Metteo Lo Presti commenta una discutibile frase di Giorgia Meloni, salvo poi iniziare un’analisi generale su governo, valori e ideologia moderne e su quanto queste vadano ad impattare sull’animo umano.
Matteo Lo Presti
“Serve una dura lotta per difendere la famiglia e Dio”.
Questa discutibile frase pronunciata da Giorgia Meloni in Ungheria ha sollevato reazioni controverse. Si va dall’opinione di un vescovo della Puglia, non privo di ironia, che ha predicato “La Meloni vuole diventare Papa”. Oppure, alla ripresa dell’ambigua citazione del coltissimo papa Benedetto XV che ricordava come il grande filosofo Emanuele Kant agli inizi del 1800, andava sostenendo che non è possibile fondare dimostrazioni dell’esistenza di Dio su basi razionali. Per sostenere che la libertà, l’immortalità dell’anima e il pensiero di Dio erano riflessioni alimentate dai valori etici di un cercare che dalla finitudine dell’uomo andavano a sfiorare il mistero dell’infinito. Perché scalare le montagne, perché sondare gli abissi marini, perché ammirare la sfida di Michelangelo nella Cappella Sistina o il Cenacolo di Leonardo se non per dare all’esistenza umana il valore di una spiritualità complessa e tragica? Ma mentre il Papa tedesco avvalorava questa indagine filosofica per confermare la bontà della costruzione cristiana, gli interpreti superficiali ignorano che la Meloni con questo abuso del riferimento a Dio e alla religione ha solo voluto riempire i vuoti disperati della politica (parola di origine greca = gli affari, i problemi della città, della comunità). Il 15 settembre sull’Avvenire, il quotidiano della Cei, è apparso un editoriale che criticava Donald Trump per la sua improvvisa esibizione della Bibbia e il volubile Salvini per cercare consensi elettorali mostrando corone del Rosario o Putin che colora la sua ortodossia in combutta con il metropolita di Mosca, più attento all’accumulo di potere e di denaro che non alla solidarietà. E come dimenticare il giornalista Alessandro Sallusti che negli anni del Covid di fronte alle critiche al suo protetto Salvini, che girovagava per Roma, lo giustificò con tono apologetico “Ha fatto quello che ha fatto il Papa”. Bestialità. Ecco che leggendo le parole che Nicola Abbagnano nel suo Dizionario di Filosofia dedica al concetto di Dio appare disvelata la totale ignoranza della Meloni sul possente concetto. Spiega Abbagnano “Due sono le qualifiche fondamentali che i filosofi hanno attribuito e attribuiscono a Dio: quella di Causa e quella di Bene. Per la prima Dio è il principio che rende possibile il mondo o l’essere in generale. Per la seconda è la fonte o il garante di tutto ciò che di eccellente c’è nel mondo e soprattutto nel mondo umano”. Così la pensavano Giordano Bruno, Baruch Spinoza, Schelling ed Hegel. E Platone nel suo mito di Er con intensità etica si affidava alla libertà dell’uomo “La virtù non tollera padroni, ognuno ne parteciperà più o meno a seconda che più o meno la onorerà. Ciascuno è imputabile della sua scelta: la divinità non è imputabile. E il Demiurgo predispone ogni cosa per non essere causa della futura malvagità dei singoli esseri”. Ogni qualvolta nella storia si è voluto difendere Dio (almeno quello cristiano) sono accadute cose da creare vergogna all’umanità: le crociate medievali verso il Santo Sepolcro, origine dell’avidità capitalista, lo sterminio delle popolazioni americane da parte di re cattolicissimi, il “Dio è con noi” delle orde naziste che hanno devastato il mondo europeo.
Il miscuglio tra fede e ragione, che legge Dio come creatore dell’ordine morale poggia sul concetto di Provvidenza, un concetto di ordine razionale: ordine che è Dio stesso o è da Dio. Ma la Meloni ignora persino Federico Nietzsche,, scioccamente in Italia considerato da falsi interpreti, come mentore del Fascismo (vedi D’annunzio). Nietzsche aveva parlato della “Morte di Dio “in segno di un rinnovamento del cristianesimo che dovrebbe liberarsi dalle strutture mitologiche o soprannaturali e ritrovare la purezza del suo messaggio. “Dio non è, ma sarà”, perché in questa nuova teologia si realizzerà come amore nel seno di una comunità umana che si adegui all’esempio di Cristo. La Meloni in modo smodato esibisce un Dio sottomesso ai suoi stracci ideologici, che pretende sventolare come bandiere.
La Meloni cristianamente non ha capito che la vera rivoluzione della buona novella (= evangelo) è quella di Gesù Cristo che si è incarnato nell’uomo da non offendere sempre e ovunque. Anche evitando le navi militari contro i barchini degli immigrati.
Davide Maria Turoldo (friulano di Coderno) sacerdote dell’ordine dei servi di Maria, che in Duomo a Milano dal pulpito si mise a cantare Bandiera Rossa con spirito ecumenico e appassionato, ha lasciato scritto in un suo volume “Il diavolo sul pinnacolo “ed. Paoline: “Il diavolo, che significa colui che divide, tende sempre a separare, a escludere. Cristo invece, che è il simbolo del tempo e dell’eterno, il simbolo del fisico e dello spirituale, del visibile e dell’invisibile, cercherà sempre di proporre l’unità e la sintesi “sta scritto: non di solo pane vive l’uomo, certo anche di pane: di pane e di Parola. Questa l’armonia è la completezza. Una completezza che sarà da conquistare sempre: il nobile destino dell’uomo dentro una storia lacerante di conflittualità e di contraddizioni senza fine. Dove tentazione può essere non soltanto il materialismo, ma anche il falso spiritualismo:
“l’astrattezza che può essere definita un peccato contro la stessa creazione”.
Giorgia Meloni per ora ha esibito anche con questa frase “difendere Dio” illimitata esaltazione e potenza, non utilizzabile nella storia né nella quotidianità. Spesso ripete di essere cristiana. Vuole dire testimone? Ma ora è il tempo di mettere in campo la cultura filologica. Testimone nella lingua greca è il martire. Vada, Primo Ministro a sacrificare qualche ora nel Mediterraneo del sud, ad accogliere qualche naufrago: le si aprirà davanti il mare dell’eternità ,alla quale lei certamente crede.
“La smetta – come diceva un emerito docente di filosofia della religione dalla cattedra di Genova – la smetta di far fare a Gesù la figura del povero cristo”