Il processo a Marjan Jamali, giovane iraniana, e Babai Amir, presso il tribunale di Locri, ha rivelato una significativa lacuna nelle fasi investigative iniziali: nessuno degli interpreti parlava farsi, la lingua madre della Jamali. Questa mancanza è emersa durante l’udienza grazie alle domande degli avvocati difensori Giancarlo Liberati e Carlo Bolognino. Gli investigatori hanno confermato che gli imputati non potevano comprendere pienamente gli interpreti. Questo dettaglio è cruciale per la difesa di Jamali, che si trovò da vittima a indagata senza poter capire appieno le accuse mosse contro di lei. La questione della nazionalità degli interpreti e l’analisi dei contenuti dei telefoni sequestrati, in particolare le foto, sono stati punti chiave dell’udienza, cercando di dimostrare l’innocenza degli imputati.