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martedì, Dicembre 3, 2024
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La ‘trinità di Cafiero de Rhao: ex Procuratore, tennista e per alcuni altro!

Ci scrive Vincenzo Speziali in merito ad alcune controverse accuse che si sono rivolti in questi giorni due eccellenti candidati al prossimo parlamento Italiano

“Se il buongiorno si vede dal mattino la carriera politica dell’ex Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho non inizia affatto nel modo migliore”, scrive, testualmente, un notorio giornalista antimafioso -strana questa professione: sarà nuova? Booh…vai a saperlo!- ovvero Giorgio Bongiovanni.
Egli, infatti, ritorna -a seguito di Antonio Ingroia- sulla vicenda della estromissione di Nino Di Matteo, operata da Cafiero, allorquando costui era a Capo della DNA (cioè la Superprocura Nazionale), ed il sottoscritto -pur non condividendoli, poiché legalitario e quindi garantista- deve seguire il tutto a ruota, poiché bisogna informare la gente, circa queste ‘stralette giacobine’.
Patti chiari, futuro (in quanto cooptato) Onorevole Deputato, già Procuratore di Reggio Calabria, anche Nazionale Antimafia e -per dirla alla Manzoni e ricordando uno che aveva una statura simile alla sua (professionale, morale o di altra natura?)- “dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno- dicevo, lo scrive (riportato in incipit), il nominativo citato (sempre in in incipit).
Per le ragioni or ora accennate, indirizzate verso tal costui e non a me, eventuali ‘remarques’ (osservazioni negative, tradotte dal francese all’italiano e pure nello slang cafierano), tanto vi conoscete bene, pur se adesso, ve ne date – o così parrebbe- di santissima ragione, pubblicamente sottolineando.
Lo dico in quanto, una mia congiunta -a cui ho dedicato la mia vita ed è la cosa più importante della medesima (mentre i miei figli, rappresentano essa)- vive nel terrore che le lecite osservazioni, da me mosse all’indirizzo del candidato ‘stellato’, potrebbero indirizzarmi reprimende, perché il costui potrebbe non essere un uomo di mondo, epperò, al contempo (forse?), credersi bravo a tennis più di Nadal e a calcio meglio di Maradona.
Se così fosse, avrebbe un ego smisurato, ovvero direttamente proporzionale all’altezza di un brevilineo, ma la suddetta mia amorosa congiunta (non menzionabile, in luogo alla riservatezza e alla sua propensione di trascinare, notoriamente e facilmente, in Tribunale -a Beirut, ma non solo!- chiunque, persino pubblici funzionari italiani, benché ad oggi pensionati), è in allarme, a fronte delle non escludibili azioni di zelanti colleghi o ex, dell’aspirante parlamentare qualunque (sarà Cafiero?), poiché -sempre ad avviso della mia congiunta (purtroppo esperta di ‘cattivita`dittatoriali’ contro le libertà costituzionali)- incorrerei nell’accusa di ‘lesa maestà’.
Quest’ultima ipotesi di reato -confermiamolo- in Italia non è codificata (benché, talvolta mi sembra applicata o applicabile), al pari del concorso esterno in associazione mafiosa (infatti, nemmeno esso è codificato!), però se è stato possibile, giuresprudenzialmente parlando, un abominio giuridico come ‘la fecondazione in laboratorio’ della partecipazione alla mafia, ma restando fuori da essa (o si è o non si è mafiosi, al pari di qualcuno che non si iscrive ad un circolo qualsiasi perché non sa -prodromicamente- se vi sono solo persone perbene, perciò o ci è o ci fa!), è d’uopo ribadire l’allarme e il timore (della congiunta di cui prima), quindi, avverto (a futura memoria e perché rimanga agli atti), quanto possa accadere, purtroppo.
Io, da parte mia, tranquillizzo i miei affetti tutti, eppure, se anche il rischio c’è, realmente esiste, vado avanti, indomito ed adamantino, perché quantunque storture vi fossero, le si denunciano, al pari delle accuse gravi o dei rilievi, che fanno giornalisti vari (non certo, frigide pseudoconcettuali, nonché posticce platinate, quasi di fianco ad una stazione ferroviaria allocate, purtroppo non per esercitare la professione del sollazzo, bensì quella della divulgazione a cottimo, preceduta da laute sovvenzioncine, ed in coerenza continuativa, al deprecabile esempio di un dante causa, laido, sporco, obeso, prezzolato e defunto, perché il fegato gli è scoppiato…beccate questa!).
