Giovanni Tizian, giornalista calabrese, è il neo direttore artistico di Trame Festival organizzato da anni a Lamezia Terme, per iniziativa dell’associazione antiracket cittadina. Tizian, che vive sotto scorta per via delle sue coraggiose inchieste sul radicamento della ‘ndrangheta in Emilia, in questa intervista racconta il suo amore per la Calabria, la sua regione d’origine dalla quale, insieme alla famiglia, si è allontanato dopo l’omicidio, avvenuto a Locri il 23 ottobre 1989, del papà Giuseppe
Giovanni Tizian, giornalista calabrese, praticante alla Nuova Gazzetta di Modena, poi redattore all’ Espresso e fin dalla sua fondazione inviato al Domani, è il nuovo direttore artistico di Trame Festival, organizzato da anni a Lamezia Terme per iniziativa dell’associazione antiracket cittadina. Tizian, che vive sotto scorta per via delle sue coraggiose e documentate inchieste sul radicamento della ‘ndrangheta in Emilia e più volte per questo minacciato di morte, sostituisce il siciliano Gaetano Savetteri e, in questa intervista a Riviera, spiega come è maturata la scelta di tornare in Calabria, la sua regione d’origine dalla quale, insieme alla famiglia, si è allontanato dopo l’omicidio, avvenuto a Locri il 23 ottobre 1989, del papà Giuseppe.
Quale è stata insomma la spinta, la molla, la scintilla che lo ha indotto a non declinare l’offerta per un incarico di prestigio ma anche complesso e delicato, su temi comunque a lui assai cari?
È perché in fondo io dalla Calabria non me ne sono mai andato, né col cuore né con la testa. In realtà, non avevo mai avuto la possibilità di spendermi in qualche modo per lei, di contribuire in maniera concreta e quando mi è stata data l’opportunità ho accettato con grande entusiasmo. Anche perché penso, che “Trame” sia un festival già abbastanza importante, fondato dopo un lungo percorso di battaglie e di denunce; quindi, mi sembrava un dovere poter fornire il mio modesto contributo alla terra, che ho dovuto lasciare quando ero piccolo e che continuo a frequentare per lavoro e per le vacanze. Farlo poi dal versante culturale, per me, è un grande onore. Spero di riuscirci dando tutto me stesso a questa bellissima terra, che è la Calabria.
Che novità introdurrai in questa edizione, quale sarà la tua impronta?
La novità più rilevante è lo spostamento da giugno a settembre. Il Covid-19 ci ha costretti a stare lontani, a ricorrere ai social e ai webinar. Ora la situazione sanitaria sta migliorando e, quindi, possiamo finalmente tornare in presenza. I nostri appuntamenti si svolgeranno dunque col pubblico: questa è, per me, una novità importantissima e piacevolissima, anche per chi vorrà venire a Lamezia. Ed è già questo un segno di ripartenza e di normalità, di cui tutti avvertiamo il bisogno. Ciò ci costringerà necessariamente a ridurre il numero degli incontri, ma io sono già proiettato al futuro e ai prossimi anni. I progetti hanno la necessità di respirare per riuscire meglio. Penso già ad una serie di percorsi su grandi questioni: ambiente, cultura, il business dell’emergenza sanitaria e la politica, che non può non discutere e confrontarsi sulla ‘ndrangheta considerata la permeabilità a volte inquietante emersa da una serie di indagini. Non si può far finta di nulla o nascondere come gli struzzi la testa sotto la sabbia. C’è molta carne al fuoco in termini di idee e di collaborazioni, libri nuovi (e sugli autori) su cui non posso assolutamente anticipare niente perché in attesa, sicuramente entro la metà di giugno, delle indispensabili conferme. Parleremo e, di ciò sono certo, di come oggi anche i clan comunicano attraverso i social, è un tema caldo del quale mi sono già occupato nel quotidiano su cui scrivo.