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domenica, Novembre 24, 2024
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In Calabria non siamo tutti sporchi, brutti e cattivi

Locri, come Roccella, Ardore, Crotone e tanti altri presidi toponomastici della nostra derivazione ellenica sono soprattutto un monito su cui specchiare il termine più contiguo alla giustizia, una tavoletta votiva su cui riflettere la libertà, su cui declinarla, frangerla e decifrarla. Sì, proprio, così. Perché sono luoghi che si identificano su una direttrice, la SS 106, che è il simbolo più autentico e identitario della libertà negata della Calabria

Felice Foresta

Ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Pericle, il politico del V secolo A.C. che fu protagonista dell’epoca aurea di Atene, si esprimeva, più o meno, in questo modo rivolgendosi ai suoi concittadini.

Un’apertura verso l’alterità senza precedenti. Forse, ma forse anche no, la versione laica e antesignana del messaggio evangelico.

Non c’è alcun dubbio.

Gli abitanti della Locride hanno la straordinaria ventura di perpetuare suggestioni, sentimenti e propensioni caratteriali della madre patria putativa dei calabresi, la Grecia.

È stato, questo, un fine settimana in cui il mio peregrinare lungo la SS 106, in parallelo a uno Jonio striato di primavera, si è fatta ricamo. Da Roccella, Ardore, Locri fino a Isola di capo Rizzuto sono stati i miei approdi, i miei orizzonti e le mie scommesse.

Paesi separati da una più o meno lunga lingua d’asfalto, ma uniti da eventi culturali diversi, amicizie inossidabili, affetti che risiedono nelle radici.

Ho un amore sviscerato da sempre per Locri e i suoi paesi fratelli.

Locri è un nome che, di per sé, evoca bagliori millenari, singhiozzi liceali e un pizzico di orgoglio nomofilattico. Il primo legislatore, pare sia stato proprio di Epizefiri. Zaleuco, il luminoso. Qualcuno lo ricorda schiavo fatto pastore. Altri, lo vollero di buona famiglia. Di certo, a lui si deve il primo corpus normativo scritto. E tanto basta, per chi si dimena lungo la cengia del diritto, a coniugare orgoglio domestico e senso di appartenenza alla contrada affascinante della giustizia.

Locri, come Roccella, Ardore, Crotone e tanti altri presidi toponomastici della nostra derivazione ellenica, sono però, soprattutto, un monito, un rigurgito e una tavoletta votiva su cui specchiare il termine più contiguo alla giustizia. Sono un monito, un rigurgito e una tavoletta votiva su cui riflettere la libertà. Su cui declinarla, frangerla e decifrarla.

Sì, proprio, così. Perché sono luoghi che si identificano su una direttrice, la SS 106, che è il simbolo più autentico e identitario della libertà negata della Calabria.

La statale, la statale per antonomasia nella periferia dei nostri vecchi, la statale intorno alla quale può dirsi fiorita una vera e propria letteratura di popoli, significati e significanti, è forse la via di comunicazione più controversa della nostra regione.

Di una bellezza senza antagonisti che, ai primordi della primavera, incastona con il tratto e il cesello dell’artista l’ulivo e la vite, l’agave e la ferula.

Ma anche un desiderio rimasto, eternamente e solo, inflorescenza.

Una rinascita contratta. Un tentativo rimasto tale.

La cassazione di un’utopia.

È stato, comunque, straordinario, per me, ammirare ancora una volta gli sforzi di persone che credono ancora nella straripante forza della cultura quale strumento di emancipazione e sopravvivenza. È stato suggestivo vedere le persone conoscersi e riconoscersi come amici, compagni di quel per sempre che è la stagione della nostra infanzia. Ma, soprattutto, è stato un privilegio ricevere un gesto, una parola, un libro da chi, per essere presente, ha dovuto sfidare le curve, la notte; condividere il senso di appartenenza a una comunità, che non ha codici e confini scritti, ma conosce solo lo statuto dell’accoglienza.

Grazie al cielo in Calabria non siamo, allora, tutti sporchi, brutti e cattivi.

Non ci piacciono gli steccati.

E, soprattutto, crediamo ancora nello spirito dell’accettazione e dell’ospitalità.

Insomma, crediamo ancora nell’inesauribile potenza dell’altro, e della sua ricchezza.

Chi sia e da dove venga poco importa.

Ci penserà lo Jonio a chiamarlo amico.

Presidente touring club Catanzaro

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