Vito Pirruccio ci parla del dimensionamento scolastico in questa suo prima fase, riportandoci eventi, dati e pensieri su questa iniziativa che, probabilmente, cambierà non poco l’organizzazione scolastica calabrese
Vito Pirruccio
Si è chiusa la prima fase dell’intervento di dimensionamento scolastico e siamo in attesa della decisione finale della Regione Calabria che, con molta probabilità, confermerà i deliberati della Città Metropolitana di Reggio Calabria e delle altre Province calabresi. Per quanto riguarda la Città Metropolitana di Reggio Calabria, in particolare, non ci dovrebbero essere sorprese, poiché ha concluso i lavori rispettando i tempi e, in linea di massima, anche, i paletti posti dal legislatore e dall’assessorato regionale competente.
Tuttavia, analizzando le scelte, fin qui operate, nell’ottica di contrastare la “dispersione scolastica”, di arginare la “povertà educativa” e di migliorare l’offerta formativa sui territori, rimangono molti passi da fare e se riuscissimo in “zona Cesarini” ad intercettare bene i finanziamenti del PNRR – Missione.4, si potrebbe, anche, porre un argine ad errori di valutazione e scelte discutibili che ereditiamo in larga parte dal passato.
Ad esempio, la Città Metropolitana, su input della regione, ha concentrato il suo focus e il suo intervento partendo dal numero di DS e DSGA assegnati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito nell’ambito del riparto regionale delle risorse professionali e su questo dato ha costruito il riassetto organizzativo scolastico. Ha avuto un occhio di riguardo (e questo è un bene) per i paesi interni, ma non sono state eliminate le pluriclassi nelle aree non montane (Es. Sono troppi 67 plessi di scuola primaria con pluriclassi, di cui solo 3 in area montana o 31 plessi di scuola primaria con meno di 30 alunni, di cui solo 1 in area montana). È riuscita, nell’intento di scontentare il meno possibile, ad aggregare scuole largamente sottodimensionate o parti di esse, ma, in alcuni casi, son venuti fuori istituti troppo frastagliati e con plessi disseminati e distanti dalla sede centrale. Questo è quanto si è verificato nella Locride, la nostra area particolare di osservazione.
Un altro dato di criticità che, in larga parte, ha condizionato le scelte della Città Metropolitana è da ricercarsi nell’impossibilità di operare interventi di riorganizzazione in presenza di strutture e di scelte formative pensate, purtroppo anche nel recente passato, in un’ottica di campanile per soddisfare singole richieste e non in un’ottica di complessità generale. Mi riferisco, in particolare, alle strutture scolastiche, le quali, specie per quanto riguarda la scuola superiore, sono state pensate e mantenute nel tempo come se si dovesse perpetuare vita natural durante il modello formativo affermatosi nel ventennio 60-80, senza alcun adeguamento degli spazi e degli ambienti educativi ai nuovi saperi e alle nuove scelte formative.
Cerco, su quest’ultimo aspetto, di fare un esempio concreto focalizzato sulla Locride, non per vis polemica, piuttosto per il legame professionale intessuto con il territorio in tanti anni di lavoro come insegnante e dirigente. Mi riferisco ai due istituti superiori della Vallata del Torbido e all’Istituto Agrario di Caulonia
ISTITUTI ATIPICI PER STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Nella Vallata del Torbido, unica area pensata e realizzata come Unione di Comuni, insistono l’Istituto Tecnico per il Turismo e il Liceo Scientifico ad indirizzo Sportivo. Si tratta di due modelli formativi che per la loro atipicità (Li definisco atipici per rimarcare la distanza gestionale-organizzativa-formativa rispetto agli altri istituti del contesto territoriale) richiederebbero un’attenzione strutturale particolareggiata più che particolare. La richiesta non è di oggi, ma insiste, ormai, da quarant’anni. Se penso all’ITT di Marina di Gioiosa Jonica – nato in una casa di civile abitazione, cresciuto in due immobili di civile abitazione adattati a scuola (di cui uno in locazione) e mai definito come assetto strutturale proprio – mi spiego, in larga parte, le molte difficoltà che incontra oggi per resistere sul territorio. In una fase di forte calo demografico e di nuovo assetto specialistico definito cervelloticamente a livello ministeriale (Penso all’assurdità di togliere all’ITT l’insegnamento di Conversazione in Lingua Straniera con docenti madrelingua), non resta che attendere il prossimo passo definitivo.
