Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 22 Settembre.
Accadde che:
1907 (116 anni fa): il transatlantico Principessa Jolanda affonda durante il varo. Il piroscafo gemello, il Principessa Mafalda, ebbe però un destino ancor più terribile perché oltre 300 persone perirono in un disastroso incidente. Il Principessa Jolanda e il Principessa Mafalda erano due piroscafi costruiti per il Lloyd italiano che portavano i nomi delle due figlie di re Vittorio Emanuele III e della regina Elena. Quella mattina, appena terminata la corsa sullo scivolo del varo e toccata l’acqua, la nave si piegò subito su un fianco e cominciò ad imbarcare acqua dagli oblò, non ancora montati. Nonostante fosse stata abbassata l’ancora di dritta per tentare di controbilanciare lo sbandamento e i rimorchiatori cercassero di trascinare lo scafo verso il fondale sabbioso del basso arenile, la nave si inabissò dopo venti minuti, adagiandosi sul fondo del mare sulla fiancata sinistra, mentre la destra rimase a pelo d’acqua.
2000 (23 anni fa): esce definitivamente di produzione la Fiat 126. Si tratta di un’automobile prodotta dalla Fiat dal 1972 al 2000. La commercializzazione in Europa Occidentale terminò nel 1991, proseguendo la vendita sul mercato polacco, paese in cui la vettura veniva prodotta dal 1973. Fu l’ultima auto con motore posteriore prodotta dalla casa torinese. La Fiat 126 venne presentata al Salone dell’automobile di Torino del 1972, con il compito di sostituire la “500”, della quale riprendeva integralmente lo schema meccanico. La novità tecnica più importante si riscontrò nell’intero corpo della scocca che fu progettata, per favorire la migliore sicurezza all’utente finale, osservando dei nuovi principi sulle “resistenze differenziate”. Tre le novità tecniche sostanziali: lo spostamento del serbatoio del carburante dal vano bagagli anteriore alla parte posteriore della vettura (precisamente sotto il sedile posteriore), il cambio (a 4 marce) sincronizzato (tranne la prima).
Scomparso oggi:
2008 (15 anni fa): muore, a Bovalino, Antonio Delfino scrittore e giornalista. Nato, a Platì, il 5 novembre 1934 è stato un giornalista controcorrente, coraggioso e senza peli sulla lingua. Ha scritto su riviste e giornali accreditati come “Il Tempo” e “Libero”.
Lo ricordiamo ripubblicando un articolo di Rosario Vladimir Condarcuri, dal titolo “Toto Delfino, la penna dell’Aspromonte”
“Una mattina sono in redazione, suonano alla porta, apro e vedo un signore che mi guarda sorridendo e mi chiede “il Corriere della Sera?”. Io rimango sorpreso e non riesco a reagire, lui immediatamente mi dice: “Ero venuto a cercare un posto per le pulizie”. In questo modo ho conosciuto Toto Delfino, un degno scrittore e persona che mi ha voluto bene. Certo, sono fortunato, questo me lo ripeto per non dimenticarlo; ho avuto molte persone che hanno migliorato la mia formazione e crescita professionale. Toto Delfino è stata una di queste persone. Ricordo le prime volte che veniva a trovarci era sempre sorridente e strafottente. Sapeva che al nostro giornale piaceva pubblicare gli articoli scritti bene, e lui sapeva scrivere bene. Ci faceva soffrire, perché veniva durante la settimana, parlavamo di quello che si preparava per l’uscita della domenica, ci riempiva di dubbi e poi ci faceva attendere fino a tarda sera il suo pezzo. All’epoca mandavamo in stampa il sabato pomeriggio e chiudevamo le pagine il venerdì notte, verso le undici. A mezzanotte sentivamo squillare il fax, era l’articolo di Totò. Tremila battute quasi precise che riempivano le nostre menti di contenuti e sicurezza di avere migliorato il giornale anche quella settimana. Ricordo l’emozione nel leggere il pezzo di Totò che poi andava riscritto, alcune volte si faceva a gare per leggerlo per prima. Ricordo questi episodi come tra i più esaltanti dell’avventura della Riviera. Lui era un tipo che parlava al telefono con Vittorio Feltri, aveva scritto la storia della nostra regione per giornali che erano giornali, negli anni d’oro del “Tempo” guidato da Gianni Letta lui era il corrispondente di punta, come per l’Europeo e il Giornale, aveva avuto direttori come Montanelli, è stato testimone di fatti storici del nostro territorio. Ricordo ancora quando ci fece vedere i servizi e e le foto del ritrovamento dei Bronzi di Riace, oppure il suo archivio unico sulla stagione dei sequestri di persona. Per noi era uno da ascoltare e riascoltare senza fine. Molto ci ha dato e molto ci ha insegnato. Sicuramente tra i tanti “grandi” che hanno scritto su questo giornale, Totò e stato tra i più grandi. Forse il numero uno sulla scrittura di tremila battute. Ricordo, infine, che abbiamo pubblicato una sua rubrica che era stata pubblicata dieci anni prima sul “Tempo” che raccontava in breve i fatti di Calabria, rubrica che dopo dieci anni manteneva uno stile attualissimo. Per molti Delfino è stato un grande scrittore, fotografo e giornalista, per me è stato sicuramente un maestro di vita e di giornalismo”.