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lunedì, Novembre 25, 2024
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Israele, Palestina, Onu e Iran: la storia si intreccia

La storia di Israele si intreccia con quella delle Nazioni Unite nel 1948, con la Palestina, con il Libano e l’Iran. Qui un’analisi politica dei fatti storici e della geopolitica dagli antipodi dopo la Seconda Guerra Mondiale fino ai nostri giorni.

di Rimmon Lavi

Israele deve la sua esistenza alla risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947 di terminare il mandato coloniale (dato dalla Società delle Nazioni alla Gran Bretagna dopo la prima Guerra Mondiale, smembrando l’impero ottomano) per creare due stati in Terra Santa, uno ebraico e uno arabo.

Tutti gli stati arabi si opposero allora e negli anni seguenti alla spartizione della Palestina, data la netta maggioranza araba della popolazione, e dato che Gerusalemme e per i musulmani la terza città santa dopo Mecca e Medina, e tutta la Palestina parte del Wakf, cioè proprietà sacra per l’eternità, tanto più dopo le crociate. Come si puo’ dunque spiegare l’urto attuale tra Israele e l’ONU e le sue agenzie, sempre più sentito anche sul piano diplomatico, e ultimamente anche sul piano militare, con urti diretti con le unità dell’UNIFIL nel sud del Libano, e con l’UNRWA nella Striscia di Gaza? A lungo si è potuto in qualche modo spiegare le azioni d’Israele come legittima difesa contro il rifiuto dei paesi arabi all’esistenza stessa dello Stato degli ebrei e contro il terrorismo, sovvenzionato e protetto in tutto il Medio Oriente. Le numerose decisioni antiisraeliane all’ONU e alle sue agenzie, tra cui l’UNESCO e il Comitato internazionale per I diritti dell’uomo,  adottate appunto in frequenza e in proporzione assurde, relativamente a crisi umanitarie altrove, inclusi paesi arabi come la Siria, potevano essere attribuite al dominio dei paesi arabi e musulmani assieme a coalizioni antioccidentali nei diversi organi internazionali, eccetto il Consiglio di Sicurezza grazie al veto degli USA.

Invece, i trattati di pace con l’Egitto e la Giordania,il processo di Oslo coi palestinesi, pur  bloccato dal terrore e dai coloni, e la proposta saudita del 2002, adottata dalla Lega Araba, di riconoscimento reciproco tra Israele e la Palestina, come base di accordi di pace tra tutti gli stati del Medio Oriente, hanno messo in luce che le azioni d’Israele in Cisgiordania da una parte, e quelle del Hamas, sostenuto dall’Iran e dal Hezbollah libanese dall’altra parte, impediscono di iniziare persino trattative per implementare programmi di pacificazione e di risoluzione del conflitto arabo-ebraico. E l’ONU e le sue agenzie e persino la Croce Rossa si trovano in mezzo al fuoco, letteralmente, anche se non si dovesse tacciarle di essere parziali. Ecco la Croce Rossa che non sa proprio nulla dei 101 ostaggi israeliani nascosti dal Hamas nelle gallerie scavate sotto Gaza, perchè si tratta di un’organizzazione terrorista e non di uno stato di diritto – mentre ci si aspetta da Israele di essere sotto controllo della Croce Rossa se osserva le regole internazionali sui terroristi catturati dopo 3 giorni di vero e proprio pogrom micidiale del 7/10/23.  