Ma, anche, per quanto riguarda il Liceo Scientifico ad indirizzo Sportivo di Gioiosa Jonica, interessato da un cambiamento formativo da un po’ di anni, si poteva e si doveva puntare, anche in corso d’opera, alla creazione di un corpo strutturale tipo “Campus” superando definitivamente il tradizionale assetto aula-palestra. L’atipicità di questo indirizzo di studi (Che è un merito, in questo caso) comporta l’esigenza di conciliare lo studio tradizionale delle discipline curricolari scientifiche e umanistiche con la pratica delle attività sportive anche semi-competitive. Basta guardare ad esempi virtuosi di istituti scolastici statali e paritari con specializzazione sportiva che si sono affermati nel Trentino-Alto Adige, la regione che ci sta portando sul tetto del mondo con il campione del tennis Sinner e da dove provengono, non a caso, campioni in tutte le discipline che fanno onore al Paese. Penso ad atleti come Alex Schwazer (marciatore), Tania Cagnotto e Maicol Verzotto (tuffatori), Simone Giannelli (Pallavolo) che provengono tutti da questo universo formativo di scuole paritarie e pubbliche. Si tratta, però, di ambienti formativi che hanno strutture e personale specialistico adeguati a questa tipologia di percorso. La struttura più adatta è necessariamente il “Campus” e su questo terreno gli americani hanno fatto e continuano a fare scuola, perché queste realtà formative sono chiamate ad accogliere ragazzi a “tempo pieno” e, quindi, devono disporre di adeguati spazi formativi. È chiaro che non tutti gli studenti diventeranno Sinner e non è giusto puntare solo sui talenti, ma questa tipologia di scuola deve essere modellata per coltivare alcune peculiarità intrinseche del soggetto in formazione con un insegnamento mirato. Ma com’è possibile strutturare un’offerta formativa così ambiziosa dentro il modello infrastrutturale “nuovo-vecchio” realizzato?
Su quest’ultimo aspetto gli amici di Gioiosa Jonica, amministratori e personale della scuola, mi scuseranno se insisto a osteggiare il “nuovo-vecchio” Liceo Scientifico. Capisco che è stato concepito decenni anni fa e conosco i tormenti per la sua realizzazione e la lotta intrapresa e portata a termine dall’allora assessore provinciale dott. Antonio Scali. Però, per quanto riguarda la struttura, ricordo bene che c’era un progetto ambizioso e di lungo respiro proposto e ipotizzato progettualmente 20 anni fa dall’allora assessore provinciale avv. Francesco Macrì. Tale progetto prevedeva la realizzazione della “Città degli Studi” – esattamente all’altezza dello svincolo Jonio-tirreno sul confine del territorio di Gioiosa Jonica-Marina di Gioiosa Jonica in località Giardini – che avrebbe dovuto ospitare sia il Liceo Scientifico che l’ITT. Per la verità, allora non si parlava ancora di Liceo Sportivo, ma per come era stata concepita la Città degli Studi avrebbe agevolato qualsiasi tipo di scelta futura. Quell’idea, ripeto avveniristica e di lunga visione, è stata osteggiata da subito da ambienti politici e scolastici di entrambi i comuni legati a un campanilismo di corto respiro che, oggi, porta, ahimè, i segni e i risultati di quella miopia. Tuttavia, scartata quell’ipotesi, ormai non più percorribile, per il Liceo Scientifico di Gioiosa Jonica, una volta offerta alla Città Metropolitana un’area nel centro del paese di straordinaria bellezza e praticità urbanistica, si poteva costruire un edificio scolastico adeguato ai tempi e non un modello prefabbricato.
