Matteo Lo Presti ricorda Don Lorenzo Milani, la sua vita, le opere, l’uomo.
Matteo Lo Presti
Nel ricordare don Lorenzo Milani non vorrei abbandonarmi alla retorica delle vuote emozioni e non vorrei spendere parole che la sua intelligente semplicità non avrebbe accettato.
La sua figura, la sua vocazione, la sua testimonianza di sacerdote, la sua scuola diventata emblema di un metodo educativo discusso e ammirato hanno tracciato solchi profondi nella storia del nostro paese.
Ho ripreso in mano i suoi libri. La lettera ad una professoressa, il volume dedicato alla contestazione dei cappellani militari e intitolato “L’obbedienza non è più una virtù”. Ma mi sono soffermato a rileggere il suo volume più agguerrito e più serenamente coinvolgente “Esperienze pastorali”.
Un libro ci guida in un contesto sociale nel quale il povero ma intelligente parroco di campagna deve testimoniare comportamenti eticamente sostenibili.
Non si parlava allora di consumismo. Le tracce della miseria assediavano città e paesi. Ma Don Milani spiegava la distinzione tra il ruolo del prete e quello del commerciante (figura allora identificabile, oggi esiste solo il Super Mercato, senza il volto del padrone).
Spigava Don Milani “Dicasi commerciate colui che cerca di contentare i gusti dei suoi clienti . Dicasi maestro colui che cerca di contraddire e mutare i gusti dei suoi clienti ,Lo schierarsi di qua o di là da questa barriera è per il prete decisione ben grave”
Doveva combattere con stili di vita lontani dalle suggestioni di un arricchimento culturale e predicava ”la chiesa con l’imporci un vestito nero intendeva che la sola vista del prete richiamasse alla mente pensieri di sacrificio ,di mortificazione delle vogliuzze terrene ,di ricerca delle gioie dello spirito e del premio in Paradiso .Non è questa l’immagine che ha del prete un ragazzo di San Pancrazio ,paese nel quale l’unico bar è quello della parrocchia e quindi nella mente l’accostamento di idee più spontaneo è questo “Prete uguale gelato”, Su questa immagine la tonaca nera stona .Conviene dunque o adottare tonache variopinte o abolire il bar”. Molto simpatico il parroco di Barbiana.
L’ironia era la sua forza “non è bello educare i ragazzi a spendere senza motivo e per il proprio piacere ,Sarebbe facile abituarli a spendere in opere buone o in acquisti utili .Grave è lo spendere quando i soldi li ha guadagnati il babbo oppure quando un compagno presente non può spendere altrettanto”.
Era moralista se criticava le accese discussioni sul tifo sportivo? ”Discussioni scalmanate ,interminabili quotidiane sempre uguali tra persone che hanno famiglia .Perché – si interrogava Don Milani – non gridano allo stesso modo ai figli “ studia lavora “ e al governo e al datore di lavoro “non mi calpestare”,
Appassionate sole le pagine nelle quali traccia itinerari irriverenti sui modi nei quali viene pensata la religione
1 la religione è roba da ragazzi.
2 la religione è roba da donne.
3 il peccato originale sull’anima fa meno male di una infreddatura.
4 La confessione serva per fare la comunione lo stare in grazia di DIO non è dunque un problema quotidiano.
5 La comunione non è un dono ma un obbligo.
6 la comunione serve per celebrare le feste.
7 la religione è solo un adempimento di rito e non comporta impegni di vita.
8 la religione nel suo complesso fatto di insignificante portata: non vale quanto una buona dormita, non vale quanto l’opinione degli altri su di noi, non vale quanto il denaro.
9 L’olio santo è un sacramento spaventoso. La morte stessa è un salto nel buio.
“Il più bravo predicatore non potrà scalfire – scrive Don Milani – concezioni monumentali e secolari come le nove che abbiamo elencato “. Cosa propone don Milani ? Superare visoni negative del cercare religioso ,intervenendo sul livello culturale e intellettuale delle persone ,quello che Don Milani preferisce chiamare “il nostro popolo “. Oggi alle note critiche di Don Milani altro si potrebbe aggiungere . Allora queste tematiche avevano robusto edificio di pregiudizi.
E quindi con una preveggenza straordinaria Don Milani chiede che i programmi dei Seminari vengano confortati da un confronto con la realtà del mondo dei poveri e che i giornali facciamo conoscere il Vero perché predica “ la sete di sapere appartiene alla parte più alta dell’uomo “.
Non voglio dilungarmi molto .Ricordo solo che in questo libro Don Milani ammette “Devo tutto quello che so ai giovani operai e ai contadini cui ho fatto scuola. Quello che credevano di stare imparando da me, son io che l’ho imparato da loro . Io ho loro insegnato soltanto a esprimersi mentre loro mi hanno insegnato a vivere”.
Il vivere in una comunità è dono e rispetto ,dialogo e ascolto. Don Milani considerava la Chiesa “la nostra vecchia madre dai capelli bianchi “ da rispettare e da comprendere ,ma anche da rassicurare in un impegno di testimonianza autentico e senza ipocrisie. Stasera torneremo a casa arricchiti dalla figura di un uomo, di un prete a cui non mancarono dispiaceri e ostilità crudeli. Le affrontò e di fronte al tribunale della storia la sua persona è ancora qui a indicarci il cammino di una solidarietà che ha il valore della Buona Novella da costruire giorno per giorno.