Filippo Veltri ci pone le sue considerazioni su PD e sinistra italiana in generale.
Bisognerebbe che tutto il popolo della sinistra (dentro e fuori il PD) innalzasse inni di gioia alle riflessioni che da tempo il professor Antonio Floridia, un siciliano trapiantato a Firenze (e che non vuole nemmeno essere chiamato professore!) ci regala con puntualità.
Floridia prende ora l’abbrivio dalle recenti manifestazioni di piazza della segretaria Schlein e tra l’altro scrive così: ‘’…Partecipazione e mobilitazione sono un tonificante, un buon viatico per la campagna elettorale. Ma non sono sufficienti. Vi sono due elementi da considerare: occorre un approccio corretto alle prossime elezioni europee e, soprattutto, valutare ciò che serve al Pd dopo questa scadenza, per costruire una credibile alternativa. Sul primo punto, il Pd deve stare attento a non alimentare aspettative eccessive. E qui si pone il problema di come misurare i risultati delle Europee. È opportuno ricordare alcuni dati: nel 2019 il Pd ottenne il 22,7%, poco più di sei milioni di voti, con una percentuale complessiva di votanti al 56%. In quel Pd c’erano ancora dentro Renzi, e anche Calenda, che fu anzi solennemente candidato come il front runner emergente’’.
Nel 2022, il Pd ottenne poi il 19%, con 5 milioni e 350 mila voti (la partecipazione al voto fu del 63,9%). Le elezioni europee, dovrebbe essere noto oramai a tutti, non sono un termometro affidabile, sia per il maggiore astensionismo che per l’approccio più volatile di molti elettori e Renzi e Salvini ne sanno qualcosa. Sarebbe dunque improprio caricare di attese il voto del 9 giugno 2024. Del resto, anche l’andamento dei sondaggi consiglia prudenza: dopo la depressione acuta registrata nei mesi post-elezioni, la nuova segreteria ha riportato il Pd intorno al 19% (con il duo Renzi-Calenda, ora diviso, ora insieme intorno al 5-6%), ma negli ultimi tempi il dato ha ristagnato verso il basso.
Ciò detto Floridia osserva ancora su Strisciarossa: ‘’…Occorre ricordare un elemento di fondo: il potenziale di espansione elettorale del Pd, a breve termine, non è molto ampio. Ci sono margini di crescita, specie recuperando dall’astensionismo; ma è difficile sperare in una sostanziale crescita, rispetto a quello che sembra, al momento, bensì una base solida di consenso, ma pur sempre gravitante intorno al 20%. E a tutti coloro che sono pronti a impartire lezioni, occorre chiedere: ma vi rendete conto della profondità della frattura che il Pd ha vissuto (e non da ora: negli ultimi dieci anni!) con grandi pezzi dell’elettorato popolare? Pensate che bastino pochi mesi per recuperare un distacco maturato e consolidatosi nel tempo? La narrazione mediatica sul ruolo salvifico dei leader produce molti abbagli: i movimenti profondi degli elettori sono più lenti di quanto comunemente si racconta. E il vero e proprio esodo di oltre sei milioni di elettori che ha colpito il Pd, dal 2013 al 2022, è uno di quei fenomeni di massa che ben difficilmente si può sperare di rimarginare in poco tempo. Milioni di elettori che, talvolta, hanno votato per altri, ma sempre più spesso si sono rifugiati nell’astensione’’.
La nuova segretaria sta, in effetti, ricostruendo un’immagine del partito, ma riconquistare una credibilità perduta è un lavoro molto arduo. Ed è un lavoro appena iniziato. Elly Schlein in questi mesi ha cercato di ridefinire il profilo del partito attraverso un’insistente campagna su alcuni temi ma dopo le elezioni europee si dovrà aprire necessariamente una nuova fase: il profilo del partito non può nascere da una sommatoria di campagne su singoli spezzoni di programma.
Il suggerimento che Floridia offre e’ il seguente: ‘’…occorre definire, e saper proporre poi, una visione complessiva per il futuro dell’Italia. E’ solo questa visione che può provare a ricomporre una coalizione sociale, prima ancora che politica, che possa tenere insieme e parlare ad una società italiana attraversata da mille divisioni, da interessi particolaristici, da difese corporative: e che, anche nelle sue parti più deboli e subalterne, stenta a vedere un progetto che ridia speranza e futuro’’.
E qui si toccano pero’ alcuni tasti tuttora dolenti. Nel Pd continuano a mancare luoghi e strumenti e prodotti di un’elaborazione politica e intellettuale che abbia un respiro adeguato alle esigenze del momento storico. Questo bisogno di un adeguato retroterra di elaborazione politica e culturale si nota in molti ambiti della politica del Pd. E spesso si continuano a mettere tra parentesi, o sotto il tappeto, le evidenti diversità di approcci culturali che convivono malamente, specie all’interno dei gruppi dirigenti. E così, in molti casi, i discorsi rimangono inevitabilmente generici.
Per ultimo ma non ultimo il partito, che qui in Calabria – da Cosenza a Reggio passando per Catanzaro, Crotone e Vibo – ondeggia e traballa, in attesa della conferenza programmatica che Irto ha anticipato si terrà a gennaio. Ma dovrà essere una conferenza in cui tutto il partito sia chiamato davvero a ripensare tutto il suo modo di discutere e di decidere, il suo funzionamento, gli strumenti e i luoghi della partecipazione. Lo spettacolo di questi giorni non induce alla speranza e le cronache dal Pollino allo Stretto sono il segno di un malessere serio e profondo.