Il 2 maggio 2017 la A.E.T. S.r.l., società di cui ero e sono socio, ha ricevuto una comunicazione interdittiva da parte della Prefettura di Reggio Calabria. Lo stesso giorno mi sono dimesso da Presidente di Confindustria.
Più volte, nelle riunioni di Assindustria avevamo considerato che “La mafia non si può combattere con i guanti bianchi” e che il prezzo che la società civile e le imprese potevano essere chiamate a pagare per questo motivo, considerati gli interessi generali, fosse più che giustificato.
Quel giorno, però, il pensiero è andato, innanzi tutto, ai dipendenti della A.E.T., a mia moglie e ai miei figli; per tutti loro, nonostante l’interdittiva poteva essere un evento tombale per la società, bisognava impegnarsi, fosse anche solo per dimostrare da che parte eravamo sempre stati. E, poi, c’era la sensazione sgradevolissima che lo Stato non mi accettasse più!
È iniziato così un percorso difficile. La A.E.T. S.r.l. è stata la prima società italiana ad essere ammessa dal Tribunale Misure di Prevenzione al controllo giudiziario previsto dall’articolo 34 bis del Codice Antimafia e questo le ha consentito di proseguire nell’attività.
La Procura, il Tribunale e l’Amministratore Giudiziario sono stati rigorosissimi ma conseguenziali; noi abbiamo capito che, soprattutto chi opera in questo contesto, deve migliorare la propria organizzazione perché solo questa è la via per fugare, per quanto possibile, il “sospetto” che sta alla base delle interdittive antimafia.
Oggi, la A.E.T., non solo ha una nuova governance e funzioni di controllo indipendenti, ma si è anche avviata verso un’organizzazione dei processi che, oggettivamente, rappresenta un argine concreto per i tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata.
Abbiamo imparato che se un’impresa vuole affrancarsi dal “sospetto” non deve affidarsi solo al buon agire dei suoi soci ma deve essere essa stessa strutturata in modo da auto proteggersi.
A luglio di quest’anno il Tribunale ha preso atto delle iniziative assunte dalla A.E.T. e ha accertato che il sospetto che mi riguardava e per cui la Società aveva ricevuto il provvedimento inibitorio non aveva portato all’emersione di alcuna circostanza pregiudizievole. Adesso la Prefettura ha esitato favorevolmente l’istanza di aggiornamento dell’interdittiva.
La A.E.T., in un sistema inevitabilmente imperfetto, si è difesa senza mai muovere alcuna critica alle istituzioni ed oggi ha il dovere di manifestare pubblico apprezzamento per essere stata indotta, con intransigenza ma senza pregiudizio alcuno, ad un percorso di crescita e miglioramento.
Il prezzo che noi soci abbiamo pagato non è stato inutile: oggi la A.E.T. S.r.l., che dà lavoro a più di 50 dipendenti, è nelle condizioni di andare avanti con serenità e ha il dovere di non deludere tutti coloro che in questo progetto si sono impegnati.
Stasera penserò ancora una volta ai dipendenti della A.E.T., ai miei cari e mi commuoverò al pensiero di essere riconosciuto così come mi sento e sono sempre stato: un cittadino perbene!
Andrea Cuzzocrea