Quest’anno ricorre il sessantesimo della morte di Scott LaFaro, le cui origini erano di Siderno, uno dei contrabbassisti più innovativi della storia del Jazz, che rivoluzionò il modo di suonare questo strumento. Nonostante la sua giovane età, è riuscito a lasciare un’impronta nel panorama musicale, che oggi rivive nelle pagine del libro del professore Staiano, presto in uscita
Prossimamente uscirà un manoscritto di circa 200 pagine, pubblicato in inglese e in italiano del professor Vincenzo Staiano su Scott LaFaro, un musicista affermato, morto tragicamente in un incidente stradale il 6 luglio 1961. La sua tragica fine ha suscitato grande sgomento nel mondo del jazz. In questa intervista, Staiano ripercorre, le fasi del suo lavoro, tratteggia la figura di questo genio della musica, ed evidenzia la sua passione per il jazz.
Professore, iniziamo con una sua breve biografia.
Mi sono laureato all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, ho studiato anche nel Regno Unito e ho insegnato Lingua e Letteratura Inglese nei licei. Parallelamente all’attività didattica, sono stato impegnato in altri campi e ho avuto diversi incarichi di direzione e progettazione dall’Associazione Culturale Jonica e dall’ISMEZ (Istituto per lo Sviluppo Musicale del Mezzogiorno). Ho lavorato per il Festival International del Jazz “Rumori Mediterranei”, sin dalla sua fondazione, con diversi ruoli che mi hanno consentito di entrare in contatto con i più celebri musicisti della scena jazzistica mondiale. Nel 2013 sono stato nominato direttore artistico del Festival, dopo essere stato coordinatore e membro del suo comitato artistico per molti anni. Tra le tante cose, sono stato anche membro del board del Europe Jazz Network, consulente del Balkan Jazz Showcase di Tiranae, ho avuto ruoli di direzione e di progettazione in numerosi eventi musicali, cinematografici e teatrali di grande rilievo. Ho scritto numerosi articoli per diverse testate e report per pubblicazioni di vario tipo.
Lei ha appena scritto un libro su Scott LaFaro, un ragazzo che ha lasciato il segno nel panorama della musica afroamericana. Perché questa scelta?
Quest’anno ricorre il sessantesimo della sua scomparsa e coincide con la fine di una mia ricerca durata parecchi anni e culminata nella stesura di un manoscritto di circa 200 pagine, che sarà pubblicato a breve in inglese e in italiano. Scott è morto in un incidente stradale vicino a Geneva, a 300 miglia da New York, all’alba del 6 luglio 1961. Era ormai un musicista affermato e la sua tragica fine ha suscitato grande sgomento nel mondo del jazz. Ho cominciato a occuparmi di lui quando ho scoperto le sue origini calabresi, grazie alle informazioni ricevute personalmente dalla sorella Helene La Faro Fernandez, che ha scritto la sua biografia. L’ho aiutata a scoprire le vere origini dei suoi nonni paterni, che conosceva solo in parte. Come lei stessa ha documentato, erano partiti da Siderno. Era una famiglia “Complessa” con radici e ramificazioni anche a Cannitello e a Falerna. Originariamente si chiamava Lofaro, ma il cognome negli USA ha subito la trasformazione in LaFaro. Anche Joe, il papà di Scott, era un musicista ed è stato un enfant prodige, poiché a tre anni sapeva già suonare il mandolino. Dopo aver frequentato il conservatorio è diventato un violinista di grande successo e ha suonato con i grandi del suo tempo, prima di accettare l’incarico di direttore d’orchestra di un locale di Geneva, che ha una parte importante nella storia da me raccontata.
Su quale punto in particolare si focalizza il suo libro?
Ritengo opportuno precisare che il mio lavoro non è una biografia e tantomeno un saggio musicologico, ma solo il ritratto di un grande artista che ha avuto un ruolo di primo piano nelle formazioni nelle quali ha militato. Scott non è stato un “Sideman”, come alcuni lo dipingono, ma un “Primus inter pares”, ed è questo l’aspetto sul quale si focalizza il mio libro. Per ovvie ragioni non ho potuto trascurare il livello biografico (l’ho minimizzato, infatti, ci sono solo alcuni passaggi che ricordano il periodo della sua infanzia e adolescenza a Geneva, Ontario, USA, e la storia inedita dei nonni paterni, Rocco Giuseppe Lofaro e Carmela Umbaca, che erano emigrati negli Stati Uniti da Siderno alla fine dell’ottocento), per il resto il mio studio è quasi tutto incentrato sul rapporto di Scott con altri grandi musicisti del suo tempo, della seconda metà degli anni cinquanta. Mi sono sforzato di offrire una differente versione della sua vita, rispetto a quella raccontata dalla sorella Helene e l’ho fatto utilizzando, principalmente, i dati forniti da alcuni autorevoli studiosi americani e francesi. Sono state prese in esame anche altre figure di spicco con cui Scott ha condiviso la sua storia straordinaria. Quelle di Bill Evans e Ornette Coleman sono le più significative. Credo che il valore aggiunto del mio studio, però, rispetto a tanti altri, sia costituito da una riflessione sul rapporto tra jazz e letteratura.
Per leggere la versione integrale dell’articolo di Rosalba Topini scarica la Riviera di domenica 4 luglio. Clicca qui in basso
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