Certo, Bongiovanni non ci va giù con tenerezza, semmai rincara la dose, assestando dei colpi seri per la credibilità del musicologo sancarlista partenopeo, attuale candidato per un posto da deputato nominato (giammai eletto, perché non abbiamo il proporzionale), e, al contempo, costui è persino -lui tapino!- tennista sfortunato, poiché senza campo trovato, a fronte di qualche incontro indelicato (ma esclusivamente nel suo ego autenticato), oggi è un girovagato accompagnato, non solo da bodyguards scortato, bensì dal mondo pentastellato: mamma mia, che guazzabuglio ho raffigurato!
Difatti, il giornalista prosegue, scrivendo testualmente: “Alla luce di tali affermazioni è nostro dovere ripristinare la verità dei fatti.
Non è affatto vero che vi fu una segnalazione al Csm con richiesta di approfondire l’accaduto.
Il Procuratore de Raho prima adottò un provvedimento “immediatamente esecutivo” rimuovendo Di Matteo dal pool che indaga “entità esterne nei delitti eccellenti di mafia” e solo dopo informò il Csm dell’espulsione avvenuta.
Nel merito la questione davanti al Csm fu portata non da de Raho, ma da Di Matteo che presentò un ricorso ufficiale con tanto di osservazioni sull’illegittimità del provvedimento. Così entrambi i magistrati furono convocati dal Consiglio superiore della magistratura.
Poi, nel settembre 2020, prima che la pratica fosse discussa al Csm, de Raho tornò sui propri passi reintegrando nel pool stragi “con effetto pienamente ripristinatorio” Di Matteo.
Forse capì di aver commesso un errore. Forse si rese conto di essere andato oltre, nel momento in cui era logicamente plausibile che il Csm, alla luce dei fatti, avrebbe dato ragione proprio a Di Matteo”.
Già ciò sarebbe raccapricciante anziché no -pure in virtù del fatto che si parla di un cervellotico procedimento a mio avviso indimostrabile, poiché non reale, ovvero quello denominato ‘Trattativa Stato Mafia’ (ed infatti in Appello tutti sono stati prociolti, in quanto il fatto non sussiste)- ma questa singolar tenzone tra (presunti?) ‘professionisti dell’antimafia’ -il cui termine fu coniato, spregiativamente (per giusto o sbagliato che sia) da Leonardo Sciascia, nel gennaio del 1988, ed oggi lo farebbe impallidire al punto tale da renderlo bianco, quasi come una camicia di commerciale sartoria napoletana (a sua volta utilizzata da qualcuno dei citati)- dicevo un bailamme similtale, tra puristi e manettaristi, fa venire il giramento di capo, ma pure quello di un paio di cose, ubicate nel corpo maschile (anche in quello dei maschi attempatelli, i quali si spacciano ancora per focosi amatori, in più di donne alte).
Continuiamo, però, con la chiosa bongiovannesca, cioè nel boatico: “Tornando a de Raho, e le sue bugie, un consiglio non richiesto all’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, oggi leader del Movimento Cinque Stelle e candidato alla Camera nelle imminenti politiche: prenda provvedimenti e dica al suo candidato di rettificare certe dichiarazioni.
Se Cafiero de Raho inizia a mentire al popolo prima ancora di essere eletto è chiaro che non può essere un buon candidato. E questo gli elettori, che domenica si troveranno a scegliere i propri rappresentanti, devono saperlo”.
Ora, parliamoci chiaro e fuor di denti o di metafora, ma ognuno, tutti, ciascuno e centomila (scusandoci con Pirandello per la parafrasi), cosa dovrebbero pensare?
Per l’ennesima volta, invito Cafiero (o il presunto Nadal, oppure l’aspirante Berrettini, ma comunque, rimarrebbe sempre, più anzianotto, rispetto a quest’ultimi due) di spiegare, di rettificare, insomma di dire qualcosa di organicamente vero e supportato da consecutio temporum (in tutti i sensi, cioè persino cronologico!), in quanto è il suo fronte, il suo campo di origine, ad inseguirlo e -come se, poi, fosse difficile!- a delegittimarlo.
Io, al limite, mi limito allo sfottò…e faccio bene!

Vincenzo Speziali

 

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