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Intervista a Simone Bertogna, il cantautore innamorato della musica, appassionato di De André

Simone Bertogna è un cantautore di Caneva. Pubblicando il suo nuovo singolo, “Schegge” si racconta in questa originale intervista, parlando del suo rapporto con la musica e con un altro cantautore italiano, Fabrizio De André.di Matteo Lo Presti

Nasco a Monfalcone, nel 1972, da ragazzo studio il clarinetto, poi passo al sax, dopo aver visto a 14 anni il film The Blues Brothers. Da sempre appassionato al canto e al mondo dei cantautori, impara a suonare la chitarra e nel 1996 inizia la carriera nell’ambito della musica dal vivo. Attualmente è il cantante del complesso Voltalacarta, omaggio ufficiale del  Friuli Venezia Giulia al genio di Fabrizio De André, con i quali si è esibito in molti teatri italiani, anche nel il mitico teatro Goldoni di Venezia nel 2020. Inoltre, canta in un gruppo in cui si propongono i maggiori successi di noti cantautori italiani e con una formazione con la quale si suonano le hits del movimento flower-power degli anni ’60.

“Schegge” è il suo ultimo lavoro che abbiamo avuto il modo di ascoltare a Caneva. Ci parli del disco, perché questo titolo? che cosa rappresenta “Schegge “?

“Schegge” sono io! E’ un album autobiografico. Ho sentito l’esigenza di raccontare le storie, le amicizie, le notti, le avventure. La vita delle persone a cui ho voluto, e voglio bene. Schegge é il frutto di 30 anni di lavoro, perché io faccio anche l’operaio, di tour, di musica, di sbronze, di sogni, di amori, di luci e di ombre. In Schegge trovate le mie emozioni, la mia anima, ma anche la mia rabbia, i miei demoni. E’ un atto d’amore verso la vita dedicato a tutte le persone che ho incontrato. Potrete trovare la storia di una prostituta, una piccola preghiera pensando a Jim Morrison, un viaggio a Cuba, una mia “serata” degli anni ’90, il rapporto tra una coppia in crisi, la chiusura di una fabbrica, una ninna nanna un po’ speciale e le storie di amori vissuti, sognati, immaginati, trovati e persi.

Nella canzone “Jamilee” c’è un chiaro riferimento a De André. Ci racconti il suo rapporto con il cantautore genovese.

Ho iniziato ad ascoltare Fabrizio De André quando avevo 14 anni: mi sono perso nei suoi versi, nelle sue canzoni e nella magia della sua voce. Il modo ed il coraggio di affrontare certi temi, di parlare di certe realtà. Fabrizio rimane unico ed inimitabile. In Italia oggi più di prima, manca la luce che offrivano i suoi sogni, il suo punto di vista, la sua intelligenza, la profondità del pensiero e la sua critica sociale, mai demagogica. E’ sempre stato per me un punto di riferimento nella vita di tutti i giorni.

Condivida con noi qualche ricordo.

Ripenso spesso all’ emozione provata nel 2006 quando a Genova, nel negozio di Gianni Tassio (grande amico di Faber) in Via del Campo (strada del centro storico da sempre frequentata da marinai stranieri), la vedova di Tassio scomparso da poco, mi diede la possibilità di suonare la mitica chitarra Esteve di De André che era esposta in una teca del negozio, che oggi è diventato un museo, un esempio raro nella nostra cultura. Per me oggi cantare le sue canzoni nei teatri, accompagnato dai favolosi Voltalacarta, è un emozione fortissima, ogni volta  sento la responsabilità e nello stesso tempo l’orgoglio di sognare un mondo migliore. Nei prossimi giorni avrò la possibilità di andare a Ferrara e conoscere Ellade Bandini, vera leggenda della musica italiana e che con De André fece il mitico Tour delle Nuvole ’90 – ’91 e con cui incise l’ultimo album in studio “Anime Salve” nel 1996 ed il conseguente tour nei teatri, prima della prematura scomparsa del nostro Faber. Non vedo l’ora di ascoltare i suoi racconti su quegli anni strepitosi che hanno fatto la storia della musica nel nostro paese.

Poesia e musica, di un uomo candido e magnanimo. Fernanda Pivano amica di Pavese, di Ernest Hemingway, anche lei nata a Genova ebbe a dire “Fabrizio è il più grande poeta italiano del ‘900.” Fabrizio, ruvido e schietto come usa nel costume genovese, rispose “Ma non diciamo belinate – cazzate -.  Dove troviamo oggi un saggio poeta che rinuncia e elogi  smodati, per continuare a vivere il suo impegno solidale con l’umanità degli ultimi. Fabrizio era commovente nella sua umiltà schiva e discreta. Ma come dimenticare “La chiamavano Bocca di Rosa..” oppure “Sparagli Piero Sparagli ora..” versi drammatici contro la bestialità della guerra. La Canzone di Marinella “che scivolò nel fiume a Primavera..” La Ballata del Michè” stanotte Michè si è impiccato ad un chiodo perché..” L’elenco di storie e di personaggi scomodi nella società perbenista, a cui Fabrizio ha ridato libertà, speranza e amore. Il viaggio nella sua creatività sarebbe lungo… smettiamo qui.

Emozioni, passioni e rispetto dell’umanità, sono doni ricevuti dalla sua equilibrata, intelligente vicenda umana, che non possiamo e non dobbiamo dimenticare. La sua stupenda canzone  “Creuza de mà”, viottolo di mattoni rossi accanto al mare, in perfetto dialetto genovese ci indica un cammino nella meraviglia del vivere.

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