Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 19 Febbraio.
Accadde che:
1942 (81 anni fa): durante la seconda guerra mondiale, passati esattamente 73 giorni dall’attacco giapponese alla base navale di Pearl Harbor, il presidente americano Franklin D. Roosevelt firma un ordine con il quale si intimava all’esercito di internare tutti gli americani di origine giapponese in campi di concentramento eufemisticamente chiamati “campi di reinsediamento del periodo di guerra”. Molte famiglie vendettero le loro case, i loro negozi e la maggior parte dei loro beni, perché non potevano essere certi che le loro case e i loro mezzi di sostentamento sarebbero stati ancora lì al loro ritorno. A causa della folle corsa alla vendita, le proprietà e gli inventari venivano spesso venduti a una frazione del loro vero valore. Quasi i due terzi degli internati erano nisei, cioè nati in America da genitori giapponesi, non faceva differenza che molti di loro non fossero mai stati in Giappone. Anche i veterani della Prima guerra mondiale furono costretti a lasciare le loro case. In totale più di 120mila persone, intere famiglie composte da bambini, donne e anziani furono arrestati e prelevati dagli agenti della FBI e deportati nei campi di concentramento, circa una decina, installati in zone desertiche del paese. Uno dei più tremendi campi di prigionia denominato Topaz si trovava nel deserto dello Utaha circa tre ore di macchina dalla città di Salt Lake City. Lì furono internati per oltre tre anni circa 8000 americani con gli occhi a mandorle, rinchiusi e assiepati in gelide baracche con scarsi servizi igienici. Alla fine della guerra, parecchio tempo dopo l’orrore di Hiroshima e Nagasaki, i campi vennero dismessi e i prigionieri vennero liberati e dovettero ricominciare da zero, avendo perso tutto quello che possedevano compreso case, negozi e conti in banca. Nel 1980 l’allora presidente Carter e più tardi il presidente Reagan ammisero che l’ordine di Roosevelt era dovuto a “pregiudizi razziali, isteria della guerra, e mancanza di leadership politica” e i pochi sopravvissuti dai campi furono risarciti con 20000 dollari
1985 (38 anni fa): per la prima volta, un paziente nel quale era stato impiantato un cuore artificiale, William Schroeder, lascia l’ospedale. Senza cuore artificiale, sarebbe quasi certamente morto, forse anche entro pochi giorni, prima che fosse trovato un donatore compatibile. Vivrà per altri 21 mesi. Solo nel 2010 si arriverà ad innestare un cuore artificiale permanente, ovvero con l’intento di mantenerlo fino al termine naturale della vita del paziente. Il cuore dell’apparato che permise a William di sopravvivere per due anni era costituito da una pompa alloggiata in una specie di zainetto sulla schiena. Dei tubi connettevano la pompa extracorporea al vero cuore artificiale intratoracico, che funzionava in modo passivo. La pompa inviava ritmicamente flussi di aria a due piccoli sacchetti sagomati gonfiabili posti nei ventricoli del cuore meccanico: i due sacchetti a palloncino, gonfiandosi e sgonfiandosi, spremevano letteralmente il sangue fuori dai due ventricoli in modo analogo a quanto avviene con i circa 70 ml di sangue espulsi nell’aorta e nell’arteria polmonare in seguito alla riduzione di volume delle camere ventricolari durante la sistole.
Scomparso oggi:
2016 (7 anni fa): muore, a Milano, Umberto Eco semiologo, filosofo, scrittore, traduttore, bibliofilo e medievista. Nato, ad Alessandria, il 5 gennaio 1932 ha scritto numerosi saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre a romanzi di successo. Dopo la maturità classica nel paese natale, nel 1954 si laurea in filosofia. Entra in RAI attraverso un concorso nel 1954, venendo assunto insieme ad altri giovani intellettuali per trovare nuove idee per programmi televisivi e lascerà poi l’impiego alla fine degli anni ‘50. Nel stesso periodo, collabora con diverse riviste letterarie, tra cui “Il Verri”, attorno alla quale si raduna il nucleo originario del “Gruppo 63”, cui poi Eco parteciperà attivamente. Nel 1962 pubblica il saggio Opera aperta, in cui riflette sulla natura delle opere d’arte contemporanee e sui criteri della loro interpretazione. Mentre prende avvio la carriera universitaria proseguono gli studi di cultura medievale, a cui si aggiungono però nuovi interessi, tra cui la semiotica e la sociologia. La carriera di narratore inizia nel 1980, quando esordisce con “Il nome della rosa”; nel 1988 pubblica il suo secondo romanzo, “Il pendolo di Foucault”, mentre successivi sono: “L’isola del giorno”, “Baudolino”, “La misteriosa fiamma della regina Loana” e “Il cimitero di Praga”. Il nome della rosa è considerato il suo best-seller e il suo libro più importante: Eco coniuga infatti lo sviluppo della trama gialla con i suoi interessi di medievalista e semiologo, così che l’opera possa essere letta a più livelli e secondo intenzioni distinte. Il romanzo ha grande successo: viene tradotto in quarantasette lingue e, nel 1986, ne viene tratto un film con Sean Connery nei panni del protagonista. Riportiamo una sua frase celebre: “Si nasce sempre sotto il segno sbagliato e stare al mondo in modo dignitoso vuol dire correggere giorno per giorno il proprio oroscopo.”