Ecco l’UNIFIL, i “caschi blu”, corpo dell’ONU nel sud del Libano in cui partecipano anche unità italiane, che avrebbe dovuto implementare la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 2006, di aiutare l’esercito libanese a prendere controllo del sud del Libano, con il ritiro d’Israele, e impedire azioni, fortificazioni e introduzioni di materiale militare e milizie del Hezbollah (che del resto secondo la risoluzione 1559 precedente avrebbe dovuto essere disarmato completamente) cosa abbia fatto l’UNIFIL da allora, ne hanno avuta prova durante tutto quest’anno le decine di migliaia di abitanti dei villaggi e cittadine al nord d’Israele, che sono state sfollate a causa del tiro continuo sia diretto sia parabolico dalla frontiera, e ancora più adesso che si scoprono le fortificazioni del Hezbollah. Certo ciò non giustifica sparo diretto contro unità dell’UNIFIL da parte dell’esercito israeliano: questo però sostiene che le unità di Hezbollah agiscono all’ombra o in vicinanza delle postazioni UNIFIL, usate da loro come scudo di protezione, proprio per coinvolgerle. Ecco l’UNRWA, l’agenzia speciale per i profughi palestinesi, autonoma e separata dall’UNHRC, quella generale per i profughi di tutto il mondo, che invece di promuovere la riabilitazione e  la sistemazione nei paesi in cui si sono rifugiati o in altri disposti ad accoglierli, li tiene per generazioni nei campi, coltivando l’identità, la coscienza e l’odio di rifugiati, come voluto dagli stati arabi per servire da carta di contrattazione contro Israele. E’ vero che la Nakba, la tragedia palestinese del 1948, è l’unico caso di esodo (costretto dalle forze israeliane o parzialmente incoraggiato dagli arabi) di buona parte della popolazione che formava la maggioranza del territorio, invece di minoranze etniche o religiose in altri casi. Pur sempre sono problematici non solo la funzione educativa delle scuole dell’UNRWA di perpetuare l’odio verso Israele, ma anche l’aiuto attivo ai gruppi terroristici come il Hamas, per nascondere armi, fortificazioni, postazioni di missili, partecipare al pogrom del 7/10/23 e persino tenere in custodia ostaggi israeliani rapiti a Gaza. 

Quando adesso le manifestazioni ProPal nel mondo occidentale si fanno sotto lo slogan “from the river to the sea, Palestine will be free” ovvero “dal fiume al mare la Palestina sarà libera”, si ignora totalmente non solo la risoluzione della spartizione e le successive risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, ma anche e soprattutto la realtà attuale di una nazione israeliana di 8 milioni di ebrei con 2 milioni di cittadini arabi in processo di integrazione e parificazione civile. Certo Israele non ha permesso il ritorno dei profughi del 1948, viola il diritto internazionale colonizzando la Cisgiordania e bloccando per anni la striscia di Gaza e ha reagito da gradasso vendicatore al pogrom del Hamas, calpestando la popolazione civile di Gaza, senza creare le condizioni per una alternativa civile al dominio dei terroristi. Alternativa che sarebbe possible con l’aiuto degli stati arabi sunniti: questi, come tutto l’occidente, sarebbero felici se Israele da sola riuscisse a eliminare il terrorismo, sostenuto dall’Iran, e anche la minaccia stessa degli Ayatollah (come se fosse possible!). Ma la condizione dei paesi arabi per prendere parte alla riorganizzazione civile della striscia di Gaza, è di procedere verso una soluzione del conflitto coi palestinesi: proprio ciò che la coalizione sovranista d’estrema destra in Israele rifiuta, perchè intacca la supremazia ebraica e il dominio monopolistico in Terra Santa.     

Invece quanto al Libano e all’Iran, non si riesce neppure a pensare a un’alternativa, dopo l’annullamento a suo tempo, grazie al Trump spinto dal Netanyahu, dell’accordo internazionale con l’Iran per limitare lo sviluppo nucleare. Annullamento che permesse al regime fanatico degli Ayatollah di arrivare alla soglia delle armi nucleari, con missili balistici a lunga portata. Inoltre questo regime si e’ basato anche in Siria, avendo salvato Bashar El-Assad dalla spaventosa guerra civile, nell’Iraq e nello Yemen e rafforza il Hezbollah in Libano, dove già c’è maggioranza sciita. Un accordo sulla striscia di Gaza avrebbe forse potuto fermare i razzi del Hezbollah, ma non allontanarlo dalla frontiera, disarmarlo o ridurre la sua influenza politica in Libano. E pare che sia l’Iran sia il Hezbollah pianificavano un attacco su Israele (simile a quello che il Hamas ha fatto da solo senza aspettare gli alleati) ancora più grave, coordinato dalle frontiere a nord e a sud. Mentre l’Iran e Israele si scambiano colpi reciproci, senza pero’ voler aprire, per ora, una guerra aperta in tutto il Medioriente, anche grazie alla pressione internazionale, soprattutto prima delle elezioni presidenziali negli USA. Speriamo che non sia eletto il Trump, malgrado che le sue arie da gradasso non portano, pare, ad azioni militari dirette (cane che abbaia non morde), ma pur sempre le sue posizioni irresponsabili, anche riguardo alla Russia e all’Ucraina, possono complicare ancora più la situazione. Come i ProPal in occidente stupiscono con la strana alleanza degli antifascisti e anti-colonialisti coi fanatici islamisti, così l’asse Russia, Iran, Cina e Corea del Nord sarà strana se vincesse Trump, amico di Putin ma nemico della Cina più ancora del Biden.

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