La necessità di lavori per la messa in sicurezza della Ionio-Tirreno appare evidente anche ai non addetti ai lavori. Il fatto che ciò comporti il totale isolamento di un territorio grande come la Locride non vuol dire che si possa annullare, limitare o rimandare. Il problema non sono i lavori di manutenzione ma la mancanza di visione politica che, nei decenni, ha portato questo territorio a non avere oggi un’alternativa.
Barbara Panetta
La necessità di lavori per la messa in sicurezza della Ionio-Tirreno è evidente a occhio nudo, chiunque la percorra abitualmente lo fa con un senso di insicurezza perenne, soprattutto nelle gallerie. Una strada senza corsie di emergenza, valichi grondanti acqua, stretti, poco illuminati. Senza manutenzione ordinaria, ma solo qualche intervento emergenziale qua e là. Una trappola mortale in caso di incidenti.
Serve un intervento strutturale di messa in sicurezza?! Si, appare evidente anche ai non addetti ai lavori.
Il fatto che ciò comporti il totale isolamento di un territorio grande e già depresso come la Locride non vuol dire che si possa annullare, limitare o rimandare. Se decidessi io, lo farei partire subito per non mettere a rischio la vita di nessuno.
Il problema non sono i lavori di manutenzione, quelli sono auspicabili, ma la mancanza di visione politica, progettuale e strategica che nei decenni ha portato questo territorio a non avere oggi un’alternativa. La classe dirigente tutta non ha saputo guardare oltre il proprio naso ed anche oggi, davanti al prevedibile disastro per una chiusura necessaria, in alcuni casi ci si ferma alla propaganda fine a se stessa.
Nei mesi che ci separano dalla lunga chiusura della Ionio-Tirreno non si potrà costruire nessuna alternativa, andava fatto prima. Non si può nemmeno alleviare il disagio in maniera decente, al massimo ci si può lavare la coscienza con qualche soluzione buttata lì, inadeguata a reggere il trapasso di aspettative che lavoratori, operatori economici, sanitari e sociali si erano fatti investendo e rimanendo qui. Il disagio non è compensabile in alcun modo, proprio per mancanza di visione pregressa. Si può solo alleviare.
Quindi, che fare? Lamentarsi di uno stato di fatto ormai conclamato non ci aiuterà ad uscire dal problema. Ormai, chest’è!
Si possono, però, fare due cose, secondo me. La prima è quella di pretendere interventi immediati, dignitosi e consistenti per la messa in sicurezza delle arterie alternative di collegamento con l’autostrada e i principali snodi ferroviari, oltre che con il resto del territorio calabrese. Rimarranno enormi disagi, ma vanno quanto più possibile limitati. In cinque mesi non si potrà fare molto, siano consapevoli i vertici politici e istituzionali, ad ogni latitudine, che noi cittadini della Locride lo sappiamo e non ci accontentiamo. Sopratutto per questo servirebbe, con urgenza, una task force (per carità, non per distribuire pennacchi ai partecipanti) che affronti strategicamente i prossimi mesi, interventi e disagi. Con competenza.
La seconda cosa è la programmazione futura, partendo da ORA! Questo territorio ha bisogno di collegamenti viari e ferroviari al passo con i tempi e le esigenze di un mondo interconnesso da cui non può restare escluso. Se la chiusura della Ionio-Tirreno deve servire a qualcosa sia l’ottenimento di un cronoprogramma interistituzionale sulla realizzazione della nuova SS106, della Bovalino-Bagnara, di un profondo ammodernamento della Ionio-Tirreno, di una metropolitana di superficie che colleghi i paesi costieri e li connetta ai principali aeroporti e stazioni ferroviarie.
I fondi del PNRR permetterebbero il finanziamento di tali opere (se qualcuna di queste infrastrutture non rientra nei criteri di spesa, si bussi alle porte dell’Europa e si dimostri come il caso più eclatante, in tutto il continente, di necessità di utilizzo di quelle risorse, per riemergere dal sottosviluppo, sia proprio la Locride. La politica serve a questo.) e la già rodata modalità di abbattimento della burocrazia faciliterebbe la realizzazione in tempi decenti, come per il rifacimento del ponte Morandi, a Genova. In Italia.
Serve mettere in campo tutte le opportunità possibili per programmare e realizzare infrastrutture che non gettino mai più questo territorio nel buco nero dentro cui, inevitabilmente, finirà nei prossimi mesi.
Questo è il momento della protesta e della proposta, cittadini e istituzioni locali insieme, per recuperare l’ignavia del passato.
L’assemblea dei sindaci potrebbe proporre la convocazione di ogni consiglio comunale, in forma aperta, per discutere del tema e deliberare ognuno la stessa proposta da indirizzare a Città metropolitana, Regione, Governo e Commissione europea. Quarantadue comuni e centocinquanta mila abitanti che propongono all’unisono non possono essere ignorati, sopratutto se sono pronti a difendere i propri diritti ad oltranza.
Le istituzioni superiori non potranno girarsi dall’altra parte perché isolare un territorio come questo vuol dire anche fare un favore alla ndrangheta, diciamo che potrebbe configurarsi un concorso esterno. Ecco. Sentitevi tutti fiancheggiatori degli ndranghetisti qualora non interveniste in maniera adeguata contro l’isolamento della Locride!