Giuseppe Gervasi ci porta in un viaggio nella memoria degli anni belli, quelli della gioventù e delle cose che adesso appaiono lontane
Giuseppe Gervasi
Vorrei tornare a mangiare la pizza sotto casa e bere una bottiglietta di gassosa, contare i soldi e sperare di poter comprare una pipa gialla ripiena di fiordilatte.
Vorrei tornare a giocare con gli amici di un tempo sotto il municipio ed esultare per un gol, fulminati dallo sguardo fiero del Sommo Poeta quando veniva colpito dal mitico Super Santos rosso.
Vorrei tornare a giocare nel campo di cemento e perdere il pallone sotto l’orto dietro la porta o nel giardino del veterinario.
Vorrei risentire l’adrenalina dei tornei estivi e sentire le grida di chi amavi e sporcarmi di polvere.
Vorrei rivivere i momenti trascorsi al circolo culturale Corrado Alvaro per le prove teatrali.
Vorrei tornare a mangiare i pesciolini colorati dalle suore.
Vorrei rigiocare ai videogiochi nei piccoli bar di paese, sentire il rumore della pallina del biliardino, guardare i grandi giocare a carte.
Vorrei il mio primo scooter, il mio primo cellulare, la mia prima macchina, il mio primo orologio Casio, il primo abbonamento del pullman, il primo giorno di scuola, il primo bacio.
Vorrei tutto il mio tempo passato.
Vorrei la spensieratezza delle feste dei nostri 18 anni alla Casa del Pellegrino, vorrei il capodanno di un tempo nei catoji di paese e l’arrivo di padri privi di cellulari a ritrovare i figli persi nella notte.
Vorrei la Tv senza telecomando, i cartoni animati di una volta e rivedere Holly e Bengji giocare a calcio per settimane in campi verdi infiniti.
Vorrei rifare il primo ballo in una scuola di periferia e poi scappare dalla finestra per paura di maestri un po’ assenti, con il cuore in gola per la paura e per la felicità.
Vorrei un paio di jeans levi’s strappati e rattoppati, non per moda ma per necessità.
Sì, vorrei tornare indietro e vivere lentamente ogni emozione racchiusa in quei semplici istanti e poi ritornare al giorno d’oggi.
Ogni tanto però, mi piacerebbe fare una telefonata dalla vecchia e cara cabina telefonica.