Soffermiamoci, ancora, sul presente anche a costo di ripeterci.
Un Liceo Scientifico Sportivo può vedere piena luce con la realizzazione di quel modello strutturale attuale realizzato nell’area più spaziosa e di respiro urbanistico di Gioiosa Jonica? Un polmone di spazio che si prestava e si presta, come in nessun altro posto nella Locride, a realizzare in pieno centro abitato un “Campus” capace di ospitare strutture indoor e outdoor necessarie per conseguire la missione formativa di un Liceo Scientifico Sportivo. Quello realizzato, invece, è un modello di struttura scolastica che oserei definire di simil-urgenza. La gestazione di questo parto faticoso e mal riuscito ha un iter contrastato: la burocrazia protrae i tempi fino alle calende greche, i politici sono ostaggio dei burocrati e i giovani e le comunità pagano le spese. Ma si può sapere a chi è venuta in mente l’idea di progettare una tale struttura? Con chi si sono consultati i tecnici per verificare l’aderenza del progetto alle finalità pedagogico-formativo della struttura? Ricordo, e non è un riferimento campato in aria che, quando si avviò la realizzazione della Riforma Agraria degli anni ’50 in Calabria, si costruirono case rurali funzionali allo scopo e i tecnici si servirono della consulenza dei contadini per capire bene le loro esigenze e dei pochi tecnici agronomi dell’epoca per avere l’idea di sviluppo della produzione agricola. Nelle aree di maggiore insediamento, in Sila o nel Marchesato, i tecnici della Riforma Agraria disegnarono paesaggi straordinari che hanno attratto intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Lucio Gambi, Emilio Sereni e Giuseppe Isnardi. Con chi si sono consigliati i tecnici della Provincia di Reggio Calabria per realizzare la struttura di Gioiosa Jonica? Un ingombro stilistico agli occhi più profani come i miei.
Gli Amministratori della Città Metropolitana, mentre era in atto la lungaggine amministrativa per la realizzazione dell’opera, nel mentre assegnavano l’Indirizzo specialistico Sportivo al Liceo Scientifico di Gioiosa Jonica non si dovevano accorgere che si andava a concepire un simile obbrobrio? Anche i futuri aggiustamenti – che, immagino, ci saranno e presumo siano già nella fase di studio – non potranno mai sfruttare le vaste potenzialità che presenta l’area messa a disposizione degli amministratori provinciali dal Comune di Gioiosa Jonica con quell’esemplare scolastico tra i piedi.
L’altra atipicità nella Locride è rappresentata dall’Istituto Tecnico Agrario di Caulonia, anche questa scuola frutto di una storia lunga e tormentata. Un istituto nato e vissuto per tanto tempo in immobili pensati per civile abitazione. Da 13 anni ha trovato parziale ristoro con l’assegnazione da parte del Comune di Caulonia della struttura che attualmente lo ospita. Nonostante la collocazione attuale, un istituto con queste caratteristiche andrebbe necessariamente associato ad un’azienda agricola che rappresenta il cuore formativo pulsante di questa tipologia di scuola. Senza un ambiente formativo di tale portata, tutte le alternative innovative possibili e immaginabili, egregiamente già in uso grazie agli acquisti operati nell’ambito di progetti europei, rimarranno monche sul piano della pratica didattica e risulteranno semplici surrogati didattici che non potranno mai e poi mai sostituire il ruolo formativo dell’azienda.
Nel 2010, Sindaco Ilario Ammendolia e Presidente del Consorzio di Bonifica Giuseppe Muscoli, si stipulò una convenzione per l’uso sperimentale dell’area destinata a vivaio del Consorzio, sita in contrada Melissari, come azienda agricola dell’ITAS. Tale idea, interrotta per un periodo, successivamente è stata ripresa e meritoriamente proseguita dall’attuale Dirigente Scolastico Ilaria Zannoni.
