Il nostro Ilario, ci racconta come 60 anni fa, invio il suo primo articolo al giornale :”Il Gazzettino del Jonio”, da lì si rese conto di non aver scritto un semplice articolo ma che , senza averne piena consapevolezza, avevo messo in discussione il senso di parole come “legge”, “ordine”, “giustizia”.
Già il titolo conteneva la volontà di non rispettare le regole :”Il Gazzettino del Jonio” fu un mensile creativo, irriverente, colto. Circolava nella Locride già 60 anni fa.
Il suo direttore fu un anarchico eccentrico e coraggioso come Titta Foti. Le firme autorevoli: Nicola Zitara, Pasquino Crupi, Franco Martelli, Ciccio Punturi, forse Aldo Manganaro, ed altri di cui non ricordo più il nome.
Ero giovanissimo e mandavo qualche articolo, rigorosamente scritto a penna, e inviato tramite posta ordinaria. A mie spese. O meglio, a spese di mio padre.
Questo passava il convento.
E, circa 60 anni fa, scrissi un articolo quando una contadina con il marito e una mezza dozzina di bambini, cacciati da una casa popolare, si accampò in uno spazio pubblico.
Dormivano e mangiavano all’aperto.
Sfidavano la “legge.” Mettevano in discussione il potere.
Avevano messo in atto una “protesta” in cui rivendicavano non solo un diritto ma anche la loro dignità di Esseri Umani e di contadini.
Il titolo dell’articolo fu “Il camping di una contadina.”
In realtà io avevo scritto “Il camping di Rosina”.
Speravo me lo pubblicassero… ma fui sorpreso quando lo vidi campeggiare il prima pagina.
Fui contentissimo.
Ma la felicità durò meno di qualche ora.
Avevo sfidato, senza saperlo,” l’ordine costituito.”
Mio padre che era un operaio e amava il “quieto vivere” e che forse aveva capito il mondo molto meglio di non avrei fatto io, quel giorno, al ritorno del lavoro, fu avvicinato dal maresciallo, dal sindaco, dal pretore, che, poi insieme formavano la “commissione alloggi”. Molto generosa con la piccola borghesia cittadina e molto avara con gli aventi diritto.
Anche l’arciprete che pur era una persona buona, ci fece visita.
Ci “consigliavano”, ci “volevano bene”, ci ammonivano, ci minacciavano.
Mi resi conto più tardi di non aver scritto un semplice articolo ma che , senza averne piena consapevolezza, avevo messo in discussione il senso di parole come “legge”, “ordine”, “giustizia”. O meglio il significato che le classi dirigenti calabresi avevano storicamente dato a queste parole.
Credo che Rosina abbia avuto parziale soddisfazione. Mentre io iniziavo il mio cammino di sovversivo e “fuorilegge” che, nonostante la stanchezza, e numerose cadute ed errori, non avrei più abbandonato.