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giovedì, Novembre 21, 2024
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Le ragazze stanno bene?

Si è voluto intitolare l’incontro adottando il titolo del libro, ma aggiungendo volutamente il punto interrogativo, al fine di domandarsi cosa voglia dire per una bambina, per una ragazza, per una donna oggi vivere in società, ma anche cosa significhi essere maschi oggi. Cuter e Perona, nel loro libro, offrono una sorta di indagine sociologica dei nostri tempi sulla condizione della donna in Italia e sullo stato dell’arte del femminismo.

Nell’ambito delle iniziative per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che quest’anno ha abbracciato l’intera settimana con manifestazioni, dimostrazioni pubbliche ed eventi di ogni tipo – ho avuto il piacere di presentare a Soverato, nella deliziosa cornice del teatro del Grillo, il libro di Giulia Cuter e Giulia Perona, Le ragazze stanno bene, edito da Harper Collins. L’occasione del 25 novembre è stata l’opportunità di riflettere, attraverso gli spunti offerti dal testo, su questioni di genere in chiave ottimistica. Si è voluto intitolare l’incontro adottando il titolo del libro, ma aggiungendo volutamente il punto interrogativo, al fine di domandarsi cosa voglia dire per una bambina, per una ragazza, per una donna oggi vivere in società, ma anche cosa significhi essere maschi oggi.

Va detto schiettamente: i dati sulla violenza contro le donne non lasciano spazio ad opinioni; si tratta di un fenomeno di portata drammatica. Ma elencare femminicidi senza agire profondamente sulla cultura, sull’antropologia, sulla formazione non fa che costruire un inventario dei danni del patriarcato senza mai imparare la lezione e cambiare rotta. Enumeriamo vittime, educhiamo ancora poco. Va detto altrettanto schiettamente quanto complesso sia destrutturare il patriarcato, un modello sociale in auge da millenni, che ha plasmato interamente le nostre vite, fino a condizionare, addirittura geneticamente, tutto lo scibile umano. Ma il presente è il momento migliore per non solo censire, ma anche per riconoscere, abbracciare e curare le ferite con cui donne e uomini si sono vicendevolmente danneggiati in questa plurimillenaria guerra tra sessi.

Oggi siamo molto più consapevoli di quanto sovrastrutture ideologiche patriarcali ci condizionino profondamente e sempre più uomini stanno sostenendo le cause femministe in nome di una società più inclusiva per tutti e tutte.

La violenza sulle donne non è un reato personale che dipende dal singolo omicida, stupratore, stalker, molestatore; non è l’azione delittuosa scellerata di folli innamorati delusi; non è la narrazione fiabesca che fanno i media, che, martirizzando gli assassini come “ex disperati perché lasciati, o perché hanno perso il lavoro, la madre, l’affido dei figli”, altro non fanno che rendere distante dalla realtà la matrice di fondo che sta all’origine di questi gesti: la concezione delle donne come proprietà di cui poter disporre. In una parola, il patriarcato. La violenza sulle donne riguarda gli uomini, gli stereotipi di genere imprigionano anche loro in una gabbia invisibile, ma resistente. 

In un sistema di disequilibrio di potere, tutta quella pressione culturale che porta gli uomini a sentire il dovere di essere sempre maschi alfa, duri e puri, anche quando vorrebbero esprimere le loro emozioni, è oltremodo deleteria. Si tratta della cosiddetta mascolinità tossica, di cui il femminismo si occupa da decenni. Prima arriveremo ad una condizione in cui il femminile sarà visto come paritario rispetto al maschile, prima considereremo maschile e femminile come due forze che ognuno ha dentro di sé e che dovrebbero avere la stessa dignità di esistere, indipendentemente dal proprio genere, prima elimineremo le pressioni e le discriminazioni che gli uomini subiscono quando mettono in atto comportamenti stereotipicamente femminili. Ecco perché, tra l’altro, il femminismo fa bene anche agli uomini. Basterebbe accettarsi e comprendersi: è l’unico modo per vivere bene.

Il patriarcato non va bene per nessuno. E non è l’unico modello possibile.

Cuter e Perona, nel loro libro, offrono una sorta di indagine sociologica dei nostri tempi sulla condizione della donna in Italia e sullo stato dell’arte del femminismo. In forma narrativo-saggistica, scandagliano le tappe fondamentali della vita di una donna, dalla prima mestruazione alla formazione, al corpo e l’estetica, al sesso, al lavoro, alle relazioni, al matrimonio, alla maternità, alla politica, al consenso. 

Se le ragazze oggi, fondamentalmente, stanno bene, lo dobbiamo interamente al femminismo, alle battaglie e al coraggio delle femministe del passato. Il femminismo di oggi (storicamente siamo nella quarta ondata) è intersezionale: parte dal presupposto che i problemi di noi donne occidentali, bianche, benestanti, eterosessuali e cisgender sono meno gravi di quelli di altre donne e altre categorie e minoranze di discriminati nel mondo. In forza dei nostri privilegi, dobbiamo includere nella lotta i diritti di chi sta peggio di noi affinchè possiamo dar loro voce e non restino inascoltati. È lo stesso motivo per cui si chiede anche agli uomini di essere femministi.

“La vera sfida per le nuove generazioni è questa: trovare un modo di spiegare a tutti che il femminismo è un dialogo per ridefinire le forme del potere, un percorso da fare insieme verso l’uguaglianza, un processo che non implica rubare i diritti civili a qualcuno per darli agli altri, ma solo estenderli al maggior numero possibile di persone. Sarà dura, ma sarà bellissimo”.

Francesca Labonia

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