La Città Metropolitana in sede di dimensionamento scolastico ha optato per il Polo Agroalimentare. Potrebbe essere una scelta vincente se non rimarrà solo un’etichetta aggregante di più plessi e indirizzi scolastici. Ma affinché ciò possa accadere è necessario che ci sia una continuazione attuativa che non può che essere, per l’ITAS di Caulonia, la costruzione di un istituto agrario con annessa azienda agricola (Mi permetto insistere: il parco sperimentale del Consorzio di Bonifica di C.da Melissari sarebbe, a mio parere, il luogo già disponibile per realizzare l’azienda).
Se questo passo ci sarà, vorrà dire che la Città Metropolitana di Reggio Calabria su questo aspetto specifico non solo ha dimensionato, ma razionalizzato la scelta e, soprattutto, ha dato il necessario sostegno ad un indirizzo formativo strategico per lo stesso sviluppo del territorio.
Chiudo questa lunga riflessione prevedendo l’obiezione che verrà posta su come finanziare tali opere. Non si assegnano specializzazioni così complesse a buon mercato, per soddisfare richieste di indirizzi da parte delle scuole che si rivelano, alla fine, buone solo come specchietto per le allodole. Quando si pensa a una specializzazione bisogna essere conseguenti e capire se si può far fronte con strutture, mezzi e risorse professionali. Per esempio, un amministratore che opera in campo sanitario, non può pensare di realizzare un centro specialistico di cardiochirurgia disponendo solo di una struttura in grado di accogliere al massimo qualche ambulatorio e la guardia medica. Forse l’esempio non è, poi, tanto lontano dal vero.
POVERTÀ EDUCATIVA, DATI DI CONTESTO E MANCATE SCELTE RIORGANIZZATIVE
Le Linee guida trasmesse alle scuole e agli Enti Locali nella fase preliminare del dimensionamento scolastico presentano il quadro operativo sulla base del quale curvare gli interventi di riorganizzazione della rete scolastica. Alcuni punti non sono stati, neanche, sfiorati. Prendo in esame i PES (Punti di Erogazione del Servizio, tanto per intenderci i PLESSI).
In Provincia di Reggio Calabria, con un quadro più o meno omogeno tra area tirrenica e jonica (Quest’ultima, però, più colpita dal fenomeno spopolamento), la rete scolastica continua a presentare alcune criticità che, non mi pare, siano state rimosse né dai Comuni interessati né dalla Città Metropolitana:
- 65 PES che non erogano un corso completo, di cui solo 1 si trova in montagna;
- 67 PES di Scuola Primaria con presenze di pluriclassi (Solo 3 plessi situati in area montana);
- 31 PES di Scuola dell’Infanzia con meno di 20 alunni (Nessuno in montagna);
- 31 PES di Scuola Primaria con meno di 30 alunni (Solo 1 in montagna);
- 23 PES di Scuola Secondaria di 1° Grado con meno di 35 alunni (di cui 1 solo in montagna);
- 4 PES di Scuola Secondaria di 2° con meno di 20 alunni (Nessuno in montagna).
Si tratta di dati ufficiali allegati alle linee guida sui quali non si è osato discutere e trarre le dovute considerazioni. Eppure, le pluriclassi e il tempo scuola sono i primi elementi del sistema organizzativo che saltano all’occhio in un contesto di povertà educativa.
Tutto il dibattito sul dimensionamento si è concentrato sull’autonomia delle scuole che, in pratica, riduce il numero di DS e DSGA ma, è onesto dirlo, non chiude alcuna scuola come, invece, si grida erroneamente nei cortei di protesta. Sul resto delle criticità, però, non si è mosso un dito: le pluriclassi se non vengono fagocitate dallo spopolamento rimangono; il tempo pieno non decolla e del piano trasporti neanche l’ombra. Su questi aspetti bisognerebbe protestare e alzare la voce.
Di fronte a questo quadro deprimente senza risposte, l’indice principe della povertà educativa, dato dal rapporto popolazione giovanile / livelli generali di istruzione, si presenta più allarmante e risultano riduttive, persino, le lodevoli attività del Terzo Settore l’unico che, in qualche modo, si interroga seriamente e cerca di intercettare azioni mirate per contrastare il fenomeno.
Analizziamoli questi dati e cerchiamo di dare qualche apporto propositivo servendoci di un istituto di ricerca come OPENPOLIS, istituto qualificato a supportare i soggetti chiamati a contrastare la dispersione scolastica (Gli interessati potranno verificare tutti i dati in merito alla povertà educativa nel nostro Paese cliccando sul link: Povertà educativa – Openpolis).
Si presenta in questo modo il quadro di base: dati sulla popolazione residente, incidenza del dato giovanile sull’occupazione e percentuale di popolazione che non supera il possesso del titolo di studio di scuola media di 1° grado. L’indagine tende a mettere in evidenza il nesso di causalità tra livello di istruzione e povertà educativa con i risvolti sul piano economico e sociale.
Nel dettaglio della Locride.
Tra i Comuni dell’area Nord della Locride, quello più popoloso è Caulonia; quello più giovane nel rapporto popolazione di età inferiore ai 18 anni/popolazione complessiva residente è Camini seguito da Riace i due comuni dell’accoglienza; il Comune con un tasso d’istruzione più alto è Roccella Jonica, dato questo che scaturisce dal rapporto tra il numero totale di residenti con almeno nove anni d’età e quanti tra costoro sono in possesso massimo del titolo di studio di scuola media. Più questo indice è basso, migliore risulta essere il livello culturale e di istruzione della popolazione. Sempre Roccella Jonica ha il più alto tasso di occupazione.
FIGURA 1 (Locride area Nord)
Comune | Popolazione 2022 | Popolazione sotto i 18 anni residente | Indice d’istruzione.
Viene riportata percentualmente la quota di popolazione residente con almeno 9 anni d’età in possesso di massimo la scuola media |
Livello di occupazione dei residenti tra i 15 e i 64 anni |
Bivongi | 1.163 | 144
12,4% |
51,4% | 48,1% |
Camini | 808 | 171
21,2% |
66,3% | 34,2% |
Caulonia | 6.739 | 959
14,2% |
55,3% | 40,8% |
Monasterace | 3.311 | 531
16% |
54,4% | 44,5% |
Pazzano | 498 | 69
13,9% |
61,7% | 48,5% |
Placanica | 1.403 | 118
11,3% |
64,8% | 37,7% |
Riace | 1.813 | 329
18,1% |
55,3% | 44,6% |
Stilo | 2.409
|
389
16,2% |
57,7% | 48,2% |
Stignano | 1.321 | 187
15,2% |
63,1% | 43,3% |
Roccella Jonica | 6.180 | 878
14,2% |
42,2% | 50,5% |
Nella Vallata del Torbido il Comune più popoloso e più giovane è quello di Gioiosa Jonica; mentre quello con un livello di istruzione superiore è Marina di Gioiosa Jonica con un indice di 55,5% (Dato quello di Marina di Gioiosa Jonica buono se comparato con gli altri Comuni della vallata, ma distante dal dato di Roccella e Locri, i due soli comuni della Locride collocati dalle linee guida regionali nella fascia con zero criticità). Ed è sempre Marina di Gioiosa ad avere il livello più alto di occupazione con il 45,3% calcolato tra coloro che si collocano in una fascia d’età compresa tra i 15 e i 64 anni.
FIGURA 2 (Vallata del Torbido)
Comune | Popolazione 2022 | Popolazione sotto i 18 anni residente | Indice d’istruzione.
Viene riportata percentualmente la quota di popolazione residente con almeno 9 anni d’età in possesso di massimo la scuola media |
Livello di occupazione dei residenti tra i 15 e i 64 anni |
Gioiosa Jonica | 6.865 | 1.346
19,6% |
56,9% | 42% |
Grotteria | 2.881 | 463
16,1% |
67,3% | 38,9% |
Mammola | 2.498 | 362
14,5% |
66% | 44,2% |
Marina di Gioiosa Jonica | 6.304 | 1.124
17,8% |
55,5% | 45,3% |
Martone | 503 | 64
12,7% |
59,4% | 35,8% |
San Giovanni di Gerace | 419 | 56
13,4% |
61,8% | 43,5% |
Nel Distretto Siderno-Locri il Comune più popoloso è Siderno; quello in proporzione più giovane è Sant’Ilario dello Jonio; Locri è il Comune con un livello medio d’istruzione più alto e Antonimina ha il livello di occupazione più alto nel rapporto popolazione/occupati.
FIGURA 3 (Area Locri-Siderno)
Comune | Popolazione 2022 | Popolazione sotto i 18 anni residente | Indice d’istruzione.
Viene riportata percentualmente la quota di popolazione residente con almeno 9 anni d’età in possesso di massimo la scuola media |
Livello di occupazione dei residenti tra i 15 e i 64 anni |
Agnana Calabra | 466 | 55
11,8% |
61,9% | 41,8% |
Antonimina | 1.191 | 182
15,3% |
60,8% | 53,8% |
Ardore | 4.780 | 819
17,1% |
51,3% | 52,4% |
Canolo | 703 | 94
13,4% |
70,7% | 49,3% |
Gerace | 2.399 | 379
15,8% |
57,5% | 50,7% |
Locri | 11.922 | 1932
16,2% |
45,6% | 52,0% |
Portigliola | 1091 | 190
17,4% |
62,1% | 48,3% |
Siderno | 17.610 | 3145
17,9% |
50,7% | 46,8% |
Sant’Ilario dello Jonio | 1.348 | 251
18,6% |
56,7% | 51,9% |
Sul versante SUD della Locride spicca il dato della popolazione giovanile che, in controtendenza rispetto al dato generale della provincia, è rappresentato da tre paesi interni: Platì con il 27% di popolazione giovanile, la più alta percentuale in Calabria e tra le più alte in Italia; Benestare con il 22,1% di popolazione giovanile e San Luca con il 21,5%. Nella fascia costiera si colloca sopra il 20% solo il Comune di Bovalino (20,1%). I dati, invece, sulla povertà educativa sono allarmanti e nei comuni citati il dato “Residenti con almeno 9 anni d’età ha al massimo la licenza media” si attesta tra il 60% e il 70%. Giustissima, pertanto, la scelta operata dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria di conservare l’autonomia organizzativa scolastica in questi centri, in linea con gli indirizzi generali regionali.
FIGURA 4 (Area Sud della Locride)
Comune | Popolazione 2022 | Popolazione sotto i 18 anni residente | Indice d’istruzione.
Viene riportata percentualmente la quota di popolazione residente con almeno 9 anni d’età in possesso di massimo la scuola media |
Livello di occupazione dei residenti tra i 15 e i 64 anni |
Africo | 2.783 | 552
19,8% |
50,8% | 54,7% |
Benestare | 2.478 | 548
22,1% |
62,8% | 53,3% |
Bianco | 4.188 | 726
17,3% |
48,7% | 50,6% |
Bovalino | 8.672 | 1.755
20,2% |
50,1% | 54,0% |
Brancaleone | 3.282 | 418
12,7% |
51,4% | 49,8% |
Bruzzano Zeffirio | 1.056 | 136
12,9% |
54,8% | 49,4% |
Caraffa del Bianco | 463 | 50
10,8% |
53,1% | 62,0% |
Careri | 2.135 | 405
19% |
65,8% | 57,4% |
Casignana | 707 | 123
17,4% |
54,7% | 52,3% |
Ciminà | 530 | 76
14,3% |
68,2% | 56,9% |
Ferruzzano | 776 | 102
13,1% |
51,6% | 50,0% |
Palizzi | 1.993 | 223
11,2% |
51,6% | 44,8% |
Platì | 3.736 | 1010
27% |
72,2% | 54,6% |
San Luca | 3.482 | 750
21,5% |
70,2% | 56,9% |
Sant’Agata del Bianco | 591 | 93
15,7% |
54,2% | 59,8% |
Samo | 737 | 91
12,3% |
49,8% | 53,4% |
Staiti | 189 | 14
7,4% |
61,6% | 49,5% |
FATTORI E INTERVENTI DI RESILIENZA EDUCATIVA
I risultati dell’indagine dimostrano chiaramente sia il percorso esistenziale da qui a 10 anni di molte comunità scolastiche (e non solo), sia i punti sui quali intervenire per arrestare la china.
“Resilienza” è il vocabolo entrato di moda nel gergo comune a seguito della pandemia ed è efficace per richiamare l’attenzione sulle possibili decisioni da assumere dopo l’approvazione del piano di dimensionamento da parte della Regione Calabria, entro il 30 novembre p.v., se non arriverà il Commissariamento da parte del Governo per inadempimento. Questa volta, a differenza di 12 anni fa, dobbiamo sperare che non venga abbandonato al suo destino per riprenderlo, magari fra qualche anno, più moribondo di oggi.
Questa fase di accompagnamento che necessita attivare subito da parte della Regione e della Città Metropolitana deve tendere a correggere, dove possibile, le attuali lacune residue e iniziare un lavoro di programmazione con le scuole puntando sulle priorità vere e senza sprecare denaro a pioggia. Puntando, soprattutto, con assoluta priorità:
- sull’adeguamento delle strutture e degli ambienti di apprendimento per dare concretezza al concetto di Polo, che non può rimanere né una sigla né un richiamo accattivante per palati di passaggio;
- sull’ampliamento del tempo scuola ordinario, sia nel primo che nel secondo ciclo, ma non con progetti.
Per accompagnare un simile percorso, impegnativo e con prevedibili resistenze, occorre avere chiare le analisi di contesto e gli obiettivi da perseguire. A tal proposito, sia OPENPOLIS (Povertà educativa – Openpolis) sia l’indagine affidata da Save the Children all’Università di Tor Vergata ci offrono un quadro allarmante, ma, nello stesso tempo, con angolature di speranza. Di resilienza, appunto.
Occorre, come ci prospettano le due indagini, focalizzare l’attenzione sui “fattori protettivi della resilienza educativa”. Tali sono gli ambienti (LE STRUTTURE) dove gli alunni “apprendono a comprendere, a vivere con se stessi, con gli altri, a costruirsi quel bagaglio di conoscenze ed esperienze che li accompagnerà per tutta la vita”[1] e il fattore qualità.
Quest’ultimo (Ce lo dice espressamente la ricerca citata per cui riporto per intero questo passaggio importantissimo) “… rappresenta, quindi, un fattore protettivo primario della resilienza. La qualità si misura principalmente dalla capacità della scuola di “accogliere” il minore, stimolarlo all’apprendimento, sin dalla prima infanzia. L’insegnante e la sua relazione con i genitori e con l’alunno sono fattori essenziali della resilienza, così come la qualità delle infrastrutture scolastiche. La scuola, così come l’ambiente che circonda il minore, a partire dalla famiglia, è essenziale per l’acquisizione di quelle abilità definite “non-cognitive”, fondamentali per apprendere e vivere nel mondo di oggi, complesso, fatto di innovazione, rapidi cambiamenti, connessioni, quali la motivazione, la fiducia in se stessi, la perseveranza, le aspirazioni. Infine, la comunità ‘educante’ influenza fortemente la capacità dei bambini di superare le difficoltà. Luoghi dove è maggiore l’offerta educativa anche fuori dalla scuola, dove è possibile quindi svolgere attività sportive, ricreative e culturali, dove maggiori sono le opportunità di lavoro per i giovani, dove minore è l’incidenza della criminalità e della povertà, sono comunità dove i bambini e le loro famiglie, anche quelli in condizioni di maggior svantaggio economico, trovano gli stimoli ed il sostegno necessari a sviluppare percorsi di resilienza educativa”[2].
Riassumendo: qualità del personale e non solo di quello docente (Il discorso va allargato al personale tutto, dal Dirigente al personale di segreteria fino ai collaboratori scolastici); infrastrutture scolastiche; spazi dedicati ad attività sportive, ricreative e culturali.
Sul primo elemento (Qualità del personale) mi soffermo fugacemente, non perché sia meno importante o secondario, anzi. È un compito del legislatore e del Ministro e si spera intervengano con radicalità e senza affidarsi all’organizzazione di fantomatiche e fantasmagoriche soluzioni formative (Tipo i noiosissimi corsi di aggiornamento o sciupare risorse sine die come il “Bonus Renzi”), ma preparare e strutturare tempi e modalità ordinarie di assunzione del personale tutto (con l’eliminazione di ogni scorciatoia emergenziale) e verificare con soggetti esterni e sulla base di elementi oggettivi la produttività del singolo elemento del sistema. Se ciò non sarà possibile o, meglio, praticabile, bisogna valutare, almeno, per aggregato (Es. singola scuola).
Sulle infrastrutture scolastiche e sugli spazi educativi, invece, devono lavorare con cura e pressantemente gli Enti Locali (Comuni, Città Metropolitana e Regione). Questi enti devono realizzare interventi edilizi calibrati sulla strutturazione organizzativa prescelta. Un istituto comprensivo o un Polo scolastico superiore devono essere calati in un contesto strutturale e non pensati come sommatorie di plessi sparsi. Se è necessario portare a dimensione (Concentrare per gestire meglio in termini di qualità formativa) occorre farlo, senza pensare al consenso immediato o di non scontentare l’amministratore o l’amico sindaco di turno.
Anche il pulsante della “Scuola che accoglie” è possibile azionarlo solo in presenza di strutture e servizi come la mensa e il trasporto. Ci dice, ancora, la ricerca: “… Dall’analisi emerge chiaramente che i minori di 15 anni che appartengono al quartile socio-economico e culturale più basso (il 25% della famiglie più disagiate), ma che hanno frequentato un nido o un servizio per l’infanzia, hanno il 39% di probabilità in più di essere resilienti, ovvero di raggiungere un livello di competenze tale da favorire l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, misurate attraverso i test PISA in matematica e lettura, rispetto ai loro coetanei che non lo hanno frequentato… I dati confermano le ricerche svolte da economisti, neuro-scienziati, sociologi che affermano che la povertà educativa è imputabile in larga misura alla privazione di opportunità di apprendimento nei primi anni d’età. La frequenza del nido o dei servizi della prima infanzia, di qualità, che utilizzano, quindi, un approccio pedagogico olistico che guarda al benessere del bambino, rappresenta un fattore protettivo essenziale per la resilienza”[3].
Da rimarcare che, alla distanza, investire su asili nido e scuole dell’infanzia, in strutture attrezzate con mensa e tempo pieno (Vero e non quello ridotto o ridottissimo che abbiamo in molte scuole della Locride) aiuta a rafforzare i fattori di resilienza e di contrasto del fenomeno della dispersione scolastica: “I bambini che frequentano scuole caratterizzate da un livello di infrastrutture che favoriscono l’apprendimento, misurato attraverso l’indicatore OCSE-PISA sulla condizione degli edifici, sia rispetto alla qualità delle aule e al funzionamento di cucina, riscaldamento ed elettricità hanno, infatti, quasi il doppio delle probabilità di superare il livello di competenze minime sia in matematica che in lettura, rispetto ai loro coetanei che frequentano scuole con infrastrutture insufficienti”[4].
È questa la sfida che dobbiamo riprendere dopo il 30 novembre 2023, data di decisione sul dimensionamento da parte della Regione.
P.S. – L’ Associazione Museo della Scuola “I Care!” è partner del progetto “Verso la Fondazione di Comunità” sostenuto da “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile
[1] Save the Children (Rapporto a cura di), “Nuotare contro corrente – Povertà educativa e resilienza in Italia –“ p. 16
[2] Ibidem, p. 16
[3] Ibidem, p.17
[4] Ibidem